Blog Expo: 11/14/18

Viaggi, 12 mete da non perdere nel 2019

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Relax lontano dalla routine quotidiana, avventura nella natura incontaminata o sulle tracce di antiche civiltà: con l’arrivo del 2019 la #stravoglia di partire e di organizzare un nuovo viaggio che soddisfi pienamente i propri desideri si fa sempre più forte.
Volagratis.com ha stilato la classifica dei Travel Trends 2019 dalla spiaggia blu delle Maldive ai vini dell’Algarve. 
Prima fra tutte la Tunisia, che apre la classifica di Volagratis.com: nel 2018 ha registrato un aumento rispetto all’anno precedente - tra prenotazioni e ricerche - pari al 400%. A spiegare il boom di questa destinazione sono le tante attrazioni che offre: dal deserto all’antica medina di Tunisi. Sul podio anche le Maldive e i Caraibi, che rimangono il viaggio dei sogni per molti: l’interesse è cresciuto rispettivamente del 180% e del 167%. Notevole anche la presenza della Polonia (+96%), ideale per un city break ma anche per partire alla scoperta dei Carpazi. Tra le destinazioni più inaspettate c’è il Caucaso (+30%): Volagratis.com suggerisce un itinerario tra tradizioni occidentali e orientali attraverso Georgia, Armenia e Azerbaijan.
Ecco la Travel Trends 2019 stilata da Volagratis.com
1. Tunisia (+400% rispetto al 2017)
In cima alla Top 12 di Volagratis.com quest’anno c’è la Tunisia, una destinazione dalle mille opportunità.
Da non perdere: El Haouaria, piccolo paese dedicato all’arte della falconeria. Ogni anno si svolge il festival della falconeria, per ammirare i rapaci in volo.
2. Maldive (+180% rispetto al 2017)
Continua a crescere anno dopo anno l’interesse per le Maldive, con il loro mare cristallino e le barriere di corallo.
Da non perdere: la battigia dell’isola Vaadhoo, che di notte si tinge di un blu scintillante per via della bioluminescenza del fitoplancton.

3. Barbados, Caraibi (+167% rispetto al 2017)
Medaglia di Bronzo per le Barbados, angolo di paradiso nel Mar dei Caraibi.
Da non perdere: Harrison’s Cave, detta anche “Sala di Cristallo”. Si tratta di meravigliose grotte nel distretto di St Thomas con stalattiti e stalagmiti, ruscelli, laghi e cascate.

4. Algarve (+155% rispetto al 2017)
Chilometri di splendida costa: è Algarve, la regione più a sud del Portogallo.
Da non perdere: ad Algarve si ha l’imbarazzo della scelta tra i tour gastronomici alla scoperta dei prodotti e dei vini del territorio, in particolare le pregiate varietà di Vinhos Verdes e Vinhos Verdes Alvarinho.

5. Mozambico (+150% rispetto al 2017)
Nel 2019 dedicatevi ad un viaggio nell’Africa più autentica volando in Mozambico.
Da non perdere: Maputo, dove moderni grattacieli convivono con l’architettura coloniale.

6. Turchia (+100% rispetto al 2017)
Dalla Basilica di Santa Sofia di Istanbul, ai siti archeologici: impossibile resistere al fascino della Turchia.
Da non perdere: vedere l’alba dalla mongolfiera, tra i camini delle fate di Goreme, in Cappadocia.

7. Polonia (+96% rispetto al 2017)
Destinazione ideale per ogni momento dell’anno, dai city break alla settimana bianca.
Da non perdere: le miniere di sale di Wieliczka, al cui interno si trova anche una stazione termale con un centro benessere sotterraneo, dove praticare trattamenti per le vie respiratorie.

8. Egitto (+90% rispetto al 2017)
Pronti per un salto indietro nel tempo di 5mila anni? In Egitto sarà difficile distinguere tra mito e storia.
Da non perdere: un giro nel coloratissimo mercato di Assuan, famoso per la produzione artigianale delle essenze e dove si trovano pietre preziose o altri oggetti unici.

9. Turkmenistan (+67% rispetto al 2017)
Tra le sorprese dei Travel Trends 2019 individuati da Volagratis.com spunta il Turkmenistan, per viaggiare in posti insoliti e lontani dal turismo di massa.
Da non perdere: a Karakum c’è la Porta dell’Inferno, un enorme cratere incendiato, causato da una perforazione effettuata durante gli scavi per cercare petrolio.

10. Perù (+41% rispetto al 2017)
Cominciate ad allenare le gambe per scalare la catena delle Ande!
Da non perdere: una passeggiata lungo la spettacolare Vinicunca, la Montagna Arcobaleno con rocce colorate a strati con i sette colori dell’iride.

11. Caucaso (+30% rispetto al 2017)
Tra Asia ed Europa, tra montagne e Mar Caspio: quella del Caucaso è una regione ricca di tradizioni e culture che si fondono tra loro.
Da non perdere: l’area archeologica di Gobustan, dove sono state individuate 60.000 incisioni rupestri.

12. Giordania (+20% rispetto al 2017)
I selvaggi paesaggi di Wadi e l’antica città di Petra sono solo alcuni dei motivi per i quali la Giordania conquisterà tutti i viaggiatori del 2019.
Da non perdere: la cittadella di Al-Karak, il più importante castello della Giordania: domina la città di Al-Karak e la valle del Giordano.
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Rai e Mibac per i Siti Unesco, la bellezza diventa virale

Villa Adriana a Tivoli © ANSA

 Le torri di San Gimignano, grandiosi "grattacieli del Medioevo", che la storia ha tramandato fino a noi; le architetture di Villa Adriana, a Tivoli, nelle quali l'imperatore filosofo rivedeva la sua città ideale; la città di Matera con i suoi sassi, che ne fanno una "capitale mondiale del mondo contadino".
Arriva in tv, in pillole di documentario da oggi in onda su Rai3 e Rai Storia, ma anche con cinque lunghi speciali di approfondimento sempre su Rai Storia, la bellezza dei 54 siti italiani che l'Unesco ha riconosciuto patrimonio dell'Umanità. Immagini, musica e testi originali Rai per un progetto ambizioso e complesso, portato avanti di concerto con il ministero della cultura, che punta "a far conoscere anche agli italiani lo straordinario patrimonio di arte, cultura, saperi e paesaggi d'Italia", spiega presentando la campagna l'ad di Viale Mazzini Fabrizio Salini, che si dice pronto a "sperimentare anche su altri terreni" un impegno che definisce con orgoglio "da vero servizio pubblico". La sollecitazione è arrivata dal Mibac, impegnato in questi mesi, chiarisce accanto a Salini il sottosegretario Lucia Borgonzoni, nella battaglia per non perdere il primato da sempre esibito nella lista Unesco. "La Cina con 53 siti ci tallona, ci spiacerebbe proprio essere superati", incalza il sottosegretario leghista che si augura di vedere i filmati Rai "sugli schermi di Ferrovie dello Stato e nelle scuole". Anche per questo, racconta, l'impegno del ministero su questo fronte "è stato rafforzato" con la squadra del Mibac ("che speriamo di poter far crescere presto con le nuove assunzioni") impegnata "a dare indirizzi chiari" alle comunità che lavorano sui vari progetti e a "lavorare in sinergia".
Ma per proteggere con efficacia i nostri siti e "valorizzarli al meglio, bisogna innanzitutto conoscerli", sottolinea il sottosegretario. Da qui l'idea, fa notare il direttore di Rai Cultura Silvia Calandrelli, di puntare - accanto agli speciali di 50 minuti già confezionati guardando anche al mercato estero - "su un formato particolare, con mini film di due o tre minuti, perché volevamo rendere la bellezza virale". In tutto 54 piccoli docu da mandare in rete ogni giorno su Rai3 alle 16, prima di Geo, e poi il sabato alle 11, la domenica alle 10.30, oltre che tutti i giorni in prima serata su Rai Storia alle 21.10. Uno sforzo al quale si aggiungono pillole da 15 secondi per le altre reti generaliste, visto che per il momento il prodotto non andrà in prima serata su una rete generalista. Ma tant'è: nel pacchetto della campagna ci sono anche cinque veri e propri film, in onda dal 26 novembre al 24 dicembre ogni lunedì alle 21.10 su Rai Storia, con un racconto più lungo, in questo caso organizzato intorno a un singolo tema, dall'"L'ozio del potere", che conduce il telespettatore in un viaggio tra le ville, le delizie, i sollazzi reali (dalla romana Villa Adriana alle Ville Medicee, da Oplontis alle Residenze sabaude) ai "Paesaggi Culturali", ovvero quelli rimaneggiati dall'uomo, come succede con i vigneti del Piemonte, le agricolture della Val d'Orcia, il Cilento, le Cinque Terre. Dai "Luoghi di scambio interculturale" (come la Villa del Casale di Piazza Armerina ma anche i percorsi arabo normanni di Palermo o i monumenti paleocristiani di Ravenna). E ancora, dai "Siti Naturali" (dalle Dolomiti alle Eolie o le Faggete secolari) agli "Elementi del patrimonio immateriale", come l'Opera dei pupi, la Falconeria, la pizza. Obiettivo far conoscere, stimolare la curiosità, far venire anche agli italiani la voglia di partire alla scoperta. "Il primo sforzo da italiani è essere orgogliosi della nostra storia e del nostro patrimonio".
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Viaggio nell'arte di tutto il mondo Bellezza e diversità insegnate ai bambini, da preistoria a oggi

Viaggio nell'arte © ANSA

ROMA - Le pitture rupestri di 35000 anni fa nelle grotte di arenaria di Nawarla Gabarnmang in Australia; i geroglifici dell'antico Egitto; Atene come culla della democrazia e la grandezza dell'Impero Romano. E poi il Rinascimento a Firenze e il fermento culturale di Timbuctù; l'Impressionismo francese a fine '800, l'opera d'arte totale dei primi del '900 a Vienna e la cultura rivoluzionaria degli anni '20 in Russia, la scena del jazz newyorchese negli anni '50 e la caduta del muro di Berlino.
E' una lunga e sorprendente avventura nella creatività il libro per bambini e ragazzi"VIAGGIO NELL'ARTE DI TUTTO IL MONDO E DI TUTTI I TEMPI" DI AARON ROSEN (GALLUCCI, PP.144, 18.70 EURO). In 30 tappe, l'autore racconta con un linguaggio fresco e semplice i momenti principali dell'arte attraverso l'evolversi delle epoche, dagli albori dell'uomo ai giorni nostri, incontrando popoli e civiltà. A spingere Rosen ad affrontare un'impresa così ambiziosa la convinzione che "qualunque cultura in qualunque epoca merita di essere studiata" e che quello proposto nel libro è solo uno dei tanti possibili itinerari da compiere per scoprire il mondo dell'arte, ricordando che ogni opera non è mai slegata dal contesto che l'ha prodotta. Accanto al racconto accattivante della storia di culture, movimenti artistici, monumenti e grandi personaggi, non mancano piccoli flash su ideologie, politica e religione e intersezioni con altri linguaggi, come il cinema, la letteratura, la musica e l'architettura.
A colpire occhi e immaginazione ci pensano poi le illustrazioni di Lucy Dalzell insieme alle fotografie delle opere d'arte, dal David di Michelangelo al Fregio di Beethoven di Klimt, mentre i termini più difficili sono spiegati in un glossario a fine libro. In questo lunghissimo e appassionante viaggio, i più piccoli avranno a disposizione una vera miniera di informazioni ma anche di meraviglie: potranno rendersi conto di quanta bellezza, diversità e profondità di pensiero sono state prodotte nella storia dell'umanità, dalla preistoria a oggi. Un patrimonio a portata di mano che aspetta solo di essere scoperto, non soltanto sui libri però: l'invito di Rosen è infatti quello di ammirare l'arte dal vivo, viaggiando il mondo in lungo e in largo, armandosi di curiosità e magari di matita e quaderno, per disegnare e portare la bellezza sempre con sé.
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Il rito del tè nel mondo dalla Cina all’Inghilterra



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ISTANBUL - Salato, freddo, con foglie di menta, con cardamomo o con anice stellato: ci sono mille modi per bere il tè, bevanda ricavata dall’infuso di foglie di Camellia sinesi Kuntze con l’aggiunta di spezie, erbe ed essenze. Nata nel III secolo nella Cina meridionale è la bevanda più conosciuta e popolare al mondo, soprattutto in Oriente dove originariamente veniva preparata con foglie cotte a vapore, pestate in un mortaio e ridotte a un panetto che veniva poi bollito con riso, zenzero, sale, buccia di arancia, spezie, latte e a volte cipolle. Nei secoli la bevanda si è diffusa con ingredienti e modi diversi di prepararla: ogni Paese, infatti, ha un modo riconoscibile di degustarla, spesso con cerimonie e riti tradizionali che meritano di essere conosciuti. Ed’ proprio dalla Cina che partiamo per un viaggio intorno al rito del tè.
Secondo un’antica leggenda l’uso del tè venne scoperto nel 2737 dall’imperatore cinese Shen Nung, a cui cadde incidentalmente una foglia di tè in una tazza d’acqua calda. Da allora il tè divenne una bevanda popolare e diffusa, accompagnata da un rito molto suggestivo che si chiama Gongfu Cha. E’ un modo raffinato di servire il tè seguendo regole precise: si riempie metà teiera in ceramica di foglie di tè, si versa acqua calda sulle foglie e dopo qualche istante si getta la prima infusione su un vassoio di legno dotato di un serbatoio; quindi si ripete l’operazione gettando acqua bollente sulle foglie già ammorbidite e si sorseggia il tè come un liquore in minuscole tazze di ceramica sottile, quasi trasparente. Generalmente si ripetono fino a 6 operazioni sulle stesse foglie di tè e ogni infusione risulta diversa dalla precedente; gli intenditori amano in modo particolare la seconda e la terza, perché risultano essere le più equilibrate. In Cina le varietà di tè sono tantissime, anche se quella verde è la più diffusa: il Long Jing è senza dubbio il miglior tè, apprezzato per il suo carattere tostato e il sapore fruttato, mentre il Pi Lo Chun è una varietà molto rara, prodotta da germogli lanuginosi e da giovani foglie che si trovano solo nelle montagne del Dong Ting. Sono popolari anche la varietà ai fiori di ibisco, giglio e gelsomino, profumatissima e dall’aroma delicato.
Ancor più affascinante è la cerimonia del tè che si fa in Giappone: la Chado o Cha no yu, un rito secolare influenzato dal Buddismo Zen, codificato da Sen no Rikyu, famoso maestro del tè, che ha dato vita a una vera arte meditativa basata sui concetti di armonia, rispetto, purezza e tranquillità. La raffinata cerimonia, sviluppata nel corso del XV secolo, si svolge all’interno di piccoli edifici di legno situati in giardini ricchi di acqua e di rocce, e coinvolge sia chi prepara il tè sia gli ospiti, che seguono precise regole di abbigliamento e di etichetta. La casa del tè, infatti, comprende una sala da cerimonia, una stanza per la preparazione e una piccola sala d’attesa. Per il rito, che tradizionalmente dura 4 ore, si usano la ciotola chawan, il contenitore chaire, il frullino di bambù chasen e il dosatè di bambù chashaku. Nella prima parte viene servito un pasto leggero di sette portate e nella seconda si servono il tè denso koicha e quello più leggero usucha; in questa seconda parte il maestro del tè lava il frullino e la tazza e li asciuga lentamente con un fazzoletto, quindi prende il contenitore del tè, preleva la polvere di tè verde, e versa un mestolo d’acqua bollente in una ciotola e lo mescola con il frullino fino a ottenere una schiuma finissima, chiamata “schiuma di giada”. Mentre il cerimoniere mette la ciotola vicino al braciere con il bollitore dell’acqua, l’ospite si avvicina con un inchino e prende la ciotola mettendola sul palmo della mano sinistra e dopo aver bevuto un sorso, pulisce il punto della tazza da cui ha bevuto e passa la ciotola ad altri ospiti. Tra le tante varietà di tè, la più diffusa in Giappone per la tradizionale cerimonia è la matcha, polvere di tè verde nota per le sue proprietà antiossidanti; le altre sono il bancha, profumato e digestivo, e il sencha, perfetto per accompagnare il sushi.
Restando in Oriente, in Tibet si beve il Po Cha, tè nero Pemagul con burro e sale, raccolto in grandi termos colorati. I tibetani amano mescolare una noce di burro di yak, sale, zenzero e latte alle foglie di tè sminuzzate, macerate e versate poi nell’acqua bollente. L’uso insolito del grasso è quasi un’esigenza per la popolazione che vive in alta quota e deve affrontare le rigidissime temperature dell’Himalaya.
Il tè delle 5 del pomeriggio è il rito più diffuso e popolare tra le tradizioni britanniche: ogni giorno in Gran Bretagna si bevono 120 milioni di tazze. Citato per la prima volta nel 1660, il tè è diventato una consuetudine pomeridiana, grazie alla settima duchessa di Bedford che nel XIX secolo la fece diventare una vera istituzione. Il rito dell’afternoon tea venne subito accompagnato da regole di etichetta e dalla nascita di accessori e utensili, come le scatole in cui conservare le foglie fragranti, gli infusori, le zuccheriere, le lattiere, le teiere e i servizi da tè in porcellana o d’argento. Per accompagnare il tè, sono nati dolci alla marmellata, piccoli sandwich come quelli famosissimi al cetriolo, muffin e crumpets, succulenti frittelle. Oggi il rito del tè pomeridiano è presente in ogni famiglia inglese anche se la bevanda viene consumata a ogni ora, quasi sempre accompagnato dal latte. La preparazione del tè segue cinque regole, adatte alla varietà più diffusa in Inghilterra, quella nera in foglie spezzate, una miscela proveniente da Ceylon e dall’Africa: si riscalda la teiera con acqua bollente, si aggiunge un cucchiaino di tè per persona più uno per la teiera, si versa l’acqua calda sulle foglie e si tiene in infusione da tre a cinque minuti; infine si mescola e si serve.
In Marocco la cerimonia del tè è una parte imprescindibile della cultura dell’ospitalità nordafricana: ovunque, nei locali o per strada, si assiste al bellissimo rito del tè verde cinese Gunpowder, fresco e dissetante, un’aromatica miscela di foglie di menta e addolcita da 5 zollette di zucchero. Rifiutare un bicchiere di tè, in Marocco, è una vera offesa all’ospitalità locale. La tradizione del tè caldo marocchino è legata alla cultura nomade dei beduini, che da secoli utilizzano questa bevanda per dissetarsi e far fronte agli sbalzi termici delle regioni desertiche. La cerimonia Atay Naa Naa è accompagnata da gesti lenti e ben calcolati che generalmente il capo famiglia svolge a fine pasto o durante la giornata in alti bicchieri decorati posti su un grande vassoio cesellato. Nella preparazione si mette un po’ di tè verde in due teiere di metallo dalla forma panciuta e con un lungo beccuccio, i Barrad; poi si aggiunge una tazza di acqua bollente e si versa in un bicchiere che si tiene da parte, errouh o anima del tè. Quindi si versa di nuovo acqua bollente nella teiera e si risciacquano le foglie per toglierne lo sfondo amaro; in ogni teiera si aggiungono foglie di menta, un grosso pezzo di pan di zucchero, l’anima del tè e l’acqua bollente. Dopo pochi minuti di infusione, si mescola l’infuso, lo si passa in un bicchiere e poi di nuovo nella teiera; dopo averlo assaggiato, si alza la teiera ad almeno un metro dai bicchieri e si versa il tè da offrire agli ospiti. Il tè viene accompagnato da squisiti dolci e generalmente viene offerto in tre bicchieri. I nomadi del deserto, invece, usano per il rito piccole teiere in metallo smaltato, riempite di foglie di tè, acqua e zucchero.
La tradizionale teiera in Russia è il samovar, letteralmente “che bolle da sè”: inventato agli inizi del Settecento, è un grande bollitore, simile a una caldaia, che contiene diversi litri d’acqua per la preparazione del tè. Spesso nei romanzi veniva descritto come fonte di calore attorno al quale la famiglia si riuniva e come momento di convivialità. Viene ancora usato, soprattutto nelle zone rurali, ma se un tempo un pezzo di carbone di legna veniva acceso nella parte centrale del samovar, oggi è elettrico con un concentrato di tè nella parte superiore e un termostato che regola la temperatura dell’acqua a seconda dei diversi tipi di miscela. Quando l’acqua comincia a bollire viene versata da un piccolo rubinetto sul profumatissimo concentrato di foglie di tè, preparato nella piccola teiera collocata al di sopra del samovar. Il tè viene bevuto zuccherato in tazze o bicchieri con sottopiatti e, secondo un’antica tradizione, si beve tenendo una zolletta di zucchero tra i denti e sorseggiando la bevanda.
Il tè in India si chiama chai e si beve arricchito con cannella, cardamomo, pepe nero e chiodi di garofano e addolcito con latte caldo e zucchero, talvolta con zenzero fresco grattugiato. E’ probabilmente la bevanda più diffusa, introdotta dagli inglesi agli inizi dell’800, e si consuma caldissima in bicchierini di vetro, altre volte in ciotole di terracotta, nelle case, nei locali e persino per strada. D’altronde l’India è con la Cina uno dei produttori mondiali maggiori di tè, in particolare di masala chai, un tè nero aromatizzato con spezie. In realtà la pianta del tè era presente nel Paese da millenni, ma l’infuso di foglie veniva usato solo come medicinale; dal 1830 gli inglesi lo diffusero come bevanda e soprattutto lo resero uno dei prodotti più redditizi dell’economia coloniale del Regno.
Anche in Turchia il tè è una bevanda molto diffusa: il cay, tè nero dal gusto e dall’aroma forti proveniente dalle regioni del Mar Nero, viene servito in bicchieri decorati a forma di tulipano. Anche la teiera è particolare e decorata: è divisa in due e dalla parte superiore il tè scende verso il basso dove viene diluito con acqua bollente.
In Sudamerica, soprattutto in Argentina e in Uruguay, la bevanda più diffusa è il mate, un infuso di foglie, seccate e sminuzzate, con un procedimento simile a quello del tè. Il consumo di mate è un rito quotidiano: si beve caldissimo, sorseggiandolo da una cannuccia di metallo infilata in un fiaschetto a forma di zucca dopo i pasti o durante la giornata.

EICMA, IL SUCCESSO DELLA 76ª EDIZIONE CORRE ANCHE SUL WEB


Il presidente Dell’Orto: “La qualità dei contenuti digitali prodotti conquista sempre più utenti ed è un servizio per le aziende che espongono”




Milano, 14 nov. – Il successo di EICMA 2018 conquista anche la rete. La settimana milanese più importante al mondo per gli appassionati delle due ruote non è stata scandita solo dal numero di anteprime presentate, padiglioni attraversati e prodotti toccati con mano, ma anche dalla quantità di emozioni digitali suscitate. La 76ª Edizione dell’Esposizione Internazionale Ciclo, Motociclo e Accessori, chiude infatti i battenti a Fiera Milano-Rho con numeri record anche sul web.

Nei giorni di EICMA l’ufficio stampa e la redazione on line hanno scattato 10mila foto, girato oltre 47 ore di filmati prodotti in sei stazioni di editing, pubblicato sul sito web dell’evento espositivo 160 news, diffuso 15 comunicati stampa istituzionali, editato 52 footage video degli stand e percorso oltre 250 km all’interno del quartiere fieristico. Contenuti che anche attraverso le piattaforme social e digital ufficiali hanno raggiunto tantissimi appassionati ed addetti ai lavori. Sono infatti più di 900mila le visite al sito eicma.it e oltre 20mila i download dell’applicazione dedicata. E a stupire sono anche i numeri che riguardano l’attività sui canali social di EICMA: 1,3 milioni di utenti raggiunti e oltre 6,4 milioni di visualizzazioni dei post su Facebook e più di 850mila impression su YouTube, con 200mila minuti di visualizzazioni e quasi 58mila spettatori unici.

Grande successo anche per il canale Instagram, che durante la manifestazione ha fatto segnare un più 72% nel numero di follower, raggiungendo con le immagini e i video postati oltre 750mila persone e totalizzando circa 2,5 milioni di impression. Una tendenza confermata anche dalla popolarità ottenuta attraverso più di cento stories pubblicate sul social network di proprietà Facebook, che hanno totalizzato quasi un milione di impression.


“I social, e più in generale la rete, non solo hanno reso globale la competizione per coinvolgere nuovi utenti, ma – ha commentato il presidente di EICMA Andrea Dell’Orto - sono stati al contempo causa ed effetto dell’affermazione di un pubblico di appassionati sempre più esigente, che siamo riusciti ad ingaggiare e conquistare con la qualità dei contenuti prodotti. Approcciare il web con la qualità è una sfida avvincente e rappresenta un vantaggio anche per le imprese che scelgono EICMA per esporre i loro prodotti. Il successo digitale di questa edizione ci riempie di soddisfazione, perché segniamo un'altra tappa importante nel potenziamento della nostra strategia digitale”.