Blog Expo: Roma
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Nerone e il fascino discreto dell'Egitto in mostra a Roma

ROMA - Dea madre, protettrice della regalità, dea funeraria, ma anche grande maga: Iside, l'antichissima dea egizia dal corpo di donna stretto da una lunga tunica aderente, moglie di Osiride, dio dei morti, e madre del dio falco Horo ha sempre esercitato, come simbolo dell'intero Egitto, un fascino irresistibile per i Romani. Come alcuni altri imperatori, affascinati soprattutto dal culto tributato in quella terra ai re divinizzati, anche Nerone ne fu rapito e questa inclinazione è definitivamente emersa dal restauro recente della Domus Aurea dove il Grande Criptoportico del padiglione della villa di Colle Oppio ha svelato tracce dell'immaginario egizio in cui gli dei Anubi e Arpocrate ne sono protagonisti indiscussi.

Un aspetto che ha ispirato la trama della mostra "L'Amato di Iside. Nerone, la Domus Aurea e l'Egitto" che narra la passione di Nerone per l'Oriente, di cui Iside ne incarna l'essenza, e racconta la penetrazione capillare dei culti isiaci nella Roma del I secolo d.C.. Protagonista del racconto è la Domus Aurea, la Casa d'Oro di Nerone che proprio con il sole dorato si identificava secondo una visione di matrice orientale. La suggestione è offerta dal riaffiorare nel portico maestoso, quello che univa i due cortili esterni e permetteva di raggiungere velocemente gli ambienti di rappresentanza più importanti del palazzo neroniano, di affreschi che mostrano, nello splendore di colori derivati dal sapiente uso del blu egizio, decorazioni egittizzanti e soggetti legati al culto isiaco. Sono queste decorazioni che hanno dato lo spunto per "far ritornare all'antico splendore alcuni ambienti del palazzo neroniano" racconta la direttrice del Parco Archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo, che ha curato la mostra. Un percorso nuovo nella villa d'oro che grazie a giochi di luce che ricostruiscono evocazioni egizie mette in mostra decine di preziosi reperti legati alla cultura orientale provenienti dai maggiori musei italiani, alcuni ritrovati, come nel caso del frammenti delle statue di Iside e Horus, nei fondali del Tevere. "La parola cultura nasce da colere, culto degli dei, e il culto delle divinità è una chiave interpretativa molto importante per fare un'analisi storica delle varie epoche che si sono succedute" ha commentato il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, anche lui affascinato da questa "connessione tra il mondo dell'antica Roma e il mondo dell'antico Egitto".

ansa.it

Il Gladiatore Russell Crowe testimonial Roma per Expo 2030

(ANSA) - ISSY-LES-MOULINEAUX (PARIGI), 20 GIU - E' di Roma l'apertura più spettacolare dei 30 minuti di presentazione per la candidatura all'Expo 2030.

E con il Colosseo in apertura che fa da sfondo all'annuncio del progetto Roma, non poteva essere che Russell Crowe a chiamare tutti a votare per la capitale italiana: "Roma - dice l'attore - non è solo la capitale d'Italia, è una delle capitali del mondo.

Expo 2030, al mio segnale liberate l'umanità" dice l'attore ricalcando la sua battuta più celebre ne 'Il Gladiatore'. (ANSA).

Nasce a Roma Quorum, festival di arte contemporanea 3 giorni di laboratori, incontri, performance, mostre e musica


 Quattro grandi aule delle Terme di Diocleziano ospitano fino all'11 giugno Quorum, un festival di arte contemporanea, promosso e organizzato dalla Fondazione La Quadriennale di Roma e dal Museo Nazionale Romano. Per tre giorni si può assistere a mostre, laboratori, performance, proiezioni e concerti, a cui si potrà partecipare gratuitamente.

 Sono previsti anche 10 incontri, in cui si confrontano artisti, critici, docenti universitari, filosofi, esponenti delle istituzioni, direttori e curatori di musei italiani e internazionali, rappresentanti di spazi no-profit. La manifestazione, da oggi alle 17 fino a domenica 11 giugno, intende creare un incontro tra le diverse discipline artistiche e riflettere sul senso del loro rapporto con la società. "Nel variegato panorama dei festival italiani ne mancava uno dedicato all'arte contemporanea italiana - spiega Umberto Croppi, presidente della Quadriennale di Roma - nel vasto programma di iniziative che la Quadriennale di Roma sta producendo con la direzione artistica di Gian Maria Tosatti, abbiamo pensato di iniziare a colmare questo vuoto. È un inizio - prosegue Croppi - l'avvio sperimentale di un percorso che intendiamo proseguire nel tempo con la prospettiva di realizzare uno strumento, sempre più ampio e partecipato, che consenta di fare il punto sulla produzione, sulla critica, sulla diffusione dell'arte contemporanea in Italia e all'estero".
    "Siamo davvero lieti di partecipare alla realizzazione di Quorum e di accoglierlo nelle grandi aule delle Terme di Diocleziano - commenta Stéphane Verger, direttore del Museo Nazionale Romano - perché è un luogo di archeologia che si interroga e si confronta con la modernità e la contemporaneità".
    Lo dimostrano pienamente le esposizioni 'L'istante e l'eternità. Tra noi e gli antichi', curata da Massimo Osanna, Stéphane Verger, Maria Luisa Catoni e Demetrios Athanasoulis, e 'Dopodomani', a cura della direzione artistica della Quadriennale, con opere di Stefano Canto, Lucia Cristiani, Daniele Di Girolamo, Giuseppe Di Liberto, Irene Fenara, Federica Francesconi, Lucas Memmola, Gabriella Siciliano, che definiscono il sentimento con cui oggi guardiamo al futuro. Tra gli altri eventi in programma, la partecipazione degli studenti e studentesse del liceo classico Goffredo Mameli di Roma, di cui sarà proiettato il cortometraggio 'Quella canzone sei tu', ideato e realizzato da Studio Merlini Storti per sensibilizzare i giovani sull'importanza degli archivi storici come luoghi di conservazione della memoria.
    Inoltre il pubblico ha l'opportunità di consultare con modalità touchscreen il nuovo database dell'Archivio Biblioteca della Quadriennale per una navigazione immersiva e coinvolgente nel suo patrimonio sull'arte italiana del XX e del XXI secolo.

ansa.it

Il "nuovo Santuario di Roma" della Madonna del Divino Amore meta di migliaia di pellegrini da oltre 250 anni

«Ave e sempre Ave,
la Madonna del Divino Amore,
fa le grazie a tutte l’ore
e noi l’andiamo a visitar»

A pochi chilometri da Roma, immerso nella campagna dell’Agro Pontino, nella zona di Castel di Leva

sorge il santuario della Madonna del Divino Amore, uno dei luoghi più cari ai romani di tutte le generazioni. San Giovanni Paolo II l’ha definito: «il nuovo santuario mariano di Roma accanto a quello più antico di Santa Maria Maggiore».

La storia del santuario è profondamente legata ai segni straordinari che Dio ha manifestato attraverso la Vergine Maria. Dal primo miracolo, avvenuto nel 1740, che salvò la vita a un pellegrino diretto verso Roma, alla tomba di Pietro; al prodigio del 1944 che risparmiò l’Urbe dalla distruzione durante il secondo conflitto mondiale; ai molteplici segni che ogni giorno si palesano nelle vite di tanti fedeli, che si recano in visita al santuario, esprimendo la propria devozione con il famoso canto popolare «La Madonna del Divino Amore fa le grazie a tutte l’ore. Noi l’andiamo a visitar».

Il cuore del santuario è la sala ex voto, il luogo più suggestivo e commovente di tutto il complesso. Migliaia di oggetti come cuori d’argento, tavolette dipinte, fiocchi nascita, stampelle, fucili, caschi da motociclista fino alle foto più recenti adornano le mura della sala adiacente l’antico santuario. Una grandissima quantità di mammelle ex voto si trovano, anche, lungo il muro di cinta del santuario. Vi invito a soffermarvi in questi luoghi e a leggere alcune delle testimonianze di grazie ricevute, esprimono la storia e la fede dei romani, ma non solo, raccontano anche la misericordia di Dio che si rivela attraverso l’intercessione della Vergine Maria.

IL PELLEGRINAGGIO NOTTURNO ALLA MADONNA DEL DIVINO AMORE

Decine di pellegrini, ogni sabato, dal primo dopo Pasqua fino al mese di ottobre, percorrono la via Ardeatina, partendo da piazza di Porta Capena per raggiungere il santuario del Divino Amore. Il pellegrinaggio, notturno, a piedi, famoso in tutta la città è scandito da canti e preghiere alla Vergine Maria.
Il pellegrinaggio passa attraverso alcuni luoghi simbolo della cristianità: le catacombe di San Sebastiano, di San Callisto e la chiesetta di Santa Maria in Palmis o del Passo, conosciuta con il nome di "Quo vadis".

IL SANTUARIO DELLA MADONNA DEL DIVINO AMORE
Dove: via del Santuario, 10 – Roma

Pellegrinaggio notturno: da sabato 30 aprile riprendono i pellegrinaggi notturni al santuario del Divino Amore: partenza tutti i sabati alle ore 24 da Piazza di Porta Capena (Circo Massimo) e termine al Nuovo Santuario con la S. Messa alle ore 5.00.
turismo.chiesacatolica.it

- Segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone e Albana Ruci - turismoculturale@yahoo.it

Un Caravaggio da Roma in mostra a Minneapolis

 Un Caravaggio da Palazzo Barberini è volato a Minneapolis e in cambio, a Roma, è arrivato La Morte di Germanico di Nicholas Poussin che a lungo è stato parte delle raccolte della famiglia Barberini.

La mostra al Minneapolis Institute of Art, aperta da questo fine settimana, ha al suo centro l'iconico dipinto del 1599 ispirato alla storia biblica di Giuditta e Oloferne.
    "È un soggetto comune nell'arte dell'epoca, ma in questo quadro l'eroina della Bibbia è fermata nell'atto di decapitare il generale assiro", spiega all'ANSA Rachel McGarry, che ha curato la mostra in cui il quadro è accompagnato da altre 14 opere su un arco di 500 anni che esplorano le diverse interpretazioni date alla figura di Giuditta da artisti come Barthel Beham, Ludovico Carracci, Ignazio Collino e Lovis Corinth.

È una rara occasione di vedere un quadro di Caravaggio negli Stati Uniti: ce ne sono solo dieci, di questi nove in collezioni pubbliche.
    Il prestito del Giuditta e Oloferne riflette la forte relazione istituzionale del Minneapolis Museum of Art con musei e gallerie in Italia che, tra le altre cose, l'anno scorso diede vita a una mostra di opere di Botticelli dagli Uffizi. In cambio del Caravaggio, il museo ha mandato a Roma il Poussin, in occasione della mostra in corso fino a fine luglio su Maffeo Barberini, che 400 anni fa divenne papa col nome di Urbano Ottavo. Il quadro, originariamente commissionato dal cardinale Francesco Barberini, nipote del pontefice-mecenate, era rimasto con discendenti della famiglia fino al 1958 quando il museo lo aveva acquistato.
    "La collaborazione con palazzo Barberini porta in luce eccezionali opere d'arte, ma anche la legacy di una famiglia di straordinari mecenati", ha detto la direttrice del Mia Katie Luber. Ci sono voluti due anni di contatti per concretizzare i prestiti: il Poussin - ricorda la McGarry - aveva riattraversato l'Atlantico finora soltanto una volta, nel 1994, per la grande mostra organizzata al Grand Palais di Parigi in occasione dei 400 anni della nascita dell'artista. (ANSA).

Expo 2030: gli ispettori promuovono Roma, "troppo bella"

AGI - Una promozione in piena regola che lancia Roma nella difficile corsa per Expo 2030: è positivo il bilancio degli ispettori del Bie dopo cinque giorni di incontri e sopralluoghi nella Città Eterna. Un punto debole? "Roma è troppo bella, sarà difficile per le altre città competere con Roma", ha risposto con un sorriso il segretario generale del Bie, Dimitri Kerketzes, che ha accompagnato nella visita i quattro ispettori, "al Bie siamo felici perchè abbiamo una candidatura che sarà un punto di riferimento per il futuro".

Al di là dei convenevoli di rito, il funzionario greco nato a Londra ha lanciato segnali importanti come quello che si terrà conto anche dei diritti umani e del trattamento dei lavoratori, tallone d'Achille di Riad, la più temibile rivale di Roma. "Ci sono stati eventi che hanno avuto una cattiva pubblicità in passato, ma per Expo 2030 tutti i governi devono indicare questo aspetto nell'organizzazione", ha sottolineato.

Lo spettacolo di luci al Colosseo 

La visita è stata "molto efficiente e ben organizzata", ha confermato il presidente della delegazione del Bie, il kazako Murager Sauranbayev, nel punto stampa di Mercati di Traiano. Dal sopralluogo a Tor Vergata (il cui "sviluppo permetterà di servire anche dopo un'area molto ampia con un ospedale e l'università", è stato annotato) allo spettacolo di luci con 500 droni al Colosseo, gli ispettori sono apparsi molto colpiti dal modo in cui Roma si è presentata. Lo show ai Fori Imperiali "è stata una cosa da togliere il fiato, questo dimostra la cultura che potete offrire in Italia e quello che potrete fare nel 2030", ha osservato Kerketzes.

Con Roma si sono completate le ispezioni nelle quattro città candidate: le altre sono Riad, la sudcoreana Busan e l'ucraina Odessa (in quel caso c'è stata una videoconferenza a causa della guerra). Sulla base delle relazioni degli ispettori, entro la prima decade di maggio il Comitato esecutivo del Bie deciderà quali candidature possono andare avanti. Poi il 20 giugno si farà il punto all'Assemblea generale che darà il via alla volata finale verso il voto dei 171 Stati membri a novembre.

Massolo: "Abbiamo un progetto forte e condiviso"

"È andata bene", ha assicurato il presidente del Comitato Promotore di Expo 2030, Giampiero Massolo, "credo che siamo riusciti a dimostrare che abbiamo un progetto solido, sostenibile, soprattutto condiviso dalle autorità nazionali, locali, dalle forze politiche di maggioranza e opposizione, dalle forze sociali e soprattutto dell'opinione pubblica e dalla società civile". Una compattezza che non può riguardare altre candidature e che fa del progetto italiano "l'Expo della libertà, dell'inclusione e del lavorare insieme".

"La visita è stata un grande successo", ha esultato il sindaco Roberto Gualtieri, "Roma è pronta e perfettamente all'altezza di organizzare e ospitare un evento di portata mondiale come Expo 2030".

Massolo non si è sbilanciato in previsioni ma ha lanciato un appello ai partner europei, alcuni dei quali come Francia e Grecia sarebbero orientati a votare per Riad: "Abbiamo, e siamo forti di questo, il sostegno delle istituzioni europee. Io spero che chi ora dà la propria preferenza ad altri possa ricredersi per tempo, perchè voterebbe per un progetto valido, nell'interesse non solo dell'Italia ma dell'Europa intera", ha detto l'ex segretario generale della Farnesina. 

Il Museo Goethe apre la sua collezione alle "intervenzioni"

Al Museo Casa di Goethe a Roma arrivano le "intervenzioni", un nuovo progetto che consolida il percorso innovativo impresso dal nuovo direttore Gregor H. Lersch per dare al museo un nuovo e dinamico ruolo di ponte culturale tra Italia e Germania, nel segno della storia europea e della contemporaneità.

Mentre sta per concludersi la mostra curata da Ludovico Pratesi "Viaggio in Italia XXI", un'indagine del presente dei viaggi in Italia rispetto al Grand Tour dei tempi di Goethe, raccontata da Francesco Arena, Guido Casaretto, Johanna Diehl, Esra Ersen, Silvia Giambrone, Benedikt Hipp, Christian Jankowski, Alessandro Piangiamore, in occasione del suo 25esimo anniversario, il Museo presenta sotto una nuova luce anche la sua esposizione permanente.

In collaborazione con gli studenti dell'Accademia di Belle Arti Weissensee di Berlino sono stati ideati degli "interventi" che introducono nuovi punti di vista e intuizioni contemporanee nella presentazione della collezione, instaurando un dialogo tra il museo e la realtà odierna. Grazie ad un workshop congiunto anche con gli studenti dell'Accademia di Belle Arti di Roma, gli studenti hanno elaborato un apposito linguaggio formale per gli interventi e i nuovi elementi espositivi. Le "intervenzioni" sono immediatamente visibili e fruibili per i visitatori: solo un passo separa gli studi naturalistici di Goethe da uno spazio per la percezione tattile, dove i tradizionali resoconti di viaggio nell'Italia meridionale parlano ora dei contatti con il Nord Africa e in cui le guide di viaggio storiche dialogano con moderne Lonely Planet. La mostra permanente, incentrata sull'epoca di Goethe, si apre così a questioni centrali che interessano l'Europa contemporanea: dal rapporto conflittuale tra Nord e Sud al ruolo della donna secondo Goethe.

Il progetto "Casa di Goethe intervenzioni" sarà esposto nell'ambito della mostra permanente del museo dal 24 marzo fino alla fine dell'anno. Porte aperte e ingresso libero il 25 marzo, quando è organizzato anche un workshop per bambini  (Ansa). 

La mostra a Roma. Nel disegno di Van Gogh il grembo del colore

Sotto l’esplosione di luce degli ultimi anni si nasconde la terra dei contadini della prima opera grafica. Due momenti di una stessa ricerca interiore
Vincent Van Gogh, “Autoritratto”, 1887 (particolare)

Vincent Van Gogh, “Autoritratto”, 1887 (particolare) - © Kröller-Müller Museum, Otterlo, The Netherlands

Avvenire 

 A un certo punto mi ero stancato di Van Gogh, del suo mito di folle- veggente e del mercimonio che si era sviluppato fra anni 80 e 90 attorno alla sua opera, con mostre che nascevano come funghi per catturare decine, centinaia di migliaia di spettatori disposti a fare file alle biglietterie per ore e ore. Van Gogh insidiava questo primato a un altro gigante, anche lui se non folle certo déraciné, Caravaggio. Il mito di quest’ultimo, il “pittore maledetto” come piace tuttora ai sostenitori della vulgata romanzesca, regge bene il passare del tempo, ma in occasione dell’ultima mostra tenutasi a Palazzo Reale pochi anni fa, avevo invocato una sorta di moratoria. Speranza vana, ovviamente, anche se da qualche tempo il passo dell’industria culturale caravaggesca sembra aver un po’ rallentato: se si ripetono all’infinito le cose risapute su Caravaggio, anche i maratoneti del grand tour finiscono per stancarsi. E non sarà – o forse sarà – la scoperta di un Ecce Homo di notevole fattura, ma pieno di insidie e dubbi per i conoscitori, a suscitare una nuova interpretazione dell’opera caravaggesca, se non altro perché, quand’anche fosse a lui attribuibile, non sposterebbe di un ette la conoscenza di uno stile e di un modo di dipingere già ampiamente studiato da ogni lato possibile. La mostra di Van Gogh in corso al Palazzo Bonaparte di Roma (Capolavori dal Kröller-Müller Museum, fino al 26 marzo) non esce dallo schema fin qui conosciuto e messo a punto negli ultimi trent’anni dai re Mida del mito vangoghiano. La curatela è di Maria Teresa Benedetti e di Francesca Villanti, il catalogo è pubblicato da Skira, il nucleo delle opere è preso interamente dalla collezione del museo olandese Kröller-Müller. Una classica mostra “a pacchetto”, una delle tante proposte in Italia con una logica che ho spesso criticato, fino a indicare, per contrasto, la mostra di Max Ernst attualmente in corso a Palazzo Reale (una delle sedi che ha più incentivato le inutili iniziative “a pacchetto”), perché è un ottimo esempio di come si dovrebbero fare le mostre. La rassegna su Van Gogh è costruita secondo i canoni oggi in voga delle mostre corredate di stanze immersive, in questo caso un buco nero dove specchi ed elaborazioni digitali sui vortici celesti del pittore creano l’impressione di trovarsi all’origine dei mondi, che tanti potrebbero essere quante le galassie scrutate dallo stesso pittore nelle sue visionarie immersioni sotto la volta stellata. Lo spettatore non farà mai quell’esperienza perché lo sfolgorio di luci e colori fa sembrare la stanza una specie di discoteca dove si balla al ritmo delle immagini. Eppure, si può scoprire qualcosa di buono anche laddove le premesse promettono poco. All’entrata, una stanza buia proietta immagini e notizie sul pittore e fa da drenaggio al pubblico che si sdoppia, chi a seguire la proiezione chi scivolando nelle prime sale. E qui, per quanto possa sembrare scontato in ragione della cronologia e della propedeutica espositiva, ecco che la serie dei disegni mi raggiunge come qualcosa di nuovo e mi spinge a pensare a quanto fosse bravo già attorno al 1880 Vincent quando inseguiva la sua idea espressiva: il bellissimo Seminatore proietta un’ombra sommaria sul campo arato che ha il gelido biancore di una superficie diafana sulla quale sono in fuga le linee dei solchi che accoglieranno il seme, ha l’allucinata espressione di chi, da rude contadino, conosce la fatica e il sudore anche d’inverno ma non perde mai l’attaccamento filiale al suolo che lo sfamerà: sullo sfondo un uccello in volo, un albero e una casa avvolti dalla foschia, e tutto si gioca più su quel bianco diffuso che sulla pesantezza del segno. Ugualmente, il contrasto fra la penombra della stanza dove una donna pela le patate e la luce del paesaggio invernale che entra da una finestra, come in un tableau-vivant ci fa vedere alcuni alberi che sembrano animare i loro rami senza foglie come in un racconto fantastico tipico delle saghe nordiche. Una natura morta con pentole, una bottiglia, una pipa e un cappello di paglia: è una delle sue prime prove pittoriche sul genere: Van Gogh sperimenta il colore stimolato da un cugino della madre, così come in una lettera spiega la scoperta dei valori del disegno eseguito dal vero. Ancora disegno nella Veduta dell’Aia, col tratteggio che rende alle case sullo sfondo un effetto di chiaroscuro quasi pittorico. La ricerca sulla ruvida bellezza della vita dei contadini torna ancora nel gruppo di donne che camminano sulla neve portando sulla schiena grandi sacchi di carbone, e in un ritratto di vecchio, parzialmente rovinato, che lo mostra sofferente mentre serra il suo volto contro i pugni, per esprimere quanto dolore prova; il colore emerge anche nella solitaria Capanna di torba dal contrasto fra l’inchiostro e la penna nera con l’acquerello variamente diluito che rende tutto in un bagno di luce al crepuscolo. Il segno a tratti si muove con sintetica sprezzatura, ma il tratteggio parla chiaramente dell’accanita ricerca tecnica di Van Gogh che in ogni disegno sembra rimettersi in gioco per acquisire nuove abilità. Un tema che ricorre in queste terre nordiche è quello dei tessitori. In un dipinto del 1884 Van Gogh rende la scena della tessitura come perfetta simbiosi di uomo e macchina, il lavoro come sapienza tecnica e austerità protestante, unificati nel colore marrone che emana luce con una studiata movenza dei toni dove legno del telaio, pavimento e pareti formano il grembo moderno che accoglie l’operaio mentre svolge la sua mansione. In primo piano il fuso con il filo bianco, segno luminoso che si distacca dal resto della tavolozza forse per testimoniare nel suo realismo il lato primigenio di quella materia che grazie alla tessitura entrerà a far parte del mondo quotidiano. Con un’accentuazione più dura, che spesso ritorna nel disegno, anche l’Uomo che avvolge il filato esprime il legame legittimante dell’uomo col suo lavoro in un’attentissima costruzione dello spazio e del tratteggio per differenziarne ombre e luci. Così, le contadine che piegate in avanti e puntellate nei tipici zoccoli che affondano nel terreno raccolgono il frumento, l’immancabile cuffia sul capo, ci ricordano che quella asprezza di vita e la fatica che comporta non sono diverse da quelle cui vanno soggette le bestie: nessuno sconto per le contadine, che anzi sono quasi equiparate ad animali da soma (mi fanno pensare ai disegni che Chagall eseguì giovanissimo rappresentando i contadini russi e il mondo animale con un’unica cifra espressiva). La loro sottomissione al lavoro è la rappresentazione più vera che potesse darci un occhio clinico ma anche umanissimo come quello di Van Gogh. Il tema delle donne è centrale nella sua opera del primo periodo e il colore fangoso e denso che lo contrassegna è l’elemento costruttivo di alcuni ritratti femminili (che ritroveremo nei Mangiatori di patate, qui rappresentati da una incisione) dove carne e terra, sangue e humus si compenetrano nella concezione della vita esposta alle forze naturali. Restano circa quattro anni a Van Gogh prima di lasciare questo mondo. Sono quelli, in particolare gli ultimi due, che lo hanno reso celebre per quel colore che sembra spremuto direttamente dal tubetto (come dicevano i critici degli impressionisti). Troppo si è detto e scritto perché si debba ricordarne l’ampiezza spirituale. Mi preme invece constatare che molto di quanto sappiamo di Van Gogh è fondato sulla convinzione che senza quegli ultimi anni la sua fama oggi sarebbe quella di un minore capace di eseguire un disegno altamente formalizzato ed espressivo, ma in definitiva qualcosa che apparterrebbe soltanto all’Ottocento e poco si avvicinerebbe al nostro sentire. Ecco, il dubbio è in questa domanda: sarebbe stato grande lo stesso? Per l’emozione che comunicano i suoi disegni ne sono convinto, ma so bene che nella cultura della “novità innanzitutto” saper esprimere con intensità il proprio genio non basta. Ogni anacronismo che resta fermo al talento che ci è stato consegnato risulta perdente di fronte al tribunali della storia. Ma lo stesso Van Gogh, per quella luce e lo sguardo profondo e interrogativo che ci lancia dal suo Autoritratto pare che dica: che cosa vedi in questo quadro, me o la mia pittura? So bene che la forza del nuovo ha il diritto della nascita dalla sua parte, ma per continuare a sentire l’uomo, prima che l’artista, nell’opera di Van Gogh tendo a una lettura umana più che umanista (direbbe Longhi) che trasforma anche il modo di guardare un’opera e il suo genio. I due periodi fondamentali della ricerca poco più che decennale di Van Gogh ci dicono che sotto nel colore vivissimo e scultoreo quasi, si celano ancora le terre dei contadini piegati sui campi a far fatica per procurarsi il pane. Vale a dire, due momenti di una stessa ricerca interiore, dove il disegno è come la notte per il giorno, come dire?, il grembo del colore.

Le mostre del week end, da Antonio Canova a Banksy. A Roma Ruediger Glatz racconta l'assenza di Pasolini

 

Glatz che racconta l'assenza di Pasolini, Antonio Canova, Banksy e la pittura tra '800 e '900: sono alcune delle mostre in programma questa settimana.

NUORO - Negli spazi del MAN dall'8 luglio al 30 ottobre la mostra "Sensorama. Lo sguardo, le cose, gli inganni", a cura di Chiara Gatti e Tiziana Cipelletti.

Il percorso, che esplora la relazione tra Visione e Percezione e la complessità dei fenomeni cognitivi, spazia dagli esperimenti di Georges Méliès alla pittura di René Magritte e Giorgio de Chirico, dalle fotografie allo specchio di Florence Henri agli ambienti avvolgenti e conturbanti di Peter Kogler o Marina Apollonio.
    PERUGIA - "Al tempo di Canova. Un itinerario umbro" è l'esposizione che si snoda tra Palazzo Baldeschi e il MUSA, Museo dell'Accademia di Belle Arti: in programma dal 6 luglio al 1 novembre e a cura di Stefania Petrillo, la mostra è incentrata sul nucleo dei gessi canoviani conservati al MUSA - tra i quali Le tre Grazie, donate dallo stesso scultore nel 1822 - e valorizza il contesto artistico e culturale entro cui queste opere si inserirono.
    UDINE - Dall'8 luglio al 18 settembre alla Chiesa di San Francesco la storia della street art italiana e internazionale viene raccontata nella mostra "Banksy & Friends" attraverso il dialogo tra il misterioso artista inglese e influenti artisti italiani del momento come Mr. Brainwash, TvBoy, Jago, Andrea Ravo Mattoni e Pau. A cura di Pietro Quattriglia Venneri, il percorso presenta oltre 40 opere provenienti dalla collezione di proprietà della Pop House Gallery.
    ROMA - "Reflecting Pasolini" è la mostra di Ruediger Glatz ospitata a Palazzo delle Esposizioni dall'8 luglio al 4 settembre, a cura di Alessio de'Navasques. La mostra raccoglie oltre 60 fotografie in bianco e nero dedicate al grande intellettuale, in cui Glatz ha documentato la forza dell'assenza nella performance Embodying Pasolini, presentata nel giugno 2021 negli spazi del Mattatoio di Roma, con la performer e attrice Tilda Swinton e Olivier Saillard, curatore e storico della moda (e i costumi di Danilo Donati).
    Luoghi dell'anima e pretesti figurativi in opere inondate di luce: a Palazzo Merulana dal 10 luglio al 7 agosto "l'aria di Roma", personale di Antonio Finelli. Nel percorso lavori che ricercano la Roma metafisica e contemporanea con particolare focus sul territorio del Primo Municipio Roma Centro, Esquilino e Piazza Vittorio. Alla Casa del Cinema dal 4 luglio al 4 settembre "Tognazzi Pasolini 100", personale di Luisa Mazzone che rende omaggio ai due artisti attraverso l'esposizione di tavole pittoriche di alcuni film tradotti in 32 suggestive illustrazioni. I disegni sono tratti dalle pubblicazioni "Pasolini Il Cinema in 20 tavole", promosso dal Mic per il 40° anniversario della morte di Pasolini (NedEdizioni 2015) e "Ugo Tognazzi Storia, stile e segreti di un grande attore", realizzato nel 2018 a corredo della rassegna che il Moma di New York ha dedicato a Tognazzi. Al Mattatoio fino al 4 settembre "Sediments. After Memory" di Victor Fotso Nyie, Muna Mussie, Las Nietas de Nonó, Christian Offman, a cura di Johanne Affricot ed Eric Otieno Sumba. Seguendo i concetti di rivoluzioni ostacolate, soggettività postcoloniali, consumismo vuoto e cittadinanza precaria, la mostra riflette sui nostri tempi e attraverso gli artisti crea un ponte tra Camerun, Eritrea, Italia, Porto Rico e Rwanda.
    LECCO - Palazzo delle Paure e Villa Manzoni, sede dei musei civici, ospitano dal 1 luglio al 20 novembre la mostra "Poetiche. Quotidiano e immaginario nell'arte italiana tra Ottocento e Novecento", a cura di Simona Bartolena. Nel percorso più di 90 opere di autori che si sono interessati alla questione sociale, alla tematica del quotidiano e all'immaginario simbolista, quali Giovanni Segantini, Angelo Morbelli, Emilio Longoni, Giuseppe Pellizza da Volpedo e altri.
    MODENA - Al Complesso di San Paolo dal 6 luglio al 18 settembre la collettiva "Figlie del fuoco" con i lavori di Enrica Berselli, Alice Padovani, Federica Poletti. A cura di Barbara Codogno, la mostra si compone di sculture in cera di Enrica Berselli, tre grandi opere a tecnica mista su carta di Alice Padovani, e dei dipinti di Federica Poletti. (ANSA).

Anche ENIT sostiene, con il suo patrocinio, l'International Christmas Party, che si terrà il 6 dicembre 2018


Anche ENIT sostiene, con il suo patrocinio, l'International Christmas Party, che si terrà il 6 dicembre 2018 presso l’Hotel Regina Baglioni, a Roma. Alla serata parteciperanno operatori turistici, imprenditori, diplomatici e giornalisti italiani e stranieri. In programma un'asta di abiti di alta moda Made in Italy, il cui ricavato sarà devoluto in beneficenza, ed uno show cooking di uno chef stellato della Catena Baglioni Hotels, al termine del quale sarà presentata e degustata una produzione speciale di spumanti.