Senza clamore, la Procura di Milano aveva aperto un fascicolo per abuso d'ufficio su segnalazione dell'Anac di Cantone. Il gip: "Dubbi fondati su affidamento senza gara e condizioni ventaggiose" per l'azienda di Farinetti, ma non è dimostrabile che l'ad abbia agito con dolo. La vicenda rivelata oggi dal Corriere della Sera
Giuseppe Sala indagato in gran segreto, e in gran segreto archiviato. La vicenda – di cui dà conto oggi il Corriere della Sera – riguarda l’affidamento diretto a Eataly dei servizi di ristorazione in due padiglioni di Expo, con vantaggi per la società di Oscar Farinetti tali da destare l’attenzione dell’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone. “Dubbi esistenti e condivisibili”, quelli di Cantone “sulla mancata osservanza della normativa originaria sugli appalti”, si legge nel decreto di archiviazione del gip Claudio Castelli citato dal Corriere. Ma l’ad di Expo oggi candidato sindaco di Milano per il centrosinistra non deve andare a processo perché “non risulta univocamente dimostrato l’elemento psicologico richiesto dal reato di abuso d’ufficio“. Con quell’appalto senza gara, la Eataly Distribuzione srl di Farinetti ottenne “un indiscutibile vantaggio contrattuale”, ma “non è dimostrabile che Sala abbia agito intenzionalmente per procurare un vantaggio ingiusto”.
Sala – lo si apprende solo ora – era stato iscritto nel registro degli indagati dai pm Giulia Perrotti edEugenio Fusco, dopo che l’Anac di Cantone, il 15 giugno dell’anno scorso, aveva inviato in Procura le spiegazioni di Expo su quell’applto, giudicandole non convincenti. I pm hanno poi chiesto l’archiviazione, che il gip ha sancito il 12 gennaio. Le indagini hanno comunque dimostrato che la società pubblica guidata da Sala “ha assicurato” a Eataly “condizioni economiche particolarmente vantaggiose” e “di maggior favore”, se paragonate a quelle “più rigorose” imposte nella gara del 23 febbraio 2014 per la ristorazione negli altri otto edifici del Decumano. La gara richiedeva di riconoscere a Expo royalty del12% sul fatturato, sottolinea il gip Castelli, mentre l’affidamento diretto a Eataly prevedeva appena il 5% (più l’1% oltre i 40 milioni di giro d’affari). Ed Expo è stata disposta a farsi carico di costi per elettricità, acqua, servizi e celle frigorifere. Dietro tutto questo, però, argomenta il giudice, “non emergono motivi sotterranei”, mentre risulta “tangibile l’interesse pubblico di Expo ad avere Eataly tra i propri partner”.
E l’affidamento diretto? La violazione della norma può essere “ipotizzata”, scrive il gip Castelli, ma la legge consente alle stazioni appaltamti di siglare un contratto negoziando direttamente con l’azienda interessata qualora l’appalto “possa essere affidato unicamente a un determinato operatore per ragioni di natura tecnica o artistica o attinenti alla tutela dei diritti esclusivi”. Eataly è compatibile con questa casistica? “L’opinione può essere più o meno condivisa”, ma “rientra peinamnte nella discrezionalità amministrativa”. E comunque, mancando la prova del dolo, l’inchiesta è da archviare.
Il Fatto Quotidiano