Via Matildica. Da Mantova a Lucca, un cammino per “arrivare in alto”

Un percorso lungo i fili della storia e della fede, fra Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana in quelle che furono le terre di Matilde di Canossa. La meta ai piedi del Volto Santo
Cattedrale di Lucca, il Volto Santo

Cattedrale di Lucca, il Volto Santo - Associazione Via Matildica del Volto Santo

Avvenire «Conoscete le leggi del gioco della dama? Ve le dirò io. Primo: non è permesso fare due passi alla volta. Secondo: è permesso solo andare avanti e non tornare indietro. Terzo: quando si è arrivati in alto, si può andare dove si vuole». È questa “lezione” chassidica riportata da Martin Buber ne Il Cammino dell’uomo (Qiqajon) a guidare i pellegrini che percorrono la via Matildica del Volto Santo. Credenziale in mano, la strada si apre un passo alla volta, dall’inizio alla fine, da Mantova a Lucca, passando per Reggio Emilia, lungo i fili della storia e della fede. Si parte dalla pianura lungo il letto del Po e si sale fino alle alture poco conosciute e sorprendenti dell’Appennino Tosco-Emiliano, attraversando suggestivi borghi e città, come Guastalla, antichi e strategici castelli, come la Rupe di Canossa, il Castello di Rossena o quello delle Carpineti, e poi pievi e monasteri, come quello benedettino di Marola, luogo di una fede millenaria. Oltre duecento chilometri, in undici tappe, fra Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana, in quelle che furono le terre di Matilde di Canossa, figura mitica del Medioevo europeo, che per la sua fedeltà alla Chiesa e l’attenzione al popolo, ebbe l'ammirazione e l’amore di tutti i suoi sudditi. Non a caso, per volere di papa Urbano VIII è sepolta nella basilica di San Pietro, a Roma, e il cammino, in questo anno giubilare, proseguendo sulla Via Francigena, può arrivare proprio fino alla sua tomba realizzata dal Bernini.
Il ponte della Maddalena (o del Diavolo) a Borgo a Mozzano

Il ponte della Maddalena (o del Diavolo) a Borgo a Mozzano - Associazione Via Matildica del Volto Santo

La via Matildica del Volto Santo (tutte le info sul sito viamatildica.it) fa parte della rete dei ventuno Cammini dell’Emilia-Romagna e delle sette vie giubilari del progetto “Cammini della Fede”, la WebApp lanciata dalla Cei per mappare e valorizzare le antiche e nuove vie di pellegrinaggio. È un cammino suddiviso in tre tratti storici: la Via del Preziosissimo Sangue (da Mantova a Reggio Emilia, tre tappe); il Cammino di San Pellegrino (da Reggio Emilia a San Pellegrino in Alpe, cinque tappe) e Via del Volto Santo (da Castelnuovo di Garfagnana a Lucca, altre tre tappe). «In uno strano corto circuito spazio-tempo, dove il “lento” e il “veloce” si sfiorano, si incrocia la stazione dell’alta velocità di Reggio Emilia e si può decidere se proseguire verso l'appennino - con i suoi crinali, con le sue foreste, le antiche abbazie, i monasteri e i castelli che si incastonano tra i paesaggi - o se saltare su un treno e spostarsi verso Bologna – annota in una piccola storia sul sito dei Cammini dell’Emilia Romagna, Monica Valeri, responsabile del turismo religioso in Apt –. Bene, se si decide di proseguire verso l’appennino si rimarrà stupiti perché oltre il sudore del “sali e scendi” che sfianca le gambe e rompe il fiato saranno nostri compagni di viaggio momenti di inaspettata bellezza e intimo stupore che il cammino sa regalarci». Ed ecco ritrovarsi a mettere un piede davanti all’altro lungo antichi castagneti matildici, imbattersi in luoghi carichi di storia, dal duomo di Barga alla pieve di Toano, o provare l’ebbrezza di ammirare il paesaggio, che sembra essersi fermato nel tempo, dall’alto dalle torri difensive di uno dei tanti castelli. Il cammino e la sosta, per riprendersi dalle fatiche e gustare i piatti della cucina tipica in una delle tante attività di ristorazione lungo il percorso. E assaggiare il pane di Matilde, una pagnotta con il simbolo di una croce nel mezzo che va condiviso con gli altri e si mangia rigorosamente spezzato a metà. Nell’andare fra i borghi si può cogliere la raffinatezza dell'Ars Canusina, una tecnica di ricamo nata negli Anni Trenta per mano di Maria Bertolani Del Rio, psichiatra del manicomio San Lazzaro di Reggio Emilia, che caratterizzerà alcune delle produzioni artigianali più preziose del territorio, ispirata ai motivi decorativi che impreziosivano i monumenti e le architetture del periodo di Matilde di Canossa (il Musec di Lugano ha ospitato fino al 29 giugno una mostra a questa particolare arte).
La cattedrale di Reggio Emilia

La cattedrale di Reggio Emilia - Associazione Via Matildica del Volto Santo

Ma questo è soprattutto un cammino di fede, di devozione, con dei segni sacri straordinari. «L’epoca di Matilde – dice Angelo Dallasta, direttore dell’ufficio per i Beni Culturali della diocesi di Reggio Emilia, e fra i promotori, nel 2014, di questo percorso – è fortemente connotata da temi religiosi: dalla sua lotta per le investiture alla riscoperta dei pellegrinaggi e dei luoghi sacri. Ed è in mezzo a queste esperienze che s’innesta il cammino nei territori di Matilde, con alcuni punti fermi. A Mantova, il sangue di Cristo, portato secondo la tradizione da San Longino, il centurione che trafisse Gesù morto sulla croce, riposto nelle ampolle custodite nella Chiesa di Sant’Andrea, opera massima di Leon Battista Alberti. A Lucca, il Volto Santo, il crocefisso ligneo che la leggenda definisce un’opera acheropita, fatta trovare già scolpita a Nicodemo, il discepolo che depose Cristo nel sepolcro; senza dimenticare Sant’Anselmo, confessore di Matilde, che ha percorso in senso inverso il cammino divenendo il santo patrono della città di Mantova. E poi San Pellegrino in Alpe, da sempre meta di pellegrinaggi, grazie al mito del figlio del re di Scozia che sarebbe morto in questi luoghi nel 643 dopo aver scritto la sua vita dentro una corteccia d’albero, creando fin da subito un’aura di spiritualità».
San Pellegrino in Alpe

San Pellegrino in Alpe - G.Matarazzo

Proprio a San Pellegrino in Alpe, sul versante appenninico della Garfagnana e Media Valle del Serchio, a 1525 m di altezza, dopo aver attraversato una ricchezza spirituale e un panorama naturalistico unici, si tocca l’apice fisica e ideale di questa via. Qui la vita rallenta e si ammanta di poesia e leggende. E la leggenda vuole che san Pellegrino, tentato dal Diavolo, dopo aver perso la pazienza gli sferrò un tremendo schiaffo facendogli attraversare l'intera valle, fino a farlo sbattere contro le Alpi Apuane. Queste vennero oltrepassate e bucate dal corpo del Diavolo, lasciando come traccia il Monte Forato (1234 m s.l.m.), un arco naturale di pietra lungo 15 metri e alto 12. Il borgo, oltre al santuario dedicato agli eremiti Pellegrino e Bianco, custodisce anche il Museo etnografico “Don Luigi Pellegrini”: costruito a partire dagli anni Settanta dal parroco cui è oggi intitolato, accoglie oltre 4mila pezzi tra suppellettili, arnesi da lavoro, macchinari testimonianza della civiltà contadina del luogo. Superato un portale in pietra, fra il santuario e il museo, si apre un panorama che lascia senza fiato, un “balcone” naturale sulle Alpi Apuane caratterizzato da una croce che ogni anno viene cambiata dagli abitanti. Dei nastri colorati lungo la staccionata segnano il passaggio di chi affida un pensiero e una preghiera. Ai piedi di quella croce, davanti all’infinito, forse sì, come nella storia di Buber, si fa «dama». Si arriva così in alto che poi «si può andare dove si vuole».
La vista da San Pellegrino in Alpe

La vista da San Pellegrino in Alpe - G.Matarazzo

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