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Aspettando Expo Dubai 2020. Come Italia ed Emirati puntano allo Spazio

 



Con Giorgio Saccoccia, Massimo Comparini e Luigi Pasquali, Italia ed Emirati annodano i fili dello Spazio in attesa di Expo 2020. Non casuale che il prossimo anno dedicherà una delle settimane di apertura ai temi dell’esplorazione spaziale e alle tante implicazioni per la vita umana, dalla difesa all’ecologia

Abu Dhabi – “Lo spazio è una grande piattaforma di crescita e collaborazione reciproca”. È questa l’immagine proposta da Massimo Claudio Comparini, amministratore delegato di Thales Alenia Space Italia, durante il webinar organizzato dall’Ambasciata Italiana ad Abu Dhabi nel quadro del ciclo di conferenze InnovItalyUae. Sfidando i limiti imposti dalla minaccia Covid, la vetrina virtuale organizzata dall’ambasciatore italiano Nicola Lener ha coinvolto rappresentanze istituzionali ed economiche dello spazio in Italia e negli Emirati, senza trascurare il mondo accademico locale, con la Khalifa University Space Technology and Innovation Center (Kustic) e la New York University Abu Dhabi.

La nuova space economy, che fa rima con la parallela space diplomacy, sembra essere solo all’inizio di una età dell’oro. Un mondo dinamico, in grande fermento, terreno fertile per idee, innovazione, eccellenze tecnologiche, dinamismo imprenditoriale. Non è un caso, infatti, che il prossimo anno, Expo 2020 dedicherà una delle settimane di apertura proprio ai temi dell’esplorazione spaziale e alle sue tante implicazioni per la vita umana, dalla difesa all’ecologia, dalle comunicazioni alla medicina. Intanto, però, Italia e Emirati Arabi Uniti rinsaldano i fili annodati nel 2016, anno del kick-off alla cooperazione bilaterale inaugurata dal Memorandum of understanding che ad oggi costituisce la cornice regolativa di progetti comuni.

Da allora, molta strada è stata compiuta da entrambe le parti. Downstream e upstream, vale a dire nell’osservazione della Terra e nell’esplorazione spaziale. In questi anni, negli Emirati è nato il Mohammed Bin Rashid Space Center di Dubai. Con grande risonanza mediatica è stata lanciata la sonda Hamal verso Marte. Il primo astronauta emiratino Hamza al-Mansoori ha raggiunto la Stazione spaziale internazionale, mentre il KhalifaSat, lanciato nel 2018, dimostra la progressiva autonomia degli Emirati nella progettazione e produzione di satelliti.

Con il passo da velocista che lo contraddistingue, il giovanissimo Paese ha bruciato alcune delle tappe raggiunte in decenni dai tradizionali protagonisti dello spazio, affermandosi, nel quadrante mediorientale, come epicentro coordinativo delle 14 agenzie spaziali facenti capo ad altrettanti paesi arabi, come ha ricordato Mohammed Nasser Al Ahbabi, direttore generale della Uae Space Agency. E intanto gli Emirati già guardano al 2117, programmando un primo insediamento umano su Marte con una vision addirittura secolare, come ha detto Hamad Al Marzooqi, Project Manager della Emirates Lunar Mission, Mohammed Bin Rashid Space Center (MBRSC).

Nel frattempo, però, l’Italia non è certo rimasta rimasta a guardare. Giorgio Saccoccia, presidente dell’Asi Agenzia Spaziale Italiana, ha sciorinato numeri in continua  crescita: con oltre 7.000 lavoratori, che fanno capo in gran parte al campione nazionale Leonardo e a oltre 250 tra tra piccole e medie imprese, l’assetto economico conta un incremento del 74% in 5 anni nel numero di start up e genera un fatturato annuo di circa 2 miliardi di euro. Protagonista ormai non solo in Europa, l’Italia copre l’intera filiera dello spazio, con una presenza completa che si articola lungo tutta la catena del valore, dalla manifattura alla ricezione ed elaborazione dei dati in arrivo.

Tra i gioielli nazionali citati da Saccoccia, il più grande investimento nell’osservazione satellitare della Terra risponde al nome di Cosmo-SkyMed. Strumento prezioso per il sostegno all’agricoltura, per il monitoraggio di coste, oceani, ghiacci polari, il programma è guidato dalle joint venture di Leonardo, Thales Alenia Space e Telespazio, con il contributo di tante Pmi del paese. Luigi Pasquali, amministratore delegato di Telespazio, ha ricordato che i dati raccolti sono poi commercializzati in tutto il mondo da e-Geos, oggi sul podio dei maggiori service provider a livello globale.

Le credenziali italiane appaiono, insomma, del tutto invidiabili. Solo in ordine di tempo, contano il vettore europeo Vega di realizzazione italiana, partito con il suo carico di 53 satelliti, tra nano, micro e minisatelliti, aprendo la strada ai trasporti spaziali low cost che permettono risparmi grazie al “rideshare”. Grande attenzione anche su ExoMars, la doppia missione dell’Esa per l’esplorazione di Marte a guida italiana, realizzata in collaborazione con la russa Roscosmos State Corporation. Grande orgoglio nazionale anche per i rover della stessa missione e per il nuovissimo centro di controllo ROCC, uno dei più grandi terreni di prova marziani d’Europa, inaugurato lo scorso 30 maggio a Torino.

E poi ancora le molteplici relazioni internazionali, dal programma Shalom, in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Israeliana, alla recente dichiarazione d’intenti fra Italia e Stati Uniti per il programma Artemis, la missione della Nasa che intende riportare l’uomo sulla Luna nel 2024. In in una sorta di revival, dopo i favolosi anni Sessanta, dominati dall’allunaggio ormai patrimonio di un epos collettivo, la corsa alla Luna torna, infatti, di stretta attualità. E anche in questo rinnovato capitolo dell’esplorazione spaziale, l’Italia farà la sua parte partecipando al progetto della piattaforma orbitale lunare che sarà costruita da una cordata di partnership internazionali a guida americana. Si tratta del Lunar Orbital Platform-Gateway, a cui l’Italia è pronta a contribuire con la realizzazione dei moduli pressurizzati, come ha ricordato Comparini.

Insomma, in attesa di ammirare, accanto alla copia del David, capolavoro rinascimentale di Michelangelo, anche le meraviglie della trivella spaziale, dell’orologio atomico e del convertiplano, protagonisti delle installazioni dell’azienda Leonardo per il Padiglione Italia, i partner istituzionali ed economici dei due paesi affinano le strategie per nuove fruttuose sinergie. Confindustria, è pronta a fare la sua parte, ha detto Giuseppe Aridon, presidente della Sezione Spazio di Aiad. Appuntamento ad ottobre 2021, tra un anno esatto, all’apertura dei cancelli dell’Esposizione Universale di Dubai, per capire come è andata.

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Firmato un protocollo d’intesa tra Accademia italiana del tartufo e Associazione italiana sommelier, in vista di Expo 2020 Dubai







Testo e foto Maurizio Ceccaioni

C’è un vino ideale per il tartufo? Ovvero, che tipo di tartufo ha un suo vino ideale? Una riflessione per niente peregrina che potremmo aver fatto in molti e che certo, sicuramente in termini più eleganti, l’avranno fatta anche quelli dell’Accademia Italiana del Tartufo (Ait) e dell’Associazione Italiana Sommelier (Ais). Così il 22 gennaio 2020 hanno firmato a Roma, presso la sede Confederazione italiana agricoltori (Cia), un “patto del gusto” tra vino e tartufo. Un Protocollo d’Intesa per promuovere e valorizzare questi due simboli dell’enogastronomia italiana di qualità, eleggendoli ad alfieri dell’Italia nel mondo e ambasciatori del nostro Paese in vista della prossima EXPO 2020 a Dubai, negli Emirati Arabi.

L’accordo, sottoscritto da Giuseppe Cristini (pres. Ait) e Antonello Maietta (pres. Ais), è stato siglato alla presenza del sottosegretario al Ministero degli Affari Esteri (Maeci), Manlio Di Stefano, del presidente Cia Dino Scanavino, del direttore Ait Davide Feligioni e Luca Brunelli, presidente Cia Toscana.


Consegna del Protocollo Ais-Ait al sottosegretario Di Stefano

Il Protocollo d’intesa, che avrà durata di tre anni dalla firma, è composto da 8 articoli, riguardanti in particolare l’avvio di una più stretta collaborazione tra le due associazioni, con l’obiettivo di promuovere e valorizzare in diversi modi, il connubio vino-tartufo, come baluardi d’identità culturale e gastronomica di ogni zona d’Italia.

Tramite il sottosegretario Di Stefano, il documento sarà consegnato al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Ma arriverà anche nelle mani di Paolo Glisenti, un manager di lungo corso che, grazie alla sua rete di relazioni internazionali approdò prima a Expo Milano 2015 e oggi guida la delegazione italiana all’Expo Dubai 2020 in veste di Commissario Generale di Sezione per l’Italia.
«L’Esposizione Universale di Dubai è un’occasione preziosa per il nostro settore enogastronomico, che secondo le statistiche, vede i nostri prodotti primi in Ue sia in qualità che genuinità», ha sottolineato Manlio Di Stefano. «Tartufo e vino – ha continuato – sono due grandi eccellenze dell’agroalimentare italiano e sono certo che questa collaborazione tra Ais e Ait darà ulteriore slancio alla diffusione della cultura gastronomica italiana nel mondo».
L’incontro, ottimamente animato e condotto dal giornalista Gianluca Semprini (Sky e Rai), è stato introdotto dal padrone di casa, Dino Scaravino, che tra l’altro ha rimarcato la necessità del recupero e la valorizzazione dei terreni abbandonati per lo spopolamento dei paesi. «Se c’è terra buona – ha ricordato Scaravino – ci può essere del tartufo, una sentinella della qualità ambientale e patrimonio di tutti quelli che non hanno abbandonato le aree naturali».
Poi, guardando alla sua sinistra verso sottosegretario Di Stefano, ha ricordato ai presenti come alla Fiera d’Alba sia stato regalato al politico un cane da tartufo (attualmente in addestramento), che a breve potrebbe già portare i primi frutti al proprietario: «Magari con un bel tartufo», ha detto ammiccando.
Come ha ricordato il presidente Ait Giuseppe Cristini, «Vino e tartufo raccontano la bellezza italica e questo sarà il contratto più profumato della storia, un vero accordo di gran gusto». Quel tartufo, «Lusso democratico», ingrediente della nostra gastronomia spesso ritenuto erroneamente inaccessibile ai più.
L’intenzione è dare maggiore impulso a quel marchio Truffle Style conosciuto in tutto il mondo, con una Dop del tartufo legata a una filiera corta controllata e certificata attraverso un Albo, e la formazione, dal cavatore alla vendita. Però, per accreditare persone qualificate, serve fare un’attenta scrematura tra gli oltre 250 mila cavatori di cui si è a conoscenza. Tra questi, quelli definiti da Cristini «Cavatori della domenica». Tra loro gente senza scrupoli, che avvelena i cani altrui con polpette avvelenate è aggredisce fisicamente chi entra nel “loro territorio”. «Dobbiamo sgombrare il campo da questi personaggi!», dice con decisione il presidente Ait.
In questo, gioca un ruolo fondamentale l’individuazione dei cosiddetti “Paesi custodi”, cioè una rete di Comuni certificati (o Unioni montane), distintisi per le loro attività propositive in tema di sostenibilità dei loro territori e progetti di filiera integrata di richiamo turistico, legata al mondo del tartufo. Saranno riconoscibili da un loro marchio e visibili in un elenco sul sito dell’Accademia del Tartufo.
Tra i tanti obiettivi, la tutela e valorizzazione del tartufo e la sua biodiversità; la messa a fattor comune di esperienze e iniziative per la salvaguardia ambientale; il recupero virtuoso di zone abbandonate e l’utilizzazione ottimale delle risorse del territorio, creando ecosistemi sostenibili e individuando aree idonee per entrare nel novero delle “zonizzazioni cru”; dare nuovo impulso specie all’imprenditorialità giovanile, con investimenti e iniziative a favore delle tipicità locali e della formazione mirata di operatori turistici. Il riconoscimento come “Paese custode” sarà rinnovabile e avrà la durata di tre anni. Per la modulistica e l’invio delle domande di partecipazione: Accademia del Tartufo.

Come ha tenuto a precisare il presidente Ais Antonello Maietta, «Questo connubio è stato accolto con convinzione per contributo che il mondo dei sommelier può dare nel racconto del territorio e di chi lo anima». Un accordo alla cui base c’è il rispetto dell’ambiente e della salvaguardia della biodiversità. Temi che saranno anche le parole d’ordine della Giornata Nazionale della Cultura del Vino e dell’Olio in programma il prossimo 9 maggio, dove l’Associazione italiana Sommelier celebrerà anche il suo decimo anniversario.
«Abbiamo tante iniziative in mente e un’idea è anche quella di realizzare una rete di ristorazione di qualità legata al tartufo in ogni zona d’Italia», ha chiosato il direttore Ait Davide Feligioni. In tal senso «Vogliamo raccontare con uno stimolo nuovo, tutti quei locali che utilizzano il tartufo – specie quello italico – in maniera etica, anche attraverso una guida, pure sul web». Una guida che invece delle “Stelle Michelin”, avrà come simbolo di qualità i tartufi.
Tra le osservazioni fatte, il problema dell’enorme proliferazione dei cinghiali e in generale degli animali predatori, sollevato dal presidente Cia Toscana Luca Brunelli, per il quale che non solo distruggono l’habitat naturale del tartufo, ma principalmente mettono seriamente a repentaglio l’incolumità delle persone, per gli incidenti di cui sono la causa principale.
A margine dell’incontro c’è stata la proposta per il ripopolamento a tartufo delle aree abbandonate, specie quelle dopo lo spopolamento a seguito di terremoto, da parte di Truffleland, il grande vivaio della famiglia Urbani, che a Scheggino (Pg) produce piante micorrizate da tartufo.
newsfood.com

 



Solo il 15% delle strutture ricettive di tutto il mondo utilizza il revenue management



Nell’attuale era digitale sembra incredibile che solo il 15% delle strutture ricettive di tutto il mondo utilizzi gli strumenti e le soluzioni per il revenue management, sebbene siano disponibili da oltre 30 anni. A partire da questo dato sconcertante, Expedia ha chiesto a Phocuswright di condurre uno studio internazionale sullo stato del revenue management per hotel dal punto di vista dei revenue manager e i risultati si sono rivelati significativi.
La diffusione di Internet, delle adv online e degli aggregatori di viaggi ha causato una trasparenza dei prezzi che ha reso quasi impossibile svolgere le funzioni principali dei revenue manager: gestire l’inventario delle camere e modificare i prezzi al momento giusto per aumentare il fatturato.
A causa della grande quantità di dati dei vari canali di distribuzione, i revenue manager sono costretti a trascorrere il 50% del loro tempo a raccogliere informazioni, per cui hanno poco tempo per analizzare dati e prendere decisioni che con cui creare strategie di revenue management efficaci.
Il problema riguarda le strutture più grandi e le catene alberghiere. Secondo lo studio, sebbene la maggior parte delle grandi catene alberghiere e delle società di gestione abbia accesso alle tecnologie di revenue management, molti revenue manager delle singole strutture ignorano i consigli del sistema, perché si fidano di più della propria esperienza o perché hanno poca fiducia nelle soluzioni di RM proposte dal brand.
Secondo molti revenue manager ‘mancano informazioni importanti’, come il tipo di prenotazione (solo camera o anche spazio per eventi) o se la categoria dell’ospite nel programma fedeltà è rilevante per il processo. E non è tutto.
La crescente popolarità degli affitti a breve termine per le vacanze e delle sistemazioni alternative (che non possono più considerarsi tali) ha aggiunto ulteriore complessità, per cui i revenue manager devono riconsiderare le loro tariffe e le loro previsioni. In base ai risultati dello studio, i revenue manager tendono a chiedersi: “In un mercato così fluido, come possiamo stabilire la posizione della nostra struttura? Quali sono i nostri concorrenti?”
1. Meno tecnologia e più funzioni per il revenue management
I partecipanti allo studio concordano su un punto: è necessario che tutto il settore prenda delle misure per creare standard di informazioni e architetture aperte che favoriscano l’adozione delle tecnologie per il revenue management. Tuttavia, la fiducia di poche strutture nella tecnologia per il revenue management non consente di estendere il progresso all’intero settore.
2. Il ruolo degli intermediari di viaggio nel colmare le lacune informative
Ora che i consumatori acquistano soprattutto online, gli intermediari di viaggio devono fornire sempre più informazioni che non sono disponibili altrove, come dati sulle tendenze di acquisto o sulla domanda di destinazioni. Infatti, se si osserva come funziona il revenue management attuale per un hotel, si vedrà che tende a focalizzarsi sulla domanda di camere e spazi per eventi a livello di struttura. L’evoluzione del panorama della distribuzione offre agli intermediari di viaggio nuove informazioni importanti, come i dati sulla domanda di destinazioni, attributi di risposta ai prezzi, tassi di conversione e dati in tempo reale sulla concorrenza.
3. Una storia positiva: gli esseri umani e l’intelligenza artificiale stanno collaborando
Il vero progresso della tecnologia per il revenue management sta nella capacità dell’apprendimento automatico di aggregare e analizzare dati, per offrire consigli chiari e utili, che permettano agli utenti di capire i risultati delle loro azioni. In altre parole, i revenue manager apprezzano i consigli ricevuti in un formato narrativo semplice.
Con nuove opportunità all’orizzonte di un panorama competitivo, è ora che le migliori menti del settore si uniscano per costruire una nuova piattaforma di collaborazione per il revenue management per hotel.
“In Expedia Group vogliamo dare a tutti l’accesso alla tecnologia di revenue management e aiutare i nostri partner ad aumentare il loro fatturato. Tuttavia, non possiamo riuscirci da soli. Personalmente, vorrei sapere se c’è la possibilità di far collaborare i nostri team per adottare gli stessi processi di revenue management in tutte le strutture, indipendentemente dalla loro posizione e dimensione. Sono convinto che, insieme, possiamo farcela”, ha detto Vivek Bhogaraju, Direttore di Revenue Management Platform Solutions presso Expedia Group.
travelnonstop.com