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Notizie Turismo Culturale




Il Sassetta riunisce i capolavori di pittura senese del '400

Grande protagonismo al Museo di San Pietro all'Orto di Massa Marittima (Grosseto) per Stefano di Giovanni detto il Sassetta (1392-1450), il più importante pittore senese del primo '400 a cui è dedicata una mostra dal 14 marzo al 14 luglio.

La rassegna riunisce 50 opere coeve e ci sono degli inediti fra cui, per la prima volta in pubblico, una Madonna con Bambino scoperta di recente dallo storico Alessandro Bagnoli sotto una pesante ridipintura di un'opera proveniente dalla pieve di San Giovanni Battista a Molli di Sovicille (Siena).

 Il restauro di Barbara Schleicher ha restituito a piena leggibilità la Madonna con Bambino 'coperta' da altri colori di un altro soggetto mariano. Bagnoli ha riconosciuto questo capolavoro del Sassetta partendo dal particolare degli occhi. La mostra, curata da Bagnoli, parte da un pretesto simile a quello di una precedente dedicata a Ambrogio Lorenzetti cioè la presenza a Massa di un'opera dell'artista. A San Pietro infatti c'è un Arcangelo Gabriele del Sassetta, piccola tavola un tempo fra le cuspidi di una pala d'altare. Insieme all'Angelo sono esposte opere prestate da musei ed altri enti di cui 26 dello stesso Sassetta mentre le altre sono di artisti del solito contesto senese fra cui il Maestro dell'Osservanza, Sano di Pietro, Giovanni di Paolo, Pietro Giovanni Ambrosi e Domenico di Niccolò dei Cori. Mancherà, però, la Vergine Annunciata, protagonista della stessa pala dell'Angelo, che non è stata fatta tornare, neanche per il tempo della mostra, dalla Yale University Art Gallery a New Haven.
    Il Sassetta, a Siena dal 1423 al 1450, immise i fermenti del Rinascimento nella grande tradizione trecentesca senese. A Massa Marittima fra i suoi capolavori sono visibili, una Madonna con Bambino dell'Opera di Siena, la Madonna delle Ciliegie, i Quattro Protettori, i Quattro Dottori della Chiesa, Sant'Antonio bastonato dai diavoli, Ultima cena. Esposti per la prima volta due profili di artisti 'sassetteschi': Nastagio di Guasparre, noto come Maestro di Sant'Ansano, e il Maestro di Monticiano.
    Altri' mai visti' sono un gentile Sant'Ansano, una Flagellazione, una scultura con le Stigmate San Francesco.

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Modena. Ter Brugghen in Italia, un passo oltre Caravaggio

 Alle Gallerie Estensi una mostra “pionieristica” sul pittore olandese che indaga gli anni di Roma fino al 1614, con nuove attribuzioni e la scoperta di opere del soggiorno milanese


Heindrick ter Brugghen, “San Giovanni Evangelista”, 1605–1614. Torino, Musei Reali - / © Musei Reali Torino

Il giorno della presentazione a Modena dell’ultima impresa “pionieristica” di Gianni Papi, la mostra su Hendrick ter Brugghen e, in particolare, sulle opere chel’olandese dipinse in Italia nel periodo giovanile, Vittorio Sgarbi con insolita e puntuale moderazione, segno del rispetto che nutre verso lo storico dell’arte, oltre a ribadire la convinzione ormai di molti che Papi sia il nostro maggiore studioso di pittori in qualche modo legati alla rivoluzione di Caravaggio, lo ha definito uno “spostatore”. Detto altrimenti, sarebbe uno studioso che mette ordine nel catalogo di alcuni pittori che hanno trovato in tempi recenti una loro fisionomia, oppure a cui egli stesso ha dato un volto più preciso, colmando lacune, correggendo attribuzioni erronee e le date di una cronologia ancora incerta, valendosi per lo più dell’analisi stilistica. L’impresa maggiore di Papi fu nel 2002 l’attribuzione a Jusepe de Ribera di alcuni dipinti all’epoca assegnati al misterioso Maestro del Giudizio di Salomone, che lo storico spostò nel catalofo dello Spagnoletto trasformando l’orizzonte della pittura romana nel primo Seicento. L’impresa più recente, invece, è stata l’importante mostra su Cecco del Caravaggio alla Carrara di Bergamo nel primo semestre di quest’anno. Ora ter Brugghen (Dall’Olanda all’Italia sulle orme di Caravaggio, fino al 14 gennaio, catalogo Sagep).

La frequenza delle ultime sortire di Papi fa capire che lo studioso sta tirando le somme su alcuni artisti che ha studiato negli ultimi vent’anni e oltre, ancora senza un catalogo affidabile per attribuzioni e date. Tanto più che, come ricorda lo stesso Papi nel catalogo della mostra modenese, se per Cecco le fonti erano avare, nel caso di ter Brugghen sono quasi inesistenti o comunque insufficienti per fondare le stesse attribuzioni. Perché Modena e non Roma o Milano, le due città che segnano l’itinerario di andata e ritorno del pittore olandese nella sua città natale, Utrecht? Il caso del ter Brugghen “italiano” trovò una sua prima illuminazione, oltre un anno fa, nella mostra di studio allestita alle Gallerie Estensi di Modena a partire da un quadro presente nelle collezioni del Museo, ovvero il Santo che scrive (attribuito da Longhi a Giovanni Serodine), all’epoca fresco di restauro. Dal pittore ticinese, et pour cause, prendeva le mosse una mostra che non mi pento di aver definito, in quell’occasione, “strana”: Indagini intorno a Giovanni Serodine. 600-1630. I santi eremiti della Galleria Estense e della Certosa di Pavia. Si capiva già allora che il nome del grande pittore di Ascona era prossimo alla destituzione in favore di qualcun altro (ma Papi nella scheda ricorda che Argan, nella sua Storia dell’arte del 1970, aveva preso come esempio per Serodine proprio quel dipinto).

Se non Serodine, chi? Papi già nel 2022 aveva proposto ter Brugghen. Ed è da questa ipotesi che la mostra attuale è cresciuta fino a diventare la prima mostra dedicata all’olandese nei suoi anni italiani. Tredici opere, pressoché tutte di nuova attribuzione, alcune delle quali sul crinale che vede il pittore rientrare in Olanda passando da Milano, ma non un semplice transito, perché Papi ritiene che quando nel 1614 il pittore arrivò in città, si sia fermato abbastanza per eseguire alcune opere, fra cui quelle per la Certosa di Pavia, trovando l’aiuto di un pittore di vaglia che lo storico identifica con Giulio Cesare Procaccini (per esempio, come autore della testa nel San Giovanni Battista, uno dei sei dipinti del santi eremiti del deserto, con notevoli momenti pittorici nella pelliccia di cui è vestito, nella mano e nella testa del capro). Affiancano queste opere del pittore di Utrecht altre sei di Ribera, van Baburen, Van Honthorst, Procaccini e Serodine e tre di ter Brugghen del periodo olandese, tra cui la Vocazione di san Matteo che cita Caravaggio. Se nel 2022 si pensava di promuovere una giornata di studi sul Santo che scrive, identificato allora con san Gerolamo dai curatori Federico Fischetti ed Emmanuela Daffra, oggi ci troviamo davanti a una mostra intrigante, con Fischetti che rettifica la precedente ipotesi arrivando alla conclusione, seguendo la storia del dipinto, che con ogni probabilità il santo sia Agostino, a confronto col Sant’Agostino nello studio attribuito nel 2011 da Silvia Danesi Squarzina a Caravaggio ma da molti rifiutato (somaticamente però il quadro di Modena si distacca non poco da questo, in particolare nella folta capigliatura e per un’apparenza complessiva abbastanza rustica rispetto alla fierezza con cui il vescovo d’Ippona viene sempre rappresentato).

È chiaro che porre l’analisi stilistica come il discrimine attributivo è una decisione in parte dettata dalla carenza di materiali e documenti che consentano conferme alle intuizioni, e in parte dalla fiducia che si ripone sui propri mezzi conoscitivi. La mostra di ter Brugghen è proprio un caso da manuale che attesta le capacità intuitive di Papi ma ne mette a nudo anche gli azzardi. A un certo punto lo storico indica nelle mani un luogo tipico nel quale si può riconoscere l’impronta dell’olandese. Ma sono proprio le mani, come mi è capitato di dire allo stesso Papi, che fanno dubitare. Nel 2022 notai che se anche l’attribuzione a Serodine non deve essere del tutto abbandonata, in effetti il quadro manca di quel “naturalismo drammatico” che ricorre nel ticinese, in particolare nel rapporto con lo sfondo paesaggistico. E così le mani – Papi scrive: «costruite con tocchi diretti non impastati, senza disegno» – e le rughe sulla fronte quasi parlano un’altra lingua rispetto a quella di ter Brugghen, mentre anche gli effetti luministici sono attenuati rispetto ad altri quadri dell’olandese, come la Negazione di san Pietro o l’Adorazione dei pastori della collezione Spier di Londra, che sembrano invece tener conto delle ricerche formali di La Tour.

Interessante, invece, il riferimento per l’abito del Santo che scrive al mantello del San Giovanni evangelista di Deventer (non esposto). È chiaro che l’attribuzione, non disponendo di documenti inequivocabili, non è più soltanto l’esito di una visione oculare, ma deve analizzare lo stesso modo di dipingere (qui Papi insiste, per esempio, sulla tipica pennellata curvilinea, con un colore piuttosto denso), i riferimenti al contesto e ad altre personalità dell’epoca, la tela e i pigmenti. Insomma, l’occhio è il giudice ma alla sentenza si arriva soltanto con una disamina complessa sul quadro come “corpo” da sezionare nei modi convenienti. Lo spettatore deve fidarsi di Papi e della sua “ipersensibilità”, considerando che le opere sono quasi interamente assegnate a ter Brugghen a partire dal grado di comparabilità fra le stesse. L’elevata qualità pittorica del Ritratto di giovane uomo, in collezione parigina, forse trova analogie espressive nella testa del Battista sacrificato nel quadro di Salomè o nell’Incredulità di san Tommaso, ma è molto lontano da dipinti come la Derisione di Cristo di Lille, dall’Adorazione o dalla Negazione, come pure dall’altro ritratto, quello di Santo Stefano, dove le mani denotano anche una certa approssimazione pittorica.

Lo splendido San Giovanni evangelista della Galleria Sabauda, a sua volta, mostra una verità quasi fisica, che sembra tener conto dei contrappunti di materia e luce del Ribera. Attribuito nel 1941 a ter Brugghen da Isarlo, ricadde nel novero delle opere serodiniane con l’avvallo critico di Roberto Longhi. Così restò anche nella mostra del 2015 di Serodine curata da Agosti e Stoppa, del tutto contrari all’ipotesi di altra attribuzione. Ma in precedenza il nome di Ter Brugghen era riemerso più volte, a riprova che qualcosa spinge verso l’olandese nella percezione dell’opera. Tuttavia, non si tratta soltanto di una questione di esecuzione – «quelle identiche, implacabili, pennellate date con un pennello largo, usato con vigore e furia» – che hanno nell’effetto finale una resa abbastanza diversa sotto il profilo stilistico dai quadri presi a sostegno per l’attribuzione, ovvero la Negazione e l’Adorazione già citate. E in queste opere, l’esito è piuttosto diverso dal ter Brugghen che dialoga alla pari «con l’energia tellurica delle composizioni del Ribera romano, con la sua esecuzione furibonda e implacabile».

La virtuosa pittura di ter Brugghen, per quanto si possa ammirarla, non raggiunge mai la forza e la bellezza drammatica dello Spagnoletto, il quale, come si è notato, pittoricamente supera il maestro, vale a dire Caravaggio, sebbene questi lo surclassi per genio e intensità espressiva. È una questione sottile, che si può riassumere così: pittori come Velázquez o Rembrandt sono forse i più grandi di tutti i tempi sotto il profilo tecnico e pittorico, ma Caravaggio usa la sua “imperfezione” come una sorta di scorciatoia, per cogliere l’attimo che ne contrassegna il genio e soggioga l’arte. Si sarebbe tentati di credere che il senso di una mostra come questa stia nel ruolo di apripista rispetto a una precedente ricerca lacunosa o persino insufficiente. Tuttavia, ritengo decisiva un’osservazione di Papi che invita a superare la categoria “caravaggeschi” in quanto discepoli di un genio che non lasciò in senso proprio una schola, ma impresse una svolta al tempo della pittura in un allineamento zenitale con l’esistenza. Una meridiana che ha nell’uomo il suo stilo.

Papi scrive appunto che gli artisti che seguirono la novità del Merisi «mostrano decisamente una maggiore indipendenza da Caravaggio, mettendo a punto “naturalismi” che solo in parte – a livello compositivo e stilistico – dipendono dai capolavori, dai grandi testi del pittore lombardo… Nessuno replica esattamente le composizioni di Merisi, nessuno ne recupera le tipologie fisiognomiche. Ma ognuno delinea il proprio “naturalismo”». Dunque, d’ora in poi non chiamiamoli più “caravaggeschi”. Ecco una rivoluzione che potrà dare sul piano interpretativo risultati importanti nella scoperta o rivisitazione di autori fino a oggi schiacciati da un “luogo comune”, che ancora insidia questa mostra di ter Brugghen col sottotitolo che recita, per le solite logiche di marketing, «sulle orme di Caravaggio».

avvenire.it

L'evento. Papa Francesco incontra gli artisti nella Cappella Sistina

Venerdì prossimo l'udienza con duecento tra pittori, scultori, architetti, scrittori, musicisti, registi e attori da tutto il mondo. Da Anselm Kiefer a Ken Loach, da Ligabue a Alessandro Baricco

Duecento tra i più importanti artisti da 30 paesi incontreranno papa Francesco nella Cappella Sistina. L'occasione venerdì mattina a 50 anni dall'inaugurazione della Collezione d'Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani.
L'udienza continua una tradizione avviata nel 1964, quando Paolo VI chiese di rinnovare l'amicizia tra la Chiesa e gli artisti. «La volontà del Santo Padre è quella di celebrare il lavoro e la vita degli artisti, evidenziando il loro contributo alla costruzione di un senso di umanità condivisa e alla promozione di valori comuni», si legge in una nota del dicastero per la Cultura e l'Educazione.
Impossibile elencare tutti, tra pittori, scultori, architetti, scrittori, musicisti, registi e attori: si va da Anselm Kiefer, Jean Nouvel, Anish Kapoor, Andres Serrano, Thomas Saraceno, Mario Botta, Rem Koolhaas, Joana Vasconcelos, Doris Salcedo a Ken Loach a Mario Ceroli, Giuseppe Penone, Fabrizio Plessi, Michele De Lucchi, Mimmo Paladino, Raul Gabriel, Nicola Samorì, Andrea Mastrovito, Stefano Arienti... e poi Caetano Veloso, Eric-Emmanuel Schmitt, Valerie Perrin, Amelie Nothomb, Colum McCann, Ferzan Ozpetek, Abel Ferrara, Jhumpa Lahiri, Javier Cercas Nicolò Ammaniti, Roberto Andò, Alessandro Baricco, Marco Bellocchio, Gianrico Carofiglio, Paolo Cognetti, Simone Cristicchi, Alessandro Zaccuri, Giuseppe Lupo, Luca Doninelli, Ludovico Einaudi, Giovanni Sollima, Mariangela Gualtieri, Alessandro Haber, Emilio Isgrò, Nicola Lagioia, Vivian Lamarque, Luciano Ligabue, Mario Martone, Arnoldo Mondadori, Michela Murgia, Mogol, Alice Rohrwacher, Sergio Rubini, Roberto Saviano, Igiaba Scego, Susanna Tamaro, Sandro Veronesi...

L'iniziativa conferma il ruolo del dicastero per la Cultura e l'Educazione come promotore delle relazioni tra la Santa Sede e il mondo della cultura, «privilegiando il dialogo come strumento indispensabile di vero incontro, di reciproca interazione e di arricchimento, affinché i cultori delle arti, della letteratura e della Cultura, in ogni sua forma, si sentano riconosciuti dalla Chiesa come persone al servizio di una sincera ricerca del vero, del bene e del bello».

Il prefetto del dicastero, cardinale José Tolentino de Mendonça, afferma che «abbiamo bisogno di rilanciare l'esperienza della Chiesa come amica degli artisti, interessati alle domande che la contemporaneità ci pone (tanto quelle attuali, pressanti di drammaticità, come quelle così visionarie che indicano nuovi futuri possibili) e disponibili a sviluppare un dialogo più ricco e una crescita della comprensione reciproca». L'evento è organizzato in collaborazione con il Governatorato vaticano, i Musei Vaticani e il dicastero per la Comunicazione.

avvenire.it

A Buenos Aires 'la giustizia si fa con l'arte'


 (di Patrizia Antonini) (ANSA) - BUENOS AIRES, 09 GIU - La giustizia come perimetro di esplorazione artistica, per dare forme ad un concetto astratto e al tempo stesso fondamentale per la vita di ognuno. È lo sforzo di Encupula, movimento collettivo di "arte giuridica" nato a Buenos Aires da un'intuizione della giovane avvocatessa e artista italo-argentina Giorgia Alliata, che in un colloquio con l'ANSA illustra il progetto a cui aderiscono artisti e intellettuali da varie parti del mondo, e che si propone come "ponte generazionale", per parlare a tutti, fuori dalle gallerie, ripartendo dall'arte come scintilla rivoluzionaria per cambiare lo status quo. Punto di partenza dell'iniziativa è stato il recupero di una delle splendide cupole di inizio Novecento del centro della capitale, tra Cordoba e Esmeralda, dopo l'abbandono degli anni della pandemia, che hanno trasformato la geografia cittadina.

 "Uno spazio inclusivo di rinascita e riconciliazione, dove l'arte diventa strumento per ottenere quella giustizia individuale, che magari non si vedrà mai riconosciuta nelle sedi istituzionali o attraverso la politica". In questo atelier, "le opere, i racconti o le installazioni artistiche attivano nuovi percorsi", proponendo "esperienze immersive o transizionali", come ad esempio il Labirinto, uno dei lavori ospitati attualmente. "Oppure le reazioni suscitate dai colori blu e oro (che secondo il movimento rappresentano l'aspirazione individuale alla giustizia e la relatività del concetto)", osserva Alliata. Uno spazio, quello della cupola, che si sta facendo conoscere nella capitale argentina, con un moltiplicarsi di incontri culturali aperti in cui far coabitare punti di vista, che si ritrovano rappresentati fisicamente e sedimentati anche sulle pareti. "Muri che si preparano ad accogliere strati, ma anche sottrazioni, o contaminazioni, in un flusso esperienziale che si esprime attraverso un'opera artistica collettiva e in continuo mutamento". Un concetto che si ritrova espresso anche nei materiali fotochimici utilizzati e in un quadro di un'artista ospite che domina lo spazio e raccoglie gli scatti di 262 sguardi diversi. "Uno statement per dire che l'opera non appartiene necessariamente a qualcuno, che c'è spazio per tutti, e che il concetto può abitare dentro ognuno di noi".

ansa.it

A Pechino gli Autoritratti degli Uffizi. Da Raffaello a Tiziano, 50 opere spiegate dal direttore Schmidt


L'autoritratto di Raffaello, celebrato "l'artista migliore del Rinascimento italiano", apre una rassegna unica di grandi capolavori delle Gallerie degli Uffizi, allestita al Museo Nazionale di Pechino su Piazza Tienanmen.

Se c'è anche il direttore dell'ente fiorentino Eike Schmidt a raccontarla, opera dopo opera, allora è facile scoprire il suo straordinario percorso che arriva fino ai giorni nostri, tra la pennellata dai tratti marcati di Renato Guttuso, lo stile a pois della nipponica Yayoi Kusama e la 'gunpower art' (la polvere da sparo) cinese di Cai Guoqiang.

Con le cinquanta opere della mostra Autoritratti, "l'idea è di far vedere non solo lo sviluppo dell'autoritratto dal Rinascimento ad oggi, ma anche di raccontare come sia cambiata la sua tipologia nel corso del tempo", spiega Schmidt, che ha scelto personalmente i capolavori della rassegna in un catalogo degli Uffizi che conta oltre duemila pezzi, tra pittura e scultura, e che superano quota 3.000 se si includono anche i disegni su carta. Interessanti gli spunti offerti dal direttore degli Uffizi: ad esempio, Tiziano, che indossa la catena con lo Speron d'oro ricevuta dall'imperatore Carlo V, "era strapagato ai suoi tempi"; Giovanni Mannozzi, il cui autoritratto è su tegola, rispecchia una "tradizione tipicamente fiorentina"; il pittore svedese Anders Leonard Zorn, vissuto nella secondo metà del 1800 e gli inizi del 1900, era all'epoca tra gli scandinavi "più famoso di Edvard Munch", mentre il connazionale Carl Olof Larsson si lega nel suo autoritratto all'ironia del pupazzo tenuto in mano.

E poi il futurista Giacomo Balla, alle prese con una tazzina di caffè (non un autoritratto ma un 'autocaffè'), fino a Velazquez, Bernini, Rembrandt, Rubens e Chagall. Non mancano inoltre le pittrici, tra le quali la veneziana Marietta Robusti (figlia del Tintoretto e nota come 'Tintoretta') e l'americana Cecilia Beaux. L'impegno degli Uffizi in Cina è doppio, visto che a Shanghai, al Bund Art One Museum, è in corso un'altra mostra su 'Botticelli e il Rinascimento', con 42 opere del genio fiorentino, nell'ambito dell'anno della Cultura Italia-Cina che ha anche nel 2023 un ricco programma di ben 19 iniziative. Questo spiega la presenza di Schmidt a Pechino, ai rapporti intensi sviluppati con il Dragone, includendo pure i progetti sviluppati a Hong Kong.

"L'importanza dell'iniziativa sta nel fatto che l'Italia è partner della Cina dopo la gestione della pandemia del Covid durata due anni. Tota Italia (la mostra con visitatori record del 2022 grazie ai 500 pezzi scelti per descrivere il processo di 'romanizzazione' della penisola italiana, ndr), questo è un ulteriore esempio delle nostre collaborazioni, dove la cultura è un forte canale di collegamento", commenta l'ambasciatore Massimo Ambrosetti, rimarcardo anche "la capacità delle nostre istituzioni museali e non solo di gestire il ricco programma del 2023". Tra Pechino e Shanghai c'è il sostegno di ambasciata e consolato generale, nonché degli Istituti italiani di cultura delle due città cinesi.

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Reportage. Isole Aran: poesia dai confini del mondo

Nell’isola ai confini del mondo è facile smarrire del tutto la concezione del tempo. Da quando il traghetto molla gli ormeggi dal porticciolo di Rossaveel, immerso nelle nebbie eterne del Connemara, l’orologio segna tre quarti d’ora di traversata per raggiungere Inishmore, la più grande delle isole Aran. Ma forse è un’illusione, perché in questa striscia di roccia calcarea sferzata dal vento e sperduta nell’Atlantico il tempo sembra essersi fermato. Gli abitanti più anziani la chiamano ancora Inis Mór, e ricordano l’epoca in cui era considerata l’ultima roccaforte della cultura gaelica contro l’anglicizzazione dell’Irlanda. Una terra che dette i natali al più grande poeta in lingua irlandese, Máirtín Ó Direáin, e poi allo scrittore Liam O’Flaherty, l’illustre esponente del Rinascimento irlandese che sull’isola ambientò molti suoi romanzi. Al volgere del XIX secolo vi mise piede per la prima volta anche un drammaturgo dai baffi cadenti e dall’aria malinconica che sarebbe diventato uno dei grandi del teatro irlandese, John Millington Synge. A Parigi aveva incontrato William Butler Yeats, di qualche anno più vecchio ma già famoso, che gli dette uno di quei consigli che rivoluzionano la vita di un uomo: vai alle isole Aran, ci troverai una vita non ancora espressa in letteratura.

Racconti di fate e testimonianze di vita semplice e tragica

Synge seguì il suggerimento del grande poeta e vi trascorse varie estati e autunni, intrecciando rapporti con gli abitanti, approfondendo la conoscenza del gaelico, raccogliendo racconti di fate e testimonianze di una vita semplice e tragica. Legò per sempre il suo nome a quest’ultimo lembo primitivo d’Irlanda e alle persone che ci vivevano divenendo il cantore dell’Irlanda rurale e primordiale, il drammaturgo paragonato ai greci per la profonda adesione al dolore umano. «Sono a Inishmore, seduto accanto a un fuoco di torba, e ascolto un mormorio in gaelico che sale da un piccolo pub verso la mia stanza», scrisse nell’incipit della sua raccolta di racconti Le isole Aran, pubblicata per la prima volta nel 1907. Tutte le sue opere teatrali sono ambientate o fortemente influenzate dal periodo che trascorse a Inishmore e in un’altra delle isole Aran, Inishman. Li descrisse come luoghi magici ma assai poco adatti per viverci, come avrebbe confermato anche un grande classico del documentario della prima metà del ’900, L’uomo di Aran del regista statunitense Robert Flaherty. Ancora oggi, è proprio ciò che manca a rendere Inishmore un’isola dal fascino senza tempo. Le macchine sono una rarità, ci si muove a piedi, in bicicletta o a bordo di piccoli pulmini guidati dagli abitanti. L’elettricità è arrivata soltanto negli anni ’70. Intorno al villaggio si scorgono poche casette colorate, due pub e poi i viottoli che serpeggiano fra ali basse di muretti di pietra a secco che disegnano strade e confini. Piccoli appezzamenti di pascolo, ampi spazi incontaminati e rovine di antichi monasteri che si ergono lontane dal frastuono degli uomini. « L’interesse supremo dell’isola – annotò ancora Synge - risiede nella strana concordia che esiste tra le persone e gli impersonali impulsi limitati ma potenti della natura che è intorno a loro». In questa terra ricca di leggende, di silenzio e di echi letterari e cinematografici vivono oggi poco più di settecento abitanti fieri della loro storia e delle loro tradizioni. Due secoli fa erano circa tre volte tanti ma poi le carestie dell’Ottocento e le durissime condizioni di vita avrebbero costretto molti di loro a partire per non fare più ritorno. Gli odierni abitanti sono dediti a un turismo lento, sostenibile e rispettoso dell’ecosistema naturale. Quelle che incrociamo sono persone ospitali che salutano ancora alzando tre dita della mano, quasi per benedire, come facevano gli antichi monaci che si rifugiarono qui a meditare in cerca di silenzio e di spiritualità.

Hollywood è tornata agli "Spiriti dell'isola"

Un anno fa Hollywood si è affacciata di nuovo: il regista britannico Martin McDonagh vi ha portato il set del suo film candidato a nove Oscar, Gli spiriti dell’isola. Poi i riflettori si sono spenti di nuovo e la vita è tornata a scorrere come prima. Visitare quest’isola, oggi, è come risalire alle radici di un’esistenza che coinvolge solo i principi fondamentali: il confronto con un territorio ancora selvaggio in un fazzoletto di terra immutato da secoli, il rude contatto con una natura violenta che supera ogni immaginazione e può mettere i brividi, il ricordo di una lotta impari con il mare che in passato vedeva quasi sempre l’uomo soccombere. «Molti sono stati inghiottiti dalle acque dell’oceano in tempesta, che in alcuni casi non hanno neanche restituito i loro corpi », racconta un artista locale, Cyril Flaherty, indicandoci una serie di monumenti allineati di fronte al mare e sormontati da piccole croci. Tristi cenotafi senza nome, eretti in memoria di questi Malavoglia del nord. È lui ad accompagnarci in un paesaggio lunare che evoca quadri, poesie e un passato leggendario. Un paesaggio solcato da torbiere, minuscoli rivoli d’acqua e un terreno che è una lastra di pietra naturale. «Coltivarlo potrebbe sembrare un’impresa impossibile ma la gente del posto ha imparato da secoli a rendere fertile anche la pietra, collocandoci sopra uno strato di sabbia e alghe marine», ci spiega. Nella parte settentrionale dell’isola, però, non si incontra anima viva. I sentieri di roccia si fanno sempre più impervi e cominciano a salire finché non si scorgono, quasi all’improvviso, i contorni del Dún Aengus, il più celebre dei forti preistorici delle isole Aran. Costruito durante l’Età del bronzo e risalente al I millennio a.C., è formato da una combinazione di quattro cinte murarie concentriche, con uno spessore che in alcuni punti raggiunge i quattro metri. In lontananza si avvertono rumori inquietanti che sembrano esplosioni. Solo all’interno delle mura ci si rende conto che il forte è affacciato su una scogliera di calcare a picco sull’Atlantico alta oltre un centinaio di metri. Quelle che sembravano esplosioni sono in realtà le onde che si infrangono violentemente sulla roccia. Dal promontorio l’oceano risuona cupo, non si può non provare un brivido di vertigine di fronte all’immensità della natura. A separarci dall’abisso non c’è neanche una spalliera di protezione.

Sulla scogliera le grotte dei druidi

Un tratto di scogliera sotto al Dún Aengus è stato denominato “Wormhole” (“buco del verme”) perché è formato da ampie grotte scavate nei secoli dall’incessante forza delle acque. La posizione del forte suggerisce che la sua funzione principale non fosse di natura militare bensì religiosa e cerimoniale. Si pensa che sia stato usato dai druidi, gli antichi sacerdoti dei Celti, per riti stagionali. Lo scrittore Liam O’Flaherty – che nacque qui nel 1896 – scrisse: «quest’isola ha il carattere e la personalità di un Dio muto. Si è intimoriti dalla sua presenza, si respira la sua aria. Su di essa aleggia un senso travolgente di grande, nobile tragedia. L’instabilità della vita nell’isola trasforma gli amici in nemici e i nemici in amici con sorprendente rapidità». Quasi una metafora della guerra civile, che anticipa la trama del film Gli spiriti dell’isola.

avvenire.it

- Segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone e Albana Ruci turismoculturale@yahoo.it

Expo 2030: gli ispettori promuovono Roma, "troppo bella"

AGI - Una promozione in piena regola che lancia Roma nella difficile corsa per Expo 2030: è positivo il bilancio degli ispettori del Bie dopo cinque giorni di incontri e sopralluoghi nella Città Eterna. Un punto debole? "Roma è troppo bella, sarà difficile per le altre città competere con Roma", ha risposto con un sorriso il segretario generale del Bie, Dimitri Kerketzes, che ha accompagnato nella visita i quattro ispettori, "al Bie siamo felici perchè abbiamo una candidatura che sarà un punto di riferimento per il futuro".

Al di là dei convenevoli di rito, il funzionario greco nato a Londra ha lanciato segnali importanti come quello che si terrà conto anche dei diritti umani e del trattamento dei lavoratori, tallone d'Achille di Riad, la più temibile rivale di Roma. "Ci sono stati eventi che hanno avuto una cattiva pubblicità in passato, ma per Expo 2030 tutti i governi devono indicare questo aspetto nell'organizzazione", ha sottolineato.

Lo spettacolo di luci al Colosseo 

La visita è stata "molto efficiente e ben organizzata", ha confermato il presidente della delegazione del Bie, il kazako Murager Sauranbayev, nel punto stampa di Mercati di Traiano. Dal sopralluogo a Tor Vergata (il cui "sviluppo permetterà di servire anche dopo un'area molto ampia con un ospedale e l'università", è stato annotato) allo spettacolo di luci con 500 droni al Colosseo, gli ispettori sono apparsi molto colpiti dal modo in cui Roma si è presentata. Lo show ai Fori Imperiali "è stata una cosa da togliere il fiato, questo dimostra la cultura che potete offrire in Italia e quello che potrete fare nel 2030", ha osservato Kerketzes.

Con Roma si sono completate le ispezioni nelle quattro città candidate: le altre sono Riad, la sudcoreana Busan e l'ucraina Odessa (in quel caso c'è stata una videoconferenza a causa della guerra). Sulla base delle relazioni degli ispettori, entro la prima decade di maggio il Comitato esecutivo del Bie deciderà quali candidature possono andare avanti. Poi il 20 giugno si farà il punto all'Assemblea generale che darà il via alla volata finale verso il voto dei 171 Stati membri a novembre.

Massolo: "Abbiamo un progetto forte e condiviso"

"È andata bene", ha assicurato il presidente del Comitato Promotore di Expo 2030, Giampiero Massolo, "credo che siamo riusciti a dimostrare che abbiamo un progetto solido, sostenibile, soprattutto condiviso dalle autorità nazionali, locali, dalle forze politiche di maggioranza e opposizione, dalle forze sociali e soprattutto dell'opinione pubblica e dalla società civile". Una compattezza che non può riguardare altre candidature e che fa del progetto italiano "l'Expo della libertà, dell'inclusione e del lavorare insieme".

"La visita è stata un grande successo", ha esultato il sindaco Roberto Gualtieri, "Roma è pronta e perfettamente all'altezza di organizzare e ospitare un evento di portata mondiale come Expo 2030".

Massolo non si è sbilanciato in previsioni ma ha lanciato un appello ai partner europei, alcuni dei quali come Francia e Grecia sarebbero orientati a votare per Riad: "Abbiamo, e siamo forti di questo, il sostegno delle istituzioni europee. Io spero che chi ora dà la propria preferenza ad altri possa ricredersi per tempo, perchè voterebbe per un progetto valido, nell'interesse non solo dell'Italia ma dell'Europa intera", ha detto l'ex segretario generale della Farnesina. 

"Una Boccata d'Arte", 20 progetti culturali in 20 regioni. Annunciati i borghi che ospiteranno la manifestazione

 - Dal 24 giugno al 24 settembre torna "Una Boccata d'Arte", progetto corale d'arte contemporanea che coinvolge, uno per regione, 20 borghi ognuno dei quali invita 20 artisti emergenti, italiani e internazionali, di età, formazione e stili diversi, a realizzare altrettante opere in relazione con la storia e le tradizioni del luogo e di chi lo abita.

La manifestazione, nata con l'obiettivo di valorizzare il patrimonio storico e paesaggistico dei piccoli centri con meno di 5mila abitanti e lontani dai tradizionali circuiti dell'arte e del turismo, è promossa da Fondazione Elpis in collaborazione con Galleria Continua, specializzata in arte contemporanea, e la partecipazione dell'agenzia creativa Threes. Giunto alla quarta edizione, l'evento fa parte di un progetto corale di recupero dei piccoli centri storici che, grazie alla loro dimensione raccolta, diventano il contesto ideale per la sperimentazione artistica e la creazione di nuovi immaginari.

Per tre mesi si potranno ammirare 20 opere d'arte contemporanea - mostre, progetti e installazioni site specific - in luoghi inaspettati, lungo un itinerario culturale che si snoda lungo tutta la penisola, creando un dialogo inedito tra arte e territorio.
    L' iniziativa sta alimentando una rete diffusa di relazioni e partecipazioni che diventa ogni anno più ampia: fino a oggi sono stati coinvolti 80 comuni e 80 artisti, insieme a sponsor tecnici, associazioni locali e persone che hanno reso possibile la realizzazione degli interventi. A ogni edizione sempre più borghi si candidano per partecipare al progetto e in questi tre anni, grazie alle acquisizioni delle amministrazioni e alle donazioni degli artisti, venti installazioni sono diventate permanenti. Il risultato è un sorprendente viaggio alla scoperta del patrimonio che ci circonda, fonte inesauribile di bellezza, storia e tradizioni da esplorare. In attesa di conoscere ad aprile i nomi degli artisti, ecco i borghi selezionati: Fénis (AO) in Valle d'Aosta; Vermogno - frazione di Zubiena (BI) in Piemonte; Castelvecchio di Rocca Barbena (SV) in Liguria; Gardone Riviera (BS) in Lombardia; Pieve Tesino (TN) in Trentino-Alto Adige; Costozza - frazione di Longare (VI) in Veneto; Aquileia (UD) in Friuli-Venezia Giulia; Travo (PC) in Emilia-Romagna; Fosdinovo (MS) in Toscana; Toscolano - frazione di Avigliano Umbro (TR) in Umbria; Petritoli (FM) nelle Marche; Rocca Sinibalda (RI) nel Lazio; Pietracamela (TE) in Abruzzo; Agnone (IS) in Molise; Cetara (SA) in Campania; Maruggio (TA) in Puglia; Rivello (PZ) in Basilicata; Santa Severina (KR) in Calabria; Pollina (PA) in Sicilia; Belvì (NU) in Sardegna.
    Info: unaboccatadarte.it (ANSA).

Arte: a Domodossola mostra dell'illustratrice Seitzinger

 

(ANSA) - VERBANIA, 12 NOV - Inaugura OGGI, sabato 12 novembre, la mostra dell'illustratrice Elisa Seitzinger allestita negli spazi del collegio Mellerio Rosmini di Domodossola (Verbano-Cusio-Ossola) intitolata 'Seitzinger alchemica'.

    Per l'artista originaria del vicino comune di Ornavasso, già finalista al World Illustration Awards del 2021 e selezionata alla mostra della Society of Illustrators 2021 all'Illustration Museum di New York, oltre a essere stata inclusa tra i dieci illustratori più influenti d'Italia all'Illustri Festival 2019, si tratta della prima personale allestita nel nord Italia.

I suoi lavori, pubblicati in Italia e all'estero, attingono dall'arte medievale, guardano all'iconografia esoterica e a quella classica e si ispirano agli ex-voto e alla pittura primitiva.
    La mostra, che fa parte del progetto Interreg Italia-Svizzera "Di-Se - DiSegnare il territorio", è ad accesso libero e rimarrà aperta fino al 5 febbraio 2023. (ANSA).

Slitta al 30 ottobre mostra "Raffaello giovane" a C.Castello. Il 18 settembre anteprima dell'evento

  

 E' slittato al 30 ottobre 2021 l'inizio della mostra "Raffaello giovane e il suo sguardo", a cura di Marika Mercalli e Laura Teza, inizialmente in programma dal 18 settembre nella Pinacoteca di Città di Castello.
    In una nota, le curatrici e il Comune tifernate spiegano che la data è stata "aggiornata a causa dei maggiori adempimenti previsti per la logistica degli allestimenti". "Non abbiamo voluto rinunciare alla mostra - prosegue la nota - nonostante le molte difficoltà che implica organizzarla durante una pandemia.
    Questo però ha determinato uno spostamento di data per poter concludere l'intera rete delle procedure connesse ai contatti con i musei e al trasporto delle opere, alcune fuori Italia ma anche fuori Ue ormai e l'adeguamento del museo che ospiterà la mostra con un nuovo allestimento sia permanente che temporaneo.
    Abbiamo mantenuto la data del 18 settembre simbolicamente: era la data che avevamo scelto e che abbiamo cercato di mantenere fino alla fine. Servirà come anteprima dell'evento e del restauro dello Stendardo di Raffaello, una delle grandi attività connesse alla mostra".
    Al Teatro degli Illuminati - in sicurezza - le curatrici presenteranno in anteprima i dettagli della mostra e il restauro dello Stendardo, l'immagine guida della stessa esposizione. La corale Marietta Alboni presenterà in anteprima il video "Il nostro Raffaello". Evento e video saranno trasmessi in diretta Facebook. (ANSA).

Siti di Barumini trainano il turismo culturale in Sardegna

  

Il sito Unesco di Su Nuraxi, a Barumini, continua a essere la meta preferita in Sardegna per il turismo archeologico-culturale. La conferma arriva dai numeri dell'estate 2021 che, nonostante gli strascichi ancora evidenti della pandemia Covid, certificano come l'area archeologica di Barumini sia la più ricercata dai turisti nazionali e internazionali che scelgono l'isola.
    Nel trimestre giugno-luglio-agosto, infatti, Su Nuraxi ha registrato quasi 26.500 mila presenze, segnando + 11mila ingressi rispetto allo stesso periodo dell'anno prima. Sui grandi numeri, i siti del territorio, raggiungono il 65% di presenze rispetto al 2019, anno pre pandemia e dunque periodo di normalità.
    "Si tratta di numeri incoraggianti e che ci fanno ben sperare che la ripresa sia finalmente arrivata e ci auguriamo possa consolidarsi nel proseguo della stagione e nel prossimo futuro - sottolinea il presidente della Fondazione Barumini sistema cultura, Emanuele Lilliu - un traguardo importante dopo le grandi difficoltà passate che non hanno, comunque, interrotto il grande lavoro della Fondazione per rendere l'offerta ancora più integrata e per attivare nuovi eventi e percorsi in grado di sostenere la ripresa del turismo in Sardegna e nei nostri siti".
    E proprio dall'offerta generata dalla Fondazione arrivano altre importanti indicazioni, grazie al successo della mostra: 'Humanum. Sardegna e Campania, da Su Nuraxi a Pompei', nata grazie alla collaborazione tra la Fondazione, il Museo Archeologico di Napoli, la Soprintendenza Archeologica per la Città Metropolitana di Cagliari e ancora visitabile al centro Giovanni Lilliu. Dall'inaugurazione dello scorso 3 luglio a oggi, infatti, le visite hanno toccato quota 4.600 (che contando anche giugno portano in totale a 5.400 ingressi al centro G.Lilliu).
    Tra gli altri numeri di rilievo anche la continua crescita di visitatori a Casa Zapata, altra importante attrazione di Barumini. Nel periodo giugno-agosto sono stati quasi 10.900 gli ingressi registrati con 2.500 turisti in più rispetto allo stesso periodo del 2020. (ANSA).

Franceschini, salve le deroghe per cinema e teatri

 

 Non ci saranno restrizioni ulteriori per il cinema e le sale dei teatri e dell'opera. Lo assicura, interpellato dall'ANSA il ministro di Beni culturali e Turismo Dario Franceschini: "Continuo a leggere interviste e dichiarazioni o a ricevere appelli del mondo dello spettacolo sulla presunta volontà del governo di ridurre il limite di 200 persone al chiuso e di 1000 all'aperto per spettacolo dal vivo e cinema. Non esiste questo rischio", dice il ministro, che sottolinea: "Nel dpcm saranno confermati questi limiti con la conferma della possibilità delle regioni di derogare. E le deroghe sino ad oggi concesse con ordinanze regionali verranno fatte salve proprio con il dpcm".
    E l' associazione dello spettacolo che in questi giorni aveva lanciato continui appelli ringrazia: "Dal ministro Franceschini, che vogliamo ringraziare con grande calore, una posizione di grande buon senso, ci siamo sentiti difesi", commenta a caldo CarloFontana, presidente dell'associazione generale dello spettacolo (Agis), che ricorda lo studio presentato qualche giorno fa dall'associazione nel quale si dimostra la bassissima percentuali di contagi avvenuta nelle sale dello spettacolo. E sottolinea: "Adesso bisogna andare avanti, lanciare una grande campagna di comunicazione per spiegare agli italiani che teatri e cinema sono luoghi sicuri". Una campagna, precisa, "che naturalmente vogliamo concordare con il ministero". Intanto "siamo contenti - conclude - perché oggi è stata stabilita la centralità della cultura e dello spettacolo, attività fondamentali per lo spirito e non solo". (ANSA).

Arte, turismo, ambiente. L’Enit presenta il suo piano

Arte, turismo, ambiente. L’Enit presenta il suo piano

L’ente di promozione turistica vede buone prospettive per il prossimo triennio. Oltre 41 miliardi di euro la spesa internazionale per musei e luoghi d’arte per l’Italia.
L’arte e la cultura che accompagnano da sempre chi arriva in Italia o la ammira dall’estero. Sarà  così anche per il prossimo triennio, secondo l’Enit, l’Ente di promozione turistica italiano. Il piano di incentivazione è stato presentato  a Roma dal Presidente dell’Enit, Giorgio Palmucci e dal Ministro con Delega al Turismo Gian Marco Centinaio. Fino ad oggi l’Italia ha avuto grandi numeri  in termini di visitatori e risorse, a dispetto di ogni polemica e di imperdonabili autolesionismi politici che all’estero non capiscono. Tutelare il patrimonio artistico e  di tradizioni locali sembra, comunque, essere il liet-motiv di questa nuova programmazione. Dentro c’è un po’ di tutto , con le manifestazioni artistiche e culturali  a sostegno dei territori e di contesti ambientali nei quali si  svolgeranno. La Mostra del design al Salone del Mobile, per esempio , viene indicata come vetrina indiscussa del Made in Italy.
Oltre 600 gli eventi che l’Enit ha programmato nel mondo tra cui il Centenario Enit a novembre, le celebrazioni legate a Leonardo da Vinci. Per il Ministro Gian Marco Centinaio la pianificazione triennale dovrà contribuire allo sviluppo delle destinazioni turistiche del nostro Paese. Un modo per continuare a gratificare l’Italia, le sue bellezze e la sua natura . Quella  natura, aggiungiamo , che fa da sfondo a ricchezze inestimabili, a volte maltrattate da noi stessi che poi pensiamo di “venderle” a tour operator e agenzie internazionali. D’altra parte, Matera  2019 sta da dando  risultati  straordinari di presenze e fatturato.

I dati del business turistico italiano sono stati forniti dal Presidente dell’Enit. Le presenze  negli esercizi ricettivi italiani sfiorano i 429 milioni e nel 2018 sono aumentate del 2%. La spesa internazionale in Italia, che include viste a musei, mostre, rassegne, concerti è salita a 41,7 miliardi di euro. Fare rete ,è stato detto, dovrà accompagnare la pianificazione. Ma nonostante le buone intenzioni occorre superare ancora diversi ostacoli.Lavoreremo in sinergia con tutti, ha voluto precisare il Ministro, per accrescere la stagionalità, per individuare le nuove esigenze dei visitatori, per valorizzare i territori  e rilanciarli in chiave sostenibile.  Come già  si fa in Francia, Olanda, Danimarca, si dovranno favorire esperienze di viaggio innovative e certamente ecocompatibili. Andare ad una mostra o a teatro spostandosi in modo green, con veicoli non inquinanti ,usando prodotti biodegradabili, rispettando le regole comunali o dei parchi  e magari migliorandole. Si farà ? Intanto Enit ha declamato lo storytelling dei grandi eventi: dalla montagna (Cortina 2021 e Milano-Cortina 2026) alla cultura dei personaggi storici italiani, agli appuntamenti internazionali dell’agroalimentare come Vinitaly o – come si diceva- del design al Salone del Mobile.Tutto molto buono, da tenere in osservazione.
fonte: arte.firstonline.info
segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone turismoculturale@yahoo.it

Expo in città Milano. Anche nel 2016 migliaia di eventi da aprile a settembre #MilanoaPlaceToBE

Il grande contenitore di appuntamenti va oltre l'Esposizione Universale. Iniziative per tutti i gusti nei sei mesi della Triennale. Pisapia: «un successo del sistema Milano»
Chi pensava che l'esperienza di Expo in città fosse terminata con l'Esposizione Universale si sbagliava. Dopo il successo dell'edizione 2015, con oltre 11 milioni di partecipazioni alle attività cittadine, il sindaco Giuliano Pisapia e il presidente di Camera di Commercio di Milano Carlo Sangalli hanno presentato Expo in città 2016 - #MilanoaPlaceToBE: un ricco calendario di eventi che accompagnerà la vita della città metropolitana durante i sei mesi della XXI Esposizione Internazionale della Triennale, dal 2 aprile al 12 settembre 2016, e tutti i weekend nei restanti periodi dell’anno.
Il progetto lo scorso anno ha raggruppato un susseguirsi di oltre46mila appuntamenti declinati in dieci tematiche, le stesse che vegono riproposte in questa edizione: ArteCittà mondo,Feed the planet (che richiama l'ormai celeberrimo slogan diExpo 2015), KidsMediaMilano creativaScienza e tecnologiaSolidarietà e no profitSpettacoloWell being. Non soltanto, dunque, le parole chiave che da sempre caratterizzano la città, come design, arte, architettura, moda, cinema, comunicazione e società; ma anche benessere, sport, alimentazione, editoria, attività per i bambini, danza, musica, teatro, fotografia, pittura, scultura, video arte, radio, tv, web.
Attraverso lo Sportello Unico Manifestazioni, nato dall'esperienza dell'edizione precedente, gli operatori milanesi possono oggi essere accompagnati nell’acquisizione di autorizzazioni e permessi per l’uso degli spazi pubblici, mentre sul sito expoincitta.com, è sempre attiva la piattaforma gratuita e georeferenziata in cui sono censiti luoghi e spazi in città e provincia dove è possibile realizzare iniziative (che, per entrare a far parte del programma, devono anch'esse essere proposte attraverso la compilazione di un formsul sito e poi approvate dal un comitato di coordinamento).
Sempre sul medesimo sito, inoltre, ogni persona ha la possibilità di votare cliccando al massimo su 6 dei 25 capolavori proposti tra quelli custoditi nei musei milanesi. Le opere scelte a chiusura del sondaggio online, il 29 febbraio 2016, diventeranno le immagini guida di ogni mese di Expo in città  #MilanoaPlaceToBE nonché il soggetto del ciclo d’incontri aperti al pubblico dal titoloConversazioni d’arte.
«Expo in Città è un altro successo del sistema Milano», spiega con soddisfazione il sindaco Pisapia: «un format inedito di impatto straordinario sulla capacità di impresa, la creatività e l’innovazione di istituzioni pubbliche e privati. Il lavoro di squadra paga, i numeri lo confermano. Ecco perché Comune e Camera di Commercio rilanciano: Expo in Città sarà uno strumento strategico per il futuro della città attraverso un coordinamento ancora più stretto e la semplificazione amministrativa dello sportello unico. L'obiettivo è quello di rendere la città metropolitana sempre viva, piena di proposte e affascinante, insomma il luogo dove essere nel 2016 e negli anni a venire».
«Con la nuova Expo in Città, Milano ha iniziato a costruire il suo futuro dopo Expo 2015», aggiunge orgoglioso Carlo Sangalli: «alla base di questo format c’è l’alleanza tra Comune e Camera di Commercio che ha realizzato un modo innovativo di attrarre, strutturare e collegare le iniziative su tutto il territorio milanese. Expo in Città, infatti, ha saputo coinvolgere anche leperiferie e l’intera area metropolitana con ricadute positive per l’economia e il sistema imprenditoriale».