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ESPOSIZIONE MONDIALE: IL SOGNO RIMANDATO Il grande cantiere Dubai è a caccia di abitanti

Prevista per il 20 ottobre del 2020, Expo era un evento atteso dal 2013, la Pandemia però ha sconvolto tutto. Così ora la città abituata a fare di ogni sfida un'opportunità, sta lavorando con lo stesso impegno in vista della nuova inaugurazione il 1° ottobre 2021

di Elena Montobbio

La spiaggia di Dubai Marina, una delle zone della città più ambite dagli stranieri (Credit: Alessandro Fasolo Garzia)
La spiaggia di Dubai Marina, una delle zone della città più ambite dagli stranieri (Credit: Alessandro Fasolo Garzia)

Venti ottobre duemilaventi. Suona bene, sarebbe stata una bella data per dare inizio all'Expo. Ma la pandemia è arrivata a sconvolgere tutto. Lo scorso 4 maggio, il Bureau dell'Esposizione Universale decideva – con due terzi di voti a favore – di rimandare l'evento atteso dal 2013, anno in cui Dubai aveva visto trionfare la sua candidatura. Nella città simbolo degli Emirati Arabi Uniti, che vive sul motto If you can dream it, you can make it, i lavori erano a buon punto.

I cantieri aperti non hanno mai chiuso del tutto, le infrastrutture sono oggi in gran parte completate, la metropolitana che collega l'area espositiva alla città e agli aeroporti è già pronta. Greta Nardeschi, che vive a Dubai da quattordici anni, è una delle poche italiane che lavorano per Expo a essere rimasta in città durante la fase più dura dell'emergenza sanitaria. Fa parte della squadra Marketing & Sales, dirige la creazione e gestione di brand sul territorio, tiene i rapporti con gli enti aeroportuali. Abituata a fare di ogni sfida un'opportunità, sta lavorando con lo stesso impegno in vista della nuova inaugurazione di Expo, il 1° ottobre 2021.

«Ci sono molte cose da fare, bisogna rivedere completamente contenuti, programmi, gruppi di lavoro, obiettivi, iniziative, partecipazioni, contratti», racconta a IL. «In più, tutto il capitolo relativo alle nuove misure per garantire la salute dei visitatori. Un grande compito da svolgere, che portiamo avanti con ottimi risultati e il continuo supporto dei Paesi partecipanti (192 in tutto) e del Governo locale. The show must go on! La promessa degli Emirati Arabi Uniti, e della città di Dubai, è ancora salda».

I cantieri che non si sono fermati non riguardano soltanto i progetti infrastrutturali. È quasi giunta al termine la costruzione di Dubai South, un nuovo quartiere residenziale con piscine e campi da golf, pensato per il ceto medio borghese, che sta nascendo nel deserto accanto all'area espositiva. Sarà comodo per chi fa il pendolare tra Abu Dhabi e Dubai e per chi deve viaggiare spesso in aereo. La nuova area abitativa si trova infatti a pochi minuti di auto dal secondo aeroporto della città, il Maktoum Internazional Airport, che nei piani dovrebbe diventare più grande del Dubai International Airport, il secondo hub più trafficato al mondo: uno scalo che si sviluppa su un'area di 3.400 ettari, contribuisce per oltre 18 miliardi di euro al Pil del Paese e rappresenta una fonte di occupazione per circa il 19 per cento dei suoi abitanti.

La città è cresciuta, continua a crescere, ha vissuto un boom edilizio che rischia ora di rivelarsi una grande bolla. Sono aumentati gli immobili, ma la popolazione – che oggi supera i tre milioni di abitanti ed è composta al 90 per cento da stranieri – non è cresciuta allo stesso ritmo. Roberta Di Siena, che nel 2008 ha preso un volo di sola andata per Dubai e oggi ha uno studio di consulenza da cui segue le aziende italiane ed europee che intendono investire nella regione del Golfo, non ha dubbi: «Il mercato immobiliare sta sicuramente vivendo una crisi. I prezzi sono calati del 30 per cento nell'arco dell'ultimo anno e mezzo. Tengono solo alcune zone come Dubai Marina e il Financial District, dove la discesa si è fermata a circa il 15 per cento. Dubai è diventata improvvisamente una città con abitazioni che hanno costi in linea con Londra e Parigi, anzi in alcuni casi anche più economica», racconta a IL. Adesso si può addirittura prendere in considerazione di vivere nel celeberrimo Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo (820 metri).

Fino a non molto tempo fa, per affittare una casa in città era necessario effettuare in anticipo il pagamento di un anno; adesso vengono accettati anche assegni mensili (ma così facendo si perde quello sconto del 5/10 per cento che i proprietari attuano a chi salda tutto e subito). E attenzione a non pagare: avere debiti è un reato e le autorità aeroportuali applicano a tutti i morosi il Travel Ban, ovvero l'impossibilità di lasciare il Paese. Rischia il carcere chi ha uno scoperto superiore ai 46mila euro e, se non si può far fronte al pagamento, bisogna sperare nella grazia dello sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum; la stessa grazia che soltanto i nativi degli Emirati possono ricevere prima del Ramadan, quando le banche ricevono l'ordine di cancellare alcuni insoluti (una rata del mutuo o della macchina, per esempio) per far vivere il mese del digiuno senza grattacapi.

Nonostante il crollo dei prezzi e i cantieri che offrono nuovi appartamenti in continuazione, secondo Roberta Di Siena e la collega Manuela Vaccarini (che si occupa di mantenere il rapporto con i costruttori per procura dei proprietari, della consegna delle case pronte e della ricerca degli inquilini), «all'interno del mercato immobiliare di Dubai rimangono ancora alcune buone possibilità di investimento: chi compra nelle zone giuste e mette a reddito con l'affitto, può guadagnare fino al 7 per cento annuo».

Tra i nuovi progetti che meritano di essere segnalati, secondo Vaccarini, c'è District One, situato alle spalle del cuore finanziario della città. È un quartiere super lusso, circondato da piste ciclabili, con parchi acquatici, una laguna di acqua cristallina e canali. Qui lo sceicco viene spesso, per rilassarsi a cavallo o andare in bicicletta. Molti appartamenti sono già ultimati, ma i lavori proseguono: sorgerà un centro commerciale ancora più grande del vicino Dubai Mall (che conta 1.300 negozi e più di 200 ristoranti) con una nuova pista da sci (più grande di quella che ha adesso Dubai) e un nuovo acquario.

A District One, una villa di 700 metri quadrati con piscina privata, quattro camere da letto e sei bagni costa 1 milione e 700mila euro. Attenzione, affermano Di Siena e Vaccarini, a non farsi illudere dalle luci spente alle finestre: «Non è necessariamente indice di abitazioni rimaste invendute. Nei weekend e durante le feste arrivano i proprietari da Bahrein, Iran, Arabia Saudita, Cina e Qatar per godersi le loro super seconde (o terze) case».

Il governo di Dubai, anche per far fronte alla crisi del mercato degli immobili, si sta però muovendo per attrarre nuovi cittadini: gli stranieri che investono un milione di dirham (circa 230mila euro) hanno diritto a un Investor Visa, un visto valido per sé e tutti i membri della famiglia della durata di tre anni e rinnovabile, più una licenza per svolgere lavori di consulenza. Dal 2 settembre è inoltre possibile presentare l'applicazione per ottenere un Retirement Visa valido a vita. I requisiti? Aver compiuto 55 anni, comprare (senza mutuo) una casa del valore minimo di 2 milioni di dirham (460mila euro), risiedere stabilmente negli Emirati Arabi Uniti e, ovviamente, aver scelto Dubai come luogo dove vivere gli anni della pensione.

Allo stesso tempo, l'ente del turismo sta cercando di rilanciare l'immagine della città presentandola al mondo come capitale dei primati e della tecnologia e nuova culla della cultura araba. Bisogna attrarre nuovi turisti, gli alberghi sono ancora vuoti e le camere svendute a prezzi stracciati. Maria Corea, italiana e guida turistica a Dubai, ha vissuto momenti più floridi nella sua carriera.

«Il prossimo Expo sarà il più inclusivo della storia, è infatti prevista anche la partecipazione di Israele e un afflusso di visitatori stimato sui 20 milioni», dichiara a IL. «Il mancato svolgimento dell'evento 2020 è stato un colpo per noi e la città, attendiamo tempi migliori; come tutto il mondo, del resto».

ilsole24ore.com



Aspettando Expo Dubai 2020. Come Italia ed Emirati puntano allo Spazio

 



Con Giorgio Saccoccia, Massimo Comparini e Luigi Pasquali, Italia ed Emirati annodano i fili dello Spazio in attesa di Expo 2020. Non casuale che il prossimo anno dedicherà una delle settimane di apertura ai temi dell’esplorazione spaziale e alle tante implicazioni per la vita umana, dalla difesa all’ecologia

Abu Dhabi – “Lo spazio è una grande piattaforma di crescita e collaborazione reciproca”. È questa l’immagine proposta da Massimo Claudio Comparini, amministratore delegato di Thales Alenia Space Italia, durante il webinar organizzato dall’Ambasciata Italiana ad Abu Dhabi nel quadro del ciclo di conferenze InnovItalyUae. Sfidando i limiti imposti dalla minaccia Covid, la vetrina virtuale organizzata dall’ambasciatore italiano Nicola Lener ha coinvolto rappresentanze istituzionali ed economiche dello spazio in Italia e negli Emirati, senza trascurare il mondo accademico locale, con la Khalifa University Space Technology and Innovation Center (Kustic) e la New York University Abu Dhabi.

La nuova space economy, che fa rima con la parallela space diplomacy, sembra essere solo all’inizio di una età dell’oro. Un mondo dinamico, in grande fermento, terreno fertile per idee, innovazione, eccellenze tecnologiche, dinamismo imprenditoriale. Non è un caso, infatti, che il prossimo anno, Expo 2020 dedicherà una delle settimane di apertura proprio ai temi dell’esplorazione spaziale e alle sue tante implicazioni per la vita umana, dalla difesa all’ecologia, dalle comunicazioni alla medicina. Intanto, però, Italia e Emirati Arabi Uniti rinsaldano i fili annodati nel 2016, anno del kick-off alla cooperazione bilaterale inaugurata dal Memorandum of understanding che ad oggi costituisce la cornice regolativa di progetti comuni.

Da allora, molta strada è stata compiuta da entrambe le parti. Downstream e upstream, vale a dire nell’osservazione della Terra e nell’esplorazione spaziale. In questi anni, negli Emirati è nato il Mohammed Bin Rashid Space Center di Dubai. Con grande risonanza mediatica è stata lanciata la sonda Hamal verso Marte. Il primo astronauta emiratino Hamza al-Mansoori ha raggiunto la Stazione spaziale internazionale, mentre il KhalifaSat, lanciato nel 2018, dimostra la progressiva autonomia degli Emirati nella progettazione e produzione di satelliti.

Con il passo da velocista che lo contraddistingue, il giovanissimo Paese ha bruciato alcune delle tappe raggiunte in decenni dai tradizionali protagonisti dello spazio, affermandosi, nel quadrante mediorientale, come epicentro coordinativo delle 14 agenzie spaziali facenti capo ad altrettanti paesi arabi, come ha ricordato Mohammed Nasser Al Ahbabi, direttore generale della Uae Space Agency. E intanto gli Emirati già guardano al 2117, programmando un primo insediamento umano su Marte con una vision addirittura secolare, come ha detto Hamad Al Marzooqi, Project Manager della Emirates Lunar Mission, Mohammed Bin Rashid Space Center (MBRSC).

Nel frattempo, però, l’Italia non è certo rimasta rimasta a guardare. Giorgio Saccoccia, presidente dell’Asi Agenzia Spaziale Italiana, ha sciorinato numeri in continua  crescita: con oltre 7.000 lavoratori, che fanno capo in gran parte al campione nazionale Leonardo e a oltre 250 tra tra piccole e medie imprese, l’assetto economico conta un incremento del 74% in 5 anni nel numero di start up e genera un fatturato annuo di circa 2 miliardi di euro. Protagonista ormai non solo in Europa, l’Italia copre l’intera filiera dello spazio, con una presenza completa che si articola lungo tutta la catena del valore, dalla manifattura alla ricezione ed elaborazione dei dati in arrivo.

Tra i gioielli nazionali citati da Saccoccia, il più grande investimento nell’osservazione satellitare della Terra risponde al nome di Cosmo-SkyMed. Strumento prezioso per il sostegno all’agricoltura, per il monitoraggio di coste, oceani, ghiacci polari, il programma è guidato dalle joint venture di Leonardo, Thales Alenia Space e Telespazio, con il contributo di tante Pmi del paese. Luigi Pasquali, amministratore delegato di Telespazio, ha ricordato che i dati raccolti sono poi commercializzati in tutto il mondo da e-Geos, oggi sul podio dei maggiori service provider a livello globale.

Le credenziali italiane appaiono, insomma, del tutto invidiabili. Solo in ordine di tempo, contano il vettore europeo Vega di realizzazione italiana, partito con il suo carico di 53 satelliti, tra nano, micro e minisatelliti, aprendo la strada ai trasporti spaziali low cost che permettono risparmi grazie al “rideshare”. Grande attenzione anche su ExoMars, la doppia missione dell’Esa per l’esplorazione di Marte a guida italiana, realizzata in collaborazione con la russa Roscosmos State Corporation. Grande orgoglio nazionale anche per i rover della stessa missione e per il nuovissimo centro di controllo ROCC, uno dei più grandi terreni di prova marziani d’Europa, inaugurato lo scorso 30 maggio a Torino.

E poi ancora le molteplici relazioni internazionali, dal programma Shalom, in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Israeliana, alla recente dichiarazione d’intenti fra Italia e Stati Uniti per il programma Artemis, la missione della Nasa che intende riportare l’uomo sulla Luna nel 2024. In in una sorta di revival, dopo i favolosi anni Sessanta, dominati dall’allunaggio ormai patrimonio di un epos collettivo, la corsa alla Luna torna, infatti, di stretta attualità. E anche in questo rinnovato capitolo dell’esplorazione spaziale, l’Italia farà la sua parte partecipando al progetto della piattaforma orbitale lunare che sarà costruita da una cordata di partnership internazionali a guida americana. Si tratta del Lunar Orbital Platform-Gateway, a cui l’Italia è pronta a contribuire con la realizzazione dei moduli pressurizzati, come ha ricordato Comparini.

Insomma, in attesa di ammirare, accanto alla copia del David, capolavoro rinascimentale di Michelangelo, anche le meraviglie della trivella spaziale, dell’orologio atomico e del convertiplano, protagonisti delle installazioni dell’azienda Leonardo per il Padiglione Italia, i partner istituzionali ed economici dei due paesi affinano le strategie per nuove fruttuose sinergie. Confindustria, è pronta a fare la sua parte, ha detto Giuseppe Aridon, presidente della Sezione Spazio di Aiad. Appuntamento ad ottobre 2021, tra un anno esatto, all’apertura dei cancelli dell’Esposizione Universale di Dubai, per capire come è andata.

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Firmato un protocollo d’intesa tra Accademia italiana del tartufo e Associazione italiana sommelier, in vista di Expo 2020 Dubai







Testo e foto Maurizio Ceccaioni

C’è un vino ideale per il tartufo? Ovvero, che tipo di tartufo ha un suo vino ideale? Una riflessione per niente peregrina che potremmo aver fatto in molti e che certo, sicuramente in termini più eleganti, l’avranno fatta anche quelli dell’Accademia Italiana del Tartufo (Ait) e dell’Associazione Italiana Sommelier (Ais). Così il 22 gennaio 2020 hanno firmato a Roma, presso la sede Confederazione italiana agricoltori (Cia), un “patto del gusto” tra vino e tartufo. Un Protocollo d’Intesa per promuovere e valorizzare questi due simboli dell’enogastronomia italiana di qualità, eleggendoli ad alfieri dell’Italia nel mondo e ambasciatori del nostro Paese in vista della prossima EXPO 2020 a Dubai, negli Emirati Arabi.

L’accordo, sottoscritto da Giuseppe Cristini (pres. Ait) e Antonello Maietta (pres. Ais), è stato siglato alla presenza del sottosegretario al Ministero degli Affari Esteri (Maeci), Manlio Di Stefano, del presidente Cia Dino Scanavino, del direttore Ait Davide Feligioni e Luca Brunelli, presidente Cia Toscana.


Consegna del Protocollo Ais-Ait al sottosegretario Di Stefano

Il Protocollo d’intesa, che avrà durata di tre anni dalla firma, è composto da 8 articoli, riguardanti in particolare l’avvio di una più stretta collaborazione tra le due associazioni, con l’obiettivo di promuovere e valorizzare in diversi modi, il connubio vino-tartufo, come baluardi d’identità culturale e gastronomica di ogni zona d’Italia.

Tramite il sottosegretario Di Stefano, il documento sarà consegnato al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Ma arriverà anche nelle mani di Paolo Glisenti, un manager di lungo corso che, grazie alla sua rete di relazioni internazionali approdò prima a Expo Milano 2015 e oggi guida la delegazione italiana all’Expo Dubai 2020 in veste di Commissario Generale di Sezione per l’Italia.
«L’Esposizione Universale di Dubai è un’occasione preziosa per il nostro settore enogastronomico, che secondo le statistiche, vede i nostri prodotti primi in Ue sia in qualità che genuinità», ha sottolineato Manlio Di Stefano. «Tartufo e vino – ha continuato – sono due grandi eccellenze dell’agroalimentare italiano e sono certo che questa collaborazione tra Ais e Ait darà ulteriore slancio alla diffusione della cultura gastronomica italiana nel mondo».
L’incontro, ottimamente animato e condotto dal giornalista Gianluca Semprini (Sky e Rai), è stato introdotto dal padrone di casa, Dino Scaravino, che tra l’altro ha rimarcato la necessità del recupero e la valorizzazione dei terreni abbandonati per lo spopolamento dei paesi. «Se c’è terra buona – ha ricordato Scaravino – ci può essere del tartufo, una sentinella della qualità ambientale e patrimonio di tutti quelli che non hanno abbandonato le aree naturali».
Poi, guardando alla sua sinistra verso sottosegretario Di Stefano, ha ricordato ai presenti come alla Fiera d’Alba sia stato regalato al politico un cane da tartufo (attualmente in addestramento), che a breve potrebbe già portare i primi frutti al proprietario: «Magari con un bel tartufo», ha detto ammiccando.
Come ha ricordato il presidente Ait Giuseppe Cristini, «Vino e tartufo raccontano la bellezza italica e questo sarà il contratto più profumato della storia, un vero accordo di gran gusto». Quel tartufo, «Lusso democratico», ingrediente della nostra gastronomia spesso ritenuto erroneamente inaccessibile ai più.
L’intenzione è dare maggiore impulso a quel marchio Truffle Style conosciuto in tutto il mondo, con una Dop del tartufo legata a una filiera corta controllata e certificata attraverso un Albo, e la formazione, dal cavatore alla vendita. Però, per accreditare persone qualificate, serve fare un’attenta scrematura tra gli oltre 250 mila cavatori di cui si è a conoscenza. Tra questi, quelli definiti da Cristini «Cavatori della domenica». Tra loro gente senza scrupoli, che avvelena i cani altrui con polpette avvelenate è aggredisce fisicamente chi entra nel “loro territorio”. «Dobbiamo sgombrare il campo da questi personaggi!», dice con decisione il presidente Ait.
In questo, gioca un ruolo fondamentale l’individuazione dei cosiddetti “Paesi custodi”, cioè una rete di Comuni certificati (o Unioni montane), distintisi per le loro attività propositive in tema di sostenibilità dei loro territori e progetti di filiera integrata di richiamo turistico, legata al mondo del tartufo. Saranno riconoscibili da un loro marchio e visibili in un elenco sul sito dell’Accademia del Tartufo.
Tra i tanti obiettivi, la tutela e valorizzazione del tartufo e la sua biodiversità; la messa a fattor comune di esperienze e iniziative per la salvaguardia ambientale; il recupero virtuoso di zone abbandonate e l’utilizzazione ottimale delle risorse del territorio, creando ecosistemi sostenibili e individuando aree idonee per entrare nel novero delle “zonizzazioni cru”; dare nuovo impulso specie all’imprenditorialità giovanile, con investimenti e iniziative a favore delle tipicità locali e della formazione mirata di operatori turistici. Il riconoscimento come “Paese custode” sarà rinnovabile e avrà la durata di tre anni. Per la modulistica e l’invio delle domande di partecipazione: Accademia del Tartufo.

Come ha tenuto a precisare il presidente Ais Antonello Maietta, «Questo connubio è stato accolto con convinzione per contributo che il mondo dei sommelier può dare nel racconto del territorio e di chi lo anima». Un accordo alla cui base c’è il rispetto dell’ambiente e della salvaguardia della biodiversità. Temi che saranno anche le parole d’ordine della Giornata Nazionale della Cultura del Vino e dell’Olio in programma il prossimo 9 maggio, dove l’Associazione italiana Sommelier celebrerà anche il suo decimo anniversario.
«Abbiamo tante iniziative in mente e un’idea è anche quella di realizzare una rete di ristorazione di qualità legata al tartufo in ogni zona d’Italia», ha chiosato il direttore Ait Davide Feligioni. In tal senso «Vogliamo raccontare con uno stimolo nuovo, tutti quei locali che utilizzano il tartufo – specie quello italico – in maniera etica, anche attraverso una guida, pure sul web». Una guida che invece delle “Stelle Michelin”, avrà come simbolo di qualità i tartufi.
Tra le osservazioni fatte, il problema dell’enorme proliferazione dei cinghiali e in generale degli animali predatori, sollevato dal presidente Cia Toscana Luca Brunelli, per il quale che non solo distruggono l’habitat naturale del tartufo, ma principalmente mettono seriamente a repentaglio l’incolumità delle persone, per gli incidenti di cui sono la causa principale.
A margine dell’incontro c’è stata la proposta per il ripopolamento a tartufo delle aree abbandonate, specie quelle dopo lo spopolamento a seguito di terremoto, da parte di Truffleland, il grande vivaio della famiglia Urbani, che a Scheggino (Pg) produce piante micorrizate da tartufo.
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