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Athens denies extradition for 'No Expo'

(ANSA) - Milan, January 8 - Judges in Athens have turned down Italy's extradition request for two out of five Greek anarchists arrested in violent May 1 protests against the opening of the Milan expo world's fair, judicial sources said Friday.
    Legal sources said the ruling may have been due to the fact that the charges against the two, of "pillaging and plundering", are not on the statute book in Greece.
    In Italy they carry jail terms of up to 15 years.
    Italian police in November arrested 10 people in Italy and Greece in connection with the anti-Expo clashes that turned violent on May 1, the opening day of the world's fair.
    The suspects - five Italians and five Greeks - face charges of destruction and looting, aggravated resistance to a public official and misrepresentation.
    Eight of the suspects - four Greeks and four Italians - were taken into custody, while the remaining two were on the run.
    A further five suspects - three Milanese, one person from Como and one Greek national - are out on bail.
    The suspects all belong to anarchist groups that infiltrated a peaceful anti-Expo march, lobbing Molotov cocktails and fireworks at police, setting cars on fire, and destroying shop windows.
    They were identified after police analysed over 600 GB of photographic and video material.
    "We extrapolated hundreds of stills highlighting every smallest detail useful in singling out the authors of the crimes," police sources said at the time of the arrests.
    The Greek anarchist group was pinned down after 14 members drew the attention of cashiers at a Milan supermarket where they were shopping on May 2.
    The cashiers called the police.
    Investigators say the suspects formed a single 'black bloc' that carried out over 100 acts of devastation in complicity "with at least 300 people".
    One of the suspects is Greek anarchist Alexandros Kouros, who investigators say was the most dangerous and active in causing violence.
   
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Soldi sul dopo Expo2015, non alle Olimpiadi

Sabrina Cottone Che cosa accadrà di Expo dopo l'Expo? La domanda è tutt'altro che peregrina in un momento in cui il manager che ha legato il suo evento al 2015, Giuseppe Sala, è tutto concentrato sulla battaglia elettorale per vincere le primarie di Palazzo Marino. I destini dell'area rimangono incerti e, anche se il governo è interessato alla partita, il problema restano i soldi che mancano all'appello, in un momento in cui i fondi pubblici a dir poco scarseggiano. E così ecco arrivare la protesta della Lega e di Forza Italia in Lombardia, che chiedono al governo Renzi di rivedere le sue priorità e di concentrare gli sforzi sul dopo Expo. La Lega chiede di lasciar perdere le Olimpiadi a Roma e concentrare gli sforzi sul dopo Expo. «Il governo piuttosto che sprecare quattrini pubblici per portare avanti questa candidatura perdente, buona solo per avere risalto mediatico, indirizzi queste risorse a progetti seri, come per esempio la riqualificazione dell'area post- Expo» dice Paolo Grimoldi, parlamentare e segretario della Lega lombarda. Grimoldi sostiene che il referendum chiesto dai radicali è inutile «perché sappiamo bene tutti che questi giochi olimpici non verranno mai assegnati a Roma», anche a causa dei «continui problemi amministrativi e organizzativi» della capitale. In pressing sul governo anche la coordinatrice regionale di Forza Italia, Mariastella Gelmini: «Dopo Expo è prioritario che il governo stanzi soldi veri, non promesse. Da sempre erano previsti 100 milioni di euro di stanziamenti per l'Istituto italiano di tecnologia a Milano. Li aspettiamo per il dopo Expo».L'idea che l'area visitata con entusiasmo da tanti si trasformi in un deposito dei sogni perduti inquieta. E se sulla sua pagina Facebook Francesca Balzani parla di «bioparco» («un Polo internazionale sulle Biotecnologie e la Biodiversità, che potrebbe articolarsi in 3 Parchi tematici»), anche il candidato sindaco Corrado Passera attacca e accusa la giunta Pisapia e i suoi eredi di non avere un piano di sviluppo per Milano. Sotto accusa finisce anche Sala, che «si vanta di aver creato «tanto lavoro, riferendosi a quello temporaneo, quando non addirittura gratuito, attivato con Expo». Insomma, dopo la chiusura dei battenti, il dopo Expo resta un'incognita.
Il Giornale

Expo, gli sponsor dell’Albero pronti al bis. E Orgoglio Brescia tratta con la Cina

Milano, 6 gennaio 2016 - Lunedì prossimo riprenderanno le telefonate per sincronizzare la agende e sedersi intorno a un tavolo entro la prima metà di gennaio. Al centro, il fascicolo dell’Albero della vita di Expo. Coldiretti, Pirelli e il consorzio Orgoglio Brescia, alias gli sponsordell’installazione, stanno facendo i conti per stimare quanto costi riaccendere la torre luminosa sul sito di Rho. In altre parole, fare il bis del semestre 2015. I numeri devono arrivare dagli stessi uffici di Expo spa. I tre promotori hanno cercato di ottenerli già prima di Natale e ora torneranno alla carica, perché prima di alzare di nuovo l’interruttore dell’Albero della vita, serve mettere nero su bianco un piano industriale.


L’interesse c’è, ma bisogna entrare nel dettaglio dei costi e anche dei ricavi che Coldiretti, Pirelli e Orgoglio Brescia potrebbero generare dal loro patrocinio. «Un conto era l’Expo, che è stata una vetrina mondiale, un conto è il destino di quell’area – osserva Giancarlo Turati, portavoce di Orgoglio Brescia, il consorzio di 19 imprese, più l’associazione industriale provinciale, che ha costruito l’Albero –. Bisogna capire cosa diventerà negli anni, chi ci viene». L’investimento, insomma, non può più essere a «fondo perduto» come era stato per il semestre del 2015, ma alle spalle deve avere un progetto industriale, ad esempio che preveda la gestione del merchandising della rinata installazione. Per l’operazione Expo, d’altronde, i tre sponsor hanno già staccato assegni a sei zeri. Nel complesso, circa otto milioni di euro confluiscono tra il 2014 e il 2015 nelle casse del progetto Albero della vita. Al conto vanno aggiunti i 3,9 milioni di euro spesi per gli effetti speciali, affittati attraverso la società aquilana Agorà: riflettori, laser, macchine per il fumo, fiori gonfiabili e ventagli colorati. Infine, ci sono le bollette della luce e dell’acqua delle fontane.

I tre sponsor, tuttavia, si muovono cauti nel trattare il dossier «spettacolo». Se è vero che è stato proprio loshow di luci e musica a incollare davanti all’Albero 14 milioni di spettatori in sei mesi e, di conseguenza, a tracimare sul web con un hashtag, #treeoflife, che ha sorpassato quello dell’Albero di Natale, una spesa nell’ordine di grandezza di quella di Expo è già scartata. Lo show va ridimensionato, riscritto per funzionare con un minor numero di macchine e magari non tutti i giorni. Expo ha già smantellato l’apparato di luci, riflettori e macchinari che pendevano a grappolo dai rami dell’Albero. Restano la struttura nuda, in fase di «congelamento», e gli impianti sotterranei.

Nel frattempo avanzano le trattative tra Orgoglio Brescia e investitori cinesi per una copia dell’Albero nel Paese di Mezzo. Non un clone della torre di Expo, quanto un progetto simile. «Con la Cina siamo più avanti, nei prossimi mesi andremo di là per ufficializzare il progetto e la città di destinazione», puntualizza Turati. Il pool di imprenditori aveva ricevuto corteggiamenti anche da Paesi del Golfo e da uno dell’area -Stan, ma nelle ultime settimane ha preso quota l’ipotesi di una commessa simile negli Stati Uniti. I progetti, tuttavia, sono ancora sulla carta, mentre la Germania ha regalato le panchine del suo padiglione al Giardino delle culture di Milano (giovedì il taglio del nastro).

In parallelo Expo spa ha pubblicato le gare per i primi appalti della gestione post-evento. Il primo è un avviso di pre-informazione (formula usata per accorciare i tempi) per assegnare «la conduzione e la manutenzione» dei padiglioni che resteranno in piedi. Valore: due milioni di euro. Il secondo consiste nella vigilanza e nel controllo degli accessi del sito fino al 30 giugno. Gli organizzatori mettono sul piatto 5,3 milioni di euro, di cui 1,7 per i servizi opzionali, tra cui controlli con unità cinofile e ai varchi «nelle attività di spettacolo e intrattenimento». Ossia quelle che dovrebbero partire dalla primavera, con la Triennale di Milano e la sua ventusima Esposizione internazionale del design.
Il Giorno

Bike sharing elettrico a Milano per raggiungere Expo 2015

A Milano è in cantiere la versione elettrica del bike sharing, per raggiungere i padiglioni della fiera velocemente, senza faticare e senza inquinare

Facciamo un passo indietro. A Milano il servizio di bike sharing, bikeMi, è nato alla fine del 2008, e ha inizialmente coperto solo l’area urbana del centro storico (prima fermata: San Babila).
In seguito, si è ampliato e ha superato la cerchia dei Bastioni. Ora l’operazione “bici pubbliche in sharing”  è passata alla fase 3: il raggiungimento in bicicletta della periferia. Ovviamente, considerate le distanze, le bici a disposizione degli utenti saranno elettriche, cioè a pedalata assistita: per consentire di percorrere diversi chilometri in tempi accettabili, senza inquinare e allargando questa possibilità anche a coloro che sono poco allenati..
Il progetto dovrà essere chiuso, e disponibile all’utenza per la prova essenziale che avrà luogo in occasione di Expo 2015. Entro questa data, infatti, il Comune eClearChannel  (la società che gestisce BikeMi) prevedono di realizzare circa 100 rastrelliere leggere (cioè non impiantate nell’asfalto) e un migliaio di bici. Inizialmente saranno collocate sulle vie ciclabili che collegano i Bastioni ai padiglioni della fiera; poi, al termine del semestre dell’Esposizione, le stazioni verranno sganciate, riciclate e distribuite nelle periferie.
Le nuove bici elettriche saranno un’evoluzione di quelle che i 24.000 milanesi già abbonati al servizio tradizionale conoscono: telaio in acciaio e alluminio, cavi inguainati e gomme rinforzate. E naturalmente con l’aggiunta del motorino elettrico darà energia al cardano (Shimano).
Il progetto è su carta e il sindaco Pisapia qualche giorno fa si è ufficialmente impegnato con i cittadini. I soldi? Il ministero dell’Ambiente ha promesso 4 milioni di euro, che sono tanti ma che potrebbero non bastare, perché tutta l’operazione dovrebbe costare ben 7 milioni.

Si tratta di un piano ambizioso, da realizzare in tempi forse troppo stretti, ma che potrebbe aiutare Milano a partecipare attivamente alla sfida recentemente lanciata dal “Libro Bianco sui trasporti”: quella di ridurre, entro il 2030, del 50%  il numero di auto a benzina e diesel che circolano nelle città, ed eliminarle completamente entro il 2050.
greestart.it