Blog Expo

New York torna alla normalità, atteso il boom del turismo natalizio

NEW YORK - Due anni di pandemia sono ormai un ricordo lontano per New York.

La città è vicina alla ripresa totale a livello turistico e ha recuperato l'85% dei visitatori rispetto ai livelli pre Covid. Lo rivelano i dati di NYC & Company, l'agenzia che si occupa della promozione turistica della Grande Mela.

Il totale dei turisti nel 2022 ha raggiunto 56 milioni e 400 mila di cui 47 milioni e 400 mila nazionali e otto milioni e 9 mila internazionali. Si stima che il turismo internazionale più che triplicherà rispetto all'anno precedente. Lo ha rivelato all'ANSA Fred Dixon, amministratore delegato di NYC & Company.

"Il 2019 è stato un anno record in termini di visite per New York - ha spiegato - la città ha infatti accolto 66 milioni e 600 mila turisti di cui 53 milioni e 100 mila nazionali e 13 milioni e 500 mila internazionali. Per quanto riguarda gli arrivi dall'Italia, nel 2022 il numero ha toccato quota 352 mila, con una ripresa al 60% rispetto al periodo pre pandemia quando gli arrivi toccarono quota 611 mila". Secondo le stime entro il 2024 si ritornerà o addirittura supererà alle presenze record del 2019.  In un incontro con la stampa preceduto da un messaggio video da parte del sindaco Eric Adams, Dixon ha anche parlato dell'offerta nel periodo delle festività natalizie che vede coinvolte tutte e cinque le municipalità, da Manhattan a Brooklyn al Queens, al Bronx e Staten Island.

Primo appuntamento è il 18 novembre, con il 'Christmas Spectacular' con le Radio City Rockettes. Il 22 novembre la tradizione del presepe napoletano torna al Metropolitan Museum e fa da sfondo ad un gigantesco albero natalizio. Il 24 novembre ci sarà la famosissima parata di Thanksgiving organizzata da Macy's mentre l'appuntamento clou sarà l'accensione dell'albero di Natale al Rockefeller Center. L'evento segna l'avvio ufficiale delle festività natalizie. New York è quindi pronta a far vivere un magico Natale a tutti i suoi visitatori.

Dixon inoltre ha parlato dell'offerta invernale di New York con il ritorno, il prossimo gennaio, a partire dal 17 e fino al 2 febbraio della quarta edizione di 'NYC Winter Outing' che comprende anche la NYC Restaurant Week, NYC Broadway Week e NYC Must-See Week. Si tratta di una serie di iniziative in tutta la città tra spettacoli di Broadway, attrazioni, musei, tour e arti performative, oltre alla possibilità di prenotare a prezzo scontati gli alberghi più quotati.

Ansa

A caccia di aurore boreali nella Lapponia svedese 12 indirizzi dove godersi le luci del cielo artico

 Scie e bagliori verdi, rossi, gialli e viola illuminano il cielo oscuro e in un fluire rapidissimo e continuo creano scenari emozionanti e suggestivi.

    E' lo spettacolo unico e magico dell'aurora boreale, che richiama immagini fantasiose ed evocative leggende nordiche. In realtà è un semplice evento atmosferico, che ha a che fare con le tempeste solari e l'elettromagnetismo ma che ogni stagione richiama curiosi da tutto il mondo, rapiti dalla sua bellezza, al freddo e con il naso all'insù.
Le aurore boreali si possono vedere facilmente da settembre a marzo tra il 65esimo e 72esimo parallelo nord, il che rende la Lapponia svedese il luogo privilegiato per catturare quei bagliori multicolori che si rincorrono su paesaggi innevati, immersi in una natura incontaminata. I luoghi dove inseguire le scie luminose sono soprattutto Abisko, Kiruna, Haparanda e la valle del fiume Torne; per raggiungerli si vola fino a Stoccolma e da qui con un volo interno si raggiungono gli aeroporti di Luleå e, ancora più a nord, di Kiruna. L'ideale è soggiornare in mezzo alla natura in lussuosi campeggi (glamping) o nei cottage situati direttamente sul mare o sui fiumi ghiacciati. In attesa di andare a caccia di aurore, si può uscire con il rompighiaccio Polar Explorer nel golfo di Botnia, partecipare a tour in motoslitta o in slitte trainate da cani nella foresta innevata con pranzi sul fuoco vivo; si può provare la pesca nel ghiaccio in fiumi e laghi, fare sci di fondo, ciaspolare nella neve, conoscere la cultura Sami e vedere da vicino le renne.
    Un'ora a nord-ovest del golfo di Botnia, in mezzo alle grandi foreste e lungo il fiume Råneälven, si può ammirare il cielo illuminato direttamente dall'Aurora Safari Camp, il primo glamping al mondo in territorio artico, nel villaggio di Lassbyn. Per raggiungerlo si percorre l'ultimo tratto in motoslitta attraverso la foresta e sul fiume ghiacciato. Nel camp si dorme in comode lavvu - tende Sami - riscaldate con stufe a legna o in due nuovissime camere a forma di cono con soffitto di vetro. Oltre a partecipare a tour guidati, si può anche fare sci di fondo e ciaspolare nel bosco innevato; da fine febbraio, poi, sarà possibile volare in mongolfiera sopra il paesaggio artico. Nella stessa valle del fiume si trova il piccolo eco-lodge Arctic Retreat, tre casette di legno, ognuna con una vasca idromassaggio all'esterno, dove rilassarsi la sera e da dove godersi l'aurora boreale. Il lodge offre anche la possibilità di imparare a fotografare l'aurora, partecipando a un'escursione notturna con un fotografo, o di frequentare un mini corso per apprendere a scolpire nel ghiaccio.
    Un altro luogo perfetto dove avvistare l'aurora boreale è l'area intorno al fiume Laino, nell'estremo nord della Lapponia svedese. Appena fuori dal villaggio di Kangos, 150 chilometri a nord del Circolo polare artico, si trova l'accogliente Lapland Guest House con casette in legno rosso sulla riva del fiume. Qui un'esperienza memorabile è il safari con le renne, oltre alla caccia all'aurora con una slitta in un luogo vicino al fiume, dove ci si siede attorno a un fuoco sotto l'immensa volta celeste.
    Nella valle del Torne, il maestoso fiume che sfocia nel golfo di Botnia tra Haparanda e la finlandese Tornio, sorge l'antico villaggio culturale di Kukkola con le sue capanne di pescatori, il museo della pesca e mulini ad acqua. Qui la famiglia Spolander gestisce l'alloggio Kukkolaforsen, cottage rossi e camere d'albergo con terrazzino davanti al fiume ghiacciato.
    Oltre alla pesca e ai tour in motoslitta, gli amanti della sauna ne hanno a disposizione 14, tra cui quella a fumo, tipica della Valle del Torne. Un'esperienza gastronomica da non mancare, infine, è assistere alla cottura tradizionale dei coregoni, infilzati su rami piccoli e abbrustoliti sulla fiamma viva.
    A una sessantina di chilometri, fuori dalla cittadina di Kalix, si trova Filipsborg herrgård, antica tenuta di charme in posizione incantevole sul fiume Kalixälven. Qui, nella vicina foresta, si possono avvicinare le renne della tenuta e, tra le tante escursioni, andare a caccia di aurore. Sempre in zona si può alloggiare nell'Ice & Light Village, cinque cottage sulla riva al fiume, racchiusi in un guscio a forma di igloo, decorati con arredi scandinavi e grandi finestre verso il fiume e il cielo. Chi desidera vivere l'esperienza di un soggiorno direttamente sul mare ghiacciato, può scegliere le casette del Nordic Lapland Resort, sull'arcipelago di Kalix. Qui si fanno tante escursioni: in rompighiaccio sul golfo di Botnia, a caccia di aurore boreali con le ciaspole e griglie di hot dog in mezzo alla natura.
    Viaggiando verso nord, superato il Circolo polare artico, si raggiungono i cottage di Jockfall, paradiso per la pesca estiva del salmone e ora luogo di partenza per molte attività, tra cui tour con i cani da slitta e incontri con i Sami e le renne.
    Viaggiando verso sud per 38 chilometri si raggiunge Överkalix, tipica cittadina lappone, dove si può soggiornare al Grand Arctic Resort: l'hotel si trova proprio sul fiume ghiacciato, che invita a fare passeggiate a piedi o con gli sci di fondo.
    Tante le attività da fare come i safari con gli husky e i tour dell'aurora boreale a piedi o in motoslitta.
    A un paio di ore d'auto verso ovest si raggiunge il villaggio di Harads dove a 17 chilometri sorge l'esclusivo Logger's Lodge, un hotel lussuoso in mezzo alla foresta, che offre pacchetti all-inclusive di minimo 3 notti incluso il trasferimento dall'aeroporto di Luleå, varie attività invernali, cene gourmet e spa. L'edificio ha vetrate altissime che danno la sensazione di stare in mezzo alla natura; con un po' di fortuna, poi, dalla vasca idromassaggio all'aperto e circondati dalla neve, si può ammirare lo spettacolo dell'aurora boreale. Harads offre anche altri due indirizzi, originali e da scoprire: Treehotel e il piccolo hotel con spa Arctic Bath. Sono perfetti per rilassarsi in mezzo alla natura incontaminata e osservare i bagliori che illuminano la notte artica.
    Per maggiori informazioni: swedishlapland.com e heartoflapland.com (ANSA).


La mostra a Roma. Nel disegno di Van Gogh il grembo del colore

Sotto l’esplosione di luce degli ultimi anni si nasconde la terra dei contadini della prima opera grafica. Due momenti di una stessa ricerca interiore
Vincent Van Gogh, “Autoritratto”, 1887 (particolare)

Vincent Van Gogh, “Autoritratto”, 1887 (particolare) - © Kröller-Müller Museum, Otterlo, The Netherlands

Avvenire 

 A un certo punto mi ero stancato di Van Gogh, del suo mito di folle- veggente e del mercimonio che si era sviluppato fra anni 80 e 90 attorno alla sua opera, con mostre che nascevano come funghi per catturare decine, centinaia di migliaia di spettatori disposti a fare file alle biglietterie per ore e ore. Van Gogh insidiava questo primato a un altro gigante, anche lui se non folle certo déraciné, Caravaggio. Il mito di quest’ultimo, il “pittore maledetto” come piace tuttora ai sostenitori della vulgata romanzesca, regge bene il passare del tempo, ma in occasione dell’ultima mostra tenutasi a Palazzo Reale pochi anni fa, avevo invocato una sorta di moratoria. Speranza vana, ovviamente, anche se da qualche tempo il passo dell’industria culturale caravaggesca sembra aver un po’ rallentato: se si ripetono all’infinito le cose risapute su Caravaggio, anche i maratoneti del grand tour finiscono per stancarsi. E non sarà – o forse sarà – la scoperta di un Ecce Homo di notevole fattura, ma pieno di insidie e dubbi per i conoscitori, a suscitare una nuova interpretazione dell’opera caravaggesca, se non altro perché, quand’anche fosse a lui attribuibile, non sposterebbe di un ette la conoscenza di uno stile e di un modo di dipingere già ampiamente studiato da ogni lato possibile. La mostra di Van Gogh in corso al Palazzo Bonaparte di Roma (Capolavori dal Kröller-Müller Museum, fino al 26 marzo) non esce dallo schema fin qui conosciuto e messo a punto negli ultimi trent’anni dai re Mida del mito vangoghiano. La curatela è di Maria Teresa Benedetti e di Francesca Villanti, il catalogo è pubblicato da Skira, il nucleo delle opere è preso interamente dalla collezione del museo olandese Kröller-Müller. Una classica mostra “a pacchetto”, una delle tante proposte in Italia con una logica che ho spesso criticato, fino a indicare, per contrasto, la mostra di Max Ernst attualmente in corso a Palazzo Reale (una delle sedi che ha più incentivato le inutili iniziative “a pacchetto”), perché è un ottimo esempio di come si dovrebbero fare le mostre. La rassegna su Van Gogh è costruita secondo i canoni oggi in voga delle mostre corredate di stanze immersive, in questo caso un buco nero dove specchi ed elaborazioni digitali sui vortici celesti del pittore creano l’impressione di trovarsi all’origine dei mondi, che tanti potrebbero essere quante le galassie scrutate dallo stesso pittore nelle sue visionarie immersioni sotto la volta stellata. Lo spettatore non farà mai quell’esperienza perché lo sfolgorio di luci e colori fa sembrare la stanza una specie di discoteca dove si balla al ritmo delle immagini. Eppure, si può scoprire qualcosa di buono anche laddove le premesse promettono poco. All’entrata, una stanza buia proietta immagini e notizie sul pittore e fa da drenaggio al pubblico che si sdoppia, chi a seguire la proiezione chi scivolando nelle prime sale. E qui, per quanto possa sembrare scontato in ragione della cronologia e della propedeutica espositiva, ecco che la serie dei disegni mi raggiunge come qualcosa di nuovo e mi spinge a pensare a quanto fosse bravo già attorno al 1880 Vincent quando inseguiva la sua idea espressiva: il bellissimo Seminatore proietta un’ombra sommaria sul campo arato che ha il gelido biancore di una superficie diafana sulla quale sono in fuga le linee dei solchi che accoglieranno il seme, ha l’allucinata espressione di chi, da rude contadino, conosce la fatica e il sudore anche d’inverno ma non perde mai l’attaccamento filiale al suolo che lo sfamerà: sullo sfondo un uccello in volo, un albero e una casa avvolti dalla foschia, e tutto si gioca più su quel bianco diffuso che sulla pesantezza del segno. Ugualmente, il contrasto fra la penombra della stanza dove una donna pela le patate e la luce del paesaggio invernale che entra da una finestra, come in un tableau-vivant ci fa vedere alcuni alberi che sembrano animare i loro rami senza foglie come in un racconto fantastico tipico delle saghe nordiche. Una natura morta con pentole, una bottiglia, una pipa e un cappello di paglia: è una delle sue prime prove pittoriche sul genere: Van Gogh sperimenta il colore stimolato da un cugino della madre, così come in una lettera spiega la scoperta dei valori del disegno eseguito dal vero. Ancora disegno nella Veduta dell’Aia, col tratteggio che rende alle case sullo sfondo un effetto di chiaroscuro quasi pittorico. La ricerca sulla ruvida bellezza della vita dei contadini torna ancora nel gruppo di donne che camminano sulla neve portando sulla schiena grandi sacchi di carbone, e in un ritratto di vecchio, parzialmente rovinato, che lo mostra sofferente mentre serra il suo volto contro i pugni, per esprimere quanto dolore prova; il colore emerge anche nella solitaria Capanna di torba dal contrasto fra l’inchiostro e la penna nera con l’acquerello variamente diluito che rende tutto in un bagno di luce al crepuscolo. Il segno a tratti si muove con sintetica sprezzatura, ma il tratteggio parla chiaramente dell’accanita ricerca tecnica di Van Gogh che in ogni disegno sembra rimettersi in gioco per acquisire nuove abilità. Un tema che ricorre in queste terre nordiche è quello dei tessitori. In un dipinto del 1884 Van Gogh rende la scena della tessitura come perfetta simbiosi di uomo e macchina, il lavoro come sapienza tecnica e austerità protestante, unificati nel colore marrone che emana luce con una studiata movenza dei toni dove legno del telaio, pavimento e pareti formano il grembo moderno che accoglie l’operaio mentre svolge la sua mansione. In primo piano il fuso con il filo bianco, segno luminoso che si distacca dal resto della tavolozza forse per testimoniare nel suo realismo il lato primigenio di quella materia che grazie alla tessitura entrerà a far parte del mondo quotidiano. Con un’accentuazione più dura, che spesso ritorna nel disegno, anche l’Uomo che avvolge il filato esprime il legame legittimante dell’uomo col suo lavoro in un’attentissima costruzione dello spazio e del tratteggio per differenziarne ombre e luci. Così, le contadine che piegate in avanti e puntellate nei tipici zoccoli che affondano nel terreno raccolgono il frumento, l’immancabile cuffia sul capo, ci ricordano che quella asprezza di vita e la fatica che comporta non sono diverse da quelle cui vanno soggette le bestie: nessuno sconto per le contadine, che anzi sono quasi equiparate ad animali da soma (mi fanno pensare ai disegni che Chagall eseguì giovanissimo rappresentando i contadini russi e il mondo animale con un’unica cifra espressiva). La loro sottomissione al lavoro è la rappresentazione più vera che potesse darci un occhio clinico ma anche umanissimo come quello di Van Gogh. Il tema delle donne è centrale nella sua opera del primo periodo e il colore fangoso e denso che lo contrassegna è l’elemento costruttivo di alcuni ritratti femminili (che ritroveremo nei Mangiatori di patate, qui rappresentati da una incisione) dove carne e terra, sangue e humus si compenetrano nella concezione della vita esposta alle forze naturali. Restano circa quattro anni a Van Gogh prima di lasciare questo mondo. Sono quelli, in particolare gli ultimi due, che lo hanno reso celebre per quel colore che sembra spremuto direttamente dal tubetto (come dicevano i critici degli impressionisti). Troppo si è detto e scritto perché si debba ricordarne l’ampiezza spirituale. Mi preme invece constatare che molto di quanto sappiamo di Van Gogh è fondato sulla convinzione che senza quegli ultimi anni la sua fama oggi sarebbe quella di un minore capace di eseguire un disegno altamente formalizzato ed espressivo, ma in definitiva qualcosa che apparterrebbe soltanto all’Ottocento e poco si avvicinerebbe al nostro sentire. Ecco, il dubbio è in questa domanda: sarebbe stato grande lo stesso? Per l’emozione che comunicano i suoi disegni ne sono convinto, ma so bene che nella cultura della “novità innanzitutto” saper esprimere con intensità il proprio genio non basta. Ogni anacronismo che resta fermo al talento che ci è stato consegnato risulta perdente di fronte al tribunali della storia. Ma lo stesso Van Gogh, per quella luce e lo sguardo profondo e interrogativo che ci lancia dal suo Autoritratto pare che dica: che cosa vedi in questo quadro, me o la mia pittura? So bene che la forza del nuovo ha il diritto della nascita dalla sua parte, ma per continuare a sentire l’uomo, prima che l’artista, nell’opera di Van Gogh tendo a una lettura umana più che umanista (direbbe Longhi) che trasforma anche il modo di guardare un’opera e il suo genio. I due periodi fondamentali della ricerca poco più che decennale di Van Gogh ci dicono che sotto nel colore vivissimo e scultoreo quasi, si celano ancora le terre dei contadini piegati sui campi a far fatica per procurarsi il pane. Vale a dire, due momenti di una stessa ricerca interiore, dove il disegno è come la notte per il giorno, come dire?, il grembo del colore.

My way, ciclone Musk a Twitter, contro tutti (Podcast audio)



Musk, otto dollari per un account Twitter verificato

 

Otto dollari al mese per avere il proprio account Twitter verificato.

Elon Musk annuncia il nuovo prezzo per Blue, il servizio a pagamento del social che diverrà prerequisito per aver il profilo verificato.

"Dobbiamo pagare i conti in qualche modo! Twitter non può fare affidamento solo sulla pubblicità", ha twittato il miliardario rispondendo alle critiche dell'autore Stephen King, secondo il quale 20 dollari al mese, come ipotizzato dalle indiscrezioni, era un prezzo eccessivo.

L'intervento di Musk ha spazzato via i rumors in circolazione e chiarito indirettamente la sua strategia, ovvero ampliare i flussi dei ricavi al di là della pubblicità che ora rappresenta il motore di crescita di Twitter. Il patron di Tesla d'altronde lo ripete da mesi che la società che cinguetta deve fare maggiore affidamento sugli abbonamenti rispetto agli spot pubblicitari per migliorare. L'abbonamento a Blue si inserisce proprio in questo quadro: da una lato aumenta i ricavi e dall'altro implica l'esistenza di profili certificati, cruciali nella battaglia di Musk contro gli account spam o falsi.

"Spiegherò la ratio nel dettaglio prima che" il nuovo modello sarà adottato, aggiunge il miliardario secondo il quale la sua idea è "l'unico modo per sconfiggere i bot e i troll". Da quando ha assunto il comando del social completando l'acquisizione da 44 miliardi di dollari, il miliardario sta lavorando a tempo pieno per gettare le basi della nuova Twitter. Lo fa con tutti gli occhi puntati addosso e fra un enorme scetticismo dovuto al timore che il social targato Musk possa diventare una 'piazza' di odio sotto la copertura della 'libertà di parola'.

Ansa