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Reportage. Isole Aran: poesia dai confini del mondo

Nell’isola ai confini del mondo è facile smarrire del tutto la concezione del tempo. Da quando il traghetto molla gli ormeggi dal porticciolo di Rossaveel, immerso nelle nebbie eterne del Connemara, l’orologio segna tre quarti d’ora di traversata per raggiungere Inishmore, la più grande delle isole Aran. Ma forse è un’illusione, perché in questa striscia di roccia calcarea sferzata dal vento e sperduta nell’Atlantico il tempo sembra essersi fermato. Gli abitanti più anziani la chiamano ancora Inis Mór, e ricordano l’epoca in cui era considerata l’ultima roccaforte della cultura gaelica contro l’anglicizzazione dell’Irlanda. Una terra che dette i natali al più grande poeta in lingua irlandese, Máirtín Ó Direáin, e poi allo scrittore Liam O’Flaherty, l’illustre esponente del Rinascimento irlandese che sull’isola ambientò molti suoi romanzi. Al volgere del XIX secolo vi mise piede per la prima volta anche un drammaturgo dai baffi cadenti e dall’aria malinconica che sarebbe diventato uno dei grandi del teatro irlandese, John Millington Synge. A Parigi aveva incontrato William Butler Yeats, di qualche anno più vecchio ma già famoso, che gli dette uno di quei consigli che rivoluzionano la vita di un uomo: vai alle isole Aran, ci troverai una vita non ancora espressa in letteratura.

Racconti di fate e testimonianze di vita semplice e tragica

Synge seguì il suggerimento del grande poeta e vi trascorse varie estati e autunni, intrecciando rapporti con gli abitanti, approfondendo la conoscenza del gaelico, raccogliendo racconti di fate e testimonianze di una vita semplice e tragica. Legò per sempre il suo nome a quest’ultimo lembo primitivo d’Irlanda e alle persone che ci vivevano divenendo il cantore dell’Irlanda rurale e primordiale, il drammaturgo paragonato ai greci per la profonda adesione al dolore umano. «Sono a Inishmore, seduto accanto a un fuoco di torba, e ascolto un mormorio in gaelico che sale da un piccolo pub verso la mia stanza», scrisse nell’incipit della sua raccolta di racconti Le isole Aran, pubblicata per la prima volta nel 1907. Tutte le sue opere teatrali sono ambientate o fortemente influenzate dal periodo che trascorse a Inishmore e in un’altra delle isole Aran, Inishman. Li descrisse come luoghi magici ma assai poco adatti per viverci, come avrebbe confermato anche un grande classico del documentario della prima metà del ’900, L’uomo di Aran del regista statunitense Robert Flaherty. Ancora oggi, è proprio ciò che manca a rendere Inishmore un’isola dal fascino senza tempo. Le macchine sono una rarità, ci si muove a piedi, in bicicletta o a bordo di piccoli pulmini guidati dagli abitanti. L’elettricità è arrivata soltanto negli anni ’70. Intorno al villaggio si scorgono poche casette colorate, due pub e poi i viottoli che serpeggiano fra ali basse di muretti di pietra a secco che disegnano strade e confini. Piccoli appezzamenti di pascolo, ampi spazi incontaminati e rovine di antichi monasteri che si ergono lontane dal frastuono degli uomini. « L’interesse supremo dell’isola – annotò ancora Synge - risiede nella strana concordia che esiste tra le persone e gli impersonali impulsi limitati ma potenti della natura che è intorno a loro». In questa terra ricca di leggende, di silenzio e di echi letterari e cinematografici vivono oggi poco più di settecento abitanti fieri della loro storia e delle loro tradizioni. Due secoli fa erano circa tre volte tanti ma poi le carestie dell’Ottocento e le durissime condizioni di vita avrebbero costretto molti di loro a partire per non fare più ritorno. Gli odierni abitanti sono dediti a un turismo lento, sostenibile e rispettoso dell’ecosistema naturale. Quelle che incrociamo sono persone ospitali che salutano ancora alzando tre dita della mano, quasi per benedire, come facevano gli antichi monaci che si rifugiarono qui a meditare in cerca di silenzio e di spiritualità.

Hollywood è tornata agli "Spiriti dell'isola"

Un anno fa Hollywood si è affacciata di nuovo: il regista britannico Martin McDonagh vi ha portato il set del suo film candidato a nove Oscar, Gli spiriti dell’isola. Poi i riflettori si sono spenti di nuovo e la vita è tornata a scorrere come prima. Visitare quest’isola, oggi, è come risalire alle radici di un’esistenza che coinvolge solo i principi fondamentali: il confronto con un territorio ancora selvaggio in un fazzoletto di terra immutato da secoli, il rude contatto con una natura violenta che supera ogni immaginazione e può mettere i brividi, il ricordo di una lotta impari con il mare che in passato vedeva quasi sempre l’uomo soccombere. «Molti sono stati inghiottiti dalle acque dell’oceano in tempesta, che in alcuni casi non hanno neanche restituito i loro corpi », racconta un artista locale, Cyril Flaherty, indicandoci una serie di monumenti allineati di fronte al mare e sormontati da piccole croci. Tristi cenotafi senza nome, eretti in memoria di questi Malavoglia del nord. È lui ad accompagnarci in un paesaggio lunare che evoca quadri, poesie e un passato leggendario. Un paesaggio solcato da torbiere, minuscoli rivoli d’acqua e un terreno che è una lastra di pietra naturale. «Coltivarlo potrebbe sembrare un’impresa impossibile ma la gente del posto ha imparato da secoli a rendere fertile anche la pietra, collocandoci sopra uno strato di sabbia e alghe marine», ci spiega. Nella parte settentrionale dell’isola, però, non si incontra anima viva. I sentieri di roccia si fanno sempre più impervi e cominciano a salire finché non si scorgono, quasi all’improvviso, i contorni del Dún Aengus, il più celebre dei forti preistorici delle isole Aran. Costruito durante l’Età del bronzo e risalente al I millennio a.C., è formato da una combinazione di quattro cinte murarie concentriche, con uno spessore che in alcuni punti raggiunge i quattro metri. In lontananza si avvertono rumori inquietanti che sembrano esplosioni. Solo all’interno delle mura ci si rende conto che il forte è affacciato su una scogliera di calcare a picco sull’Atlantico alta oltre un centinaio di metri. Quelle che sembravano esplosioni sono in realtà le onde che si infrangono violentemente sulla roccia. Dal promontorio l’oceano risuona cupo, non si può non provare un brivido di vertigine di fronte all’immensità della natura. A separarci dall’abisso non c’è neanche una spalliera di protezione.

Sulla scogliera le grotte dei druidi

Un tratto di scogliera sotto al Dún Aengus è stato denominato “Wormhole” (“buco del verme”) perché è formato da ampie grotte scavate nei secoli dall’incessante forza delle acque. La posizione del forte suggerisce che la sua funzione principale non fosse di natura militare bensì religiosa e cerimoniale. Si pensa che sia stato usato dai druidi, gli antichi sacerdoti dei Celti, per riti stagionali. Lo scrittore Liam O’Flaherty – che nacque qui nel 1896 – scrisse: «quest’isola ha il carattere e la personalità di un Dio muto. Si è intimoriti dalla sua presenza, si respira la sua aria. Su di essa aleggia un senso travolgente di grande, nobile tragedia. L’instabilità della vita nell’isola trasforma gli amici in nemici e i nemici in amici con sorprendente rapidità». Quasi una metafora della guerra civile, che anticipa la trama del film Gli spiriti dell’isola.

avvenire.it

- Segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone e Albana Ruci turismoculturale@yahoo.it

Gli utenti di Jetcost hanno scelto il Duomo di Milano insieme con la Basilica di San Francesco d’Assisi, tra le 12 cattedrali più belle del continente

L'architettura gotica rifletteva gli ideali, i gusti e la spiritualità dell'epoca. Dopo il periodo più buio del romanico, si cercarono luce e verticalità, caratteristiche essenziali dell'architettura delle chiese e delle cattedrali gotiche, con le variopinte vetrate che lluminano gli spazi interni con una miriade di colori.  Le prime cattedrali gotiche risalgono alla seconda metà del XII secolo, per costruirle venivano chiamati i migliori architetti, scalpellini, carpentieri e vetrai e la loro realizzazione poteva richiedere centinaia di anni di lavoro e il contributo di intere città. Sebbene esempi di architettura gotica siano presenti in molti palazzi, municipi e castelli dell'epoca, questo stile trova la sua massima espressione nelle splendide cattedrali presenti nel vecchio continente. Per questo motivo, il potente motore di ricerca di voli e hotel www.jetcost.it, ha voluto consultare i suoi utenti su quali sono quelle che considerano più monumentali e imponenti. Ovvero: il Duomo di Milano, la basilica di San Francesco d'Assisi, la cattedrale di Burgos, Notre Dame de Paris, la cattedrale di Siviglia, la cattedrale di Colonia, la cattedrale di Lincoln (Inghiltera), la cattedrale di Charters, la cattedrale di San Vito a Praga, la cattedrale di Santa Maria di Toledo, la cattedrale di Santo Stefano (Vienna), il Monastero dos Jerònimos a Lisbona

famigliacristiana.it

- segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone e Albana Ruci - turismoculturale@yahoo.it

Dal mare fino all'estrema punta meridionale della Puglia: un itinerario spirituale che percorre la storia e l’insegnamento di don Tonino


Il progetto del Cammino di don Tonino si ispira alla figura dell’amato pastore salentino e al suo messaggio di grande speranza e apertura nei confronti del mondo e dell’altro. È stato ideato dalla Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi in occasione delle celebrazioni del XXV anniversario della sua morte, nel 2018.

Il Cammino nasce con il desiderio di far conoscere la figura dell’indimenticato vescovo attraverso la scoperta di alcuni tra i luoghi più belli della Puglia, legati alla sua esperienza di pastore.

L’itinerario parte da Molfetta, sede vescovile della diocesi e città che custodisce numerose testimonianze legate alla figura di don Tonino Bello e al suo amorevole servizio alla chiesa locale, per terminare nel Salento dinanzi alla sua tomba, nella città natale di Alessano.

Attraverso luoghi di grande valore culturale, religioso e naturalistico della dorsale interna della Regione, il pellegrino giungerà sulla tomba di don Tonino per poi proseguire verso l’estremità fisica della penisola con il Santuario di Santa Maria de Finibus Terrae a Leuca.

Le cattedrali romaniche, i trulli della Valle d’Itria, gli ulivi secolari, gli insediamenti rupestri, il barocco leccese sono i principali temi che faranno da cornice ad un cammino ricco di suggestioni e spunti di riflessione, accompagnati dai testi e dalle parole dell’indimenticato vescovo. Il Cammino diventa, quindi, l’occasione per vivere un percorso fisico e spirituale al tempo stesso. Mettersi in cammino spinge a guardarsi dentro, a guardare oltre, ad incontrare l’altro e a ritrovare l’Altro.

Per promuovere il Cammino di don Tonino, nel giugno 2019, è nata l’omonima associazione di volontariato che ha come scopo principale quello di raccontare la figura del pastore salentino attraverso un itinerario che esalta i luoghi più belli della Puglia. L’associazione è impegnata nella costante manutenzione del percorso e nella diffusione del progetto, avvalendosi anche del contributo di alcuni volontari, attraverso il servizio di informazione e accoglienza dei pellegrini, la comunicazione sulle pagine social e la realizzazione di eventi lungo il cammino.

Segno distintivo del pellegrino sul Cammino di don Tonino è il piccolo tau in legno che riproduce la croce pettorale del Venerabile.

Particolarmente utile per prepararsi al cammino è la Guida del Pellegrino, pubblicata nel 2022 con Terre di Mezzo Editore. Qui sono raccolti tutti i tratti e le tappe suggerite. Il viandante potrà trovare tutte le informazioni utili al viaggio. Tappa per tappa potrà consultare le mappe con il percorso tracciato, le altimetrie, i chilometri da percorrere ed i contatti utili. Inoltre, ciascun tratto è corredato da un testo descrittivo, particolarmente dettagliato sull’itinerario da percorrere giorno dopo giorno.

La raccolta “Incontrarsi. Sui passi di don Tonino” invece, edita da San Paolo, è un sussidio pensato per accompagnare, passo dopo passo, il viandante attraverso la lettura di testi scelti di don Tonino Bello. Ogni tappa è caratterizzata da un tema ed un’attenzione particolarmente cara al pastore un dono prezioso per quanti vorranno mettersi in cammino! Un’esortazione per quanti affrontano la vita e le sue complessità con sguardo attento e cuore aperto.

L’itinerario suggerito consente quindi ai pellegrini non solo di ammirare alcune delle zone più belle della Puglia, ma anche di vivere la dimensione della “contemplattività”, tanto cara al Venerabile.

Luigi Amendolagine, diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi
turismo.chiesacattolica.ir

- segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone e Albana Ruci turismoculturale@yahoo.it

Il "nuovo Santuario di Roma" della Madonna del Divino Amore meta di migliaia di pellegrini da oltre 250 anni

«Ave e sempre Ave,
la Madonna del Divino Amore,
fa le grazie a tutte l’ore
e noi l’andiamo a visitar»

A pochi chilometri da Roma, immerso nella campagna dell’Agro Pontino, nella zona di Castel di Leva

sorge il santuario della Madonna del Divino Amore, uno dei luoghi più cari ai romani di tutte le generazioni. San Giovanni Paolo II l’ha definito: «il nuovo santuario mariano di Roma accanto a quello più antico di Santa Maria Maggiore».

La storia del santuario è profondamente legata ai segni straordinari che Dio ha manifestato attraverso la Vergine Maria. Dal primo miracolo, avvenuto nel 1740, che salvò la vita a un pellegrino diretto verso Roma, alla tomba di Pietro; al prodigio del 1944 che risparmiò l’Urbe dalla distruzione durante il secondo conflitto mondiale; ai molteplici segni che ogni giorno si palesano nelle vite di tanti fedeli, che si recano in visita al santuario, esprimendo la propria devozione con il famoso canto popolare «La Madonna del Divino Amore fa le grazie a tutte l’ore. Noi l’andiamo a visitar».

Il cuore del santuario è la sala ex voto, il luogo più suggestivo e commovente di tutto il complesso. Migliaia di oggetti come cuori d’argento, tavolette dipinte, fiocchi nascita, stampelle, fucili, caschi da motociclista fino alle foto più recenti adornano le mura della sala adiacente l’antico santuario. Una grandissima quantità di mammelle ex voto si trovano, anche, lungo il muro di cinta del santuario. Vi invito a soffermarvi in questi luoghi e a leggere alcune delle testimonianze di grazie ricevute, esprimono la storia e la fede dei romani, ma non solo, raccontano anche la misericordia di Dio che si rivela attraverso l’intercessione della Vergine Maria.

IL PELLEGRINAGGIO NOTTURNO ALLA MADONNA DEL DIVINO AMORE

Decine di pellegrini, ogni sabato, dal primo dopo Pasqua fino al mese di ottobre, percorrono la via Ardeatina, partendo da piazza di Porta Capena per raggiungere il santuario del Divino Amore. Il pellegrinaggio, notturno, a piedi, famoso in tutta la città è scandito da canti e preghiere alla Vergine Maria.
Il pellegrinaggio passa attraverso alcuni luoghi simbolo della cristianità: le catacombe di San Sebastiano, di San Callisto e la chiesetta di Santa Maria in Palmis o del Passo, conosciuta con il nome di "Quo vadis".

IL SANTUARIO DELLA MADONNA DEL DIVINO AMORE
Dove: via del Santuario, 10 – Roma

Pellegrinaggio notturno: da sabato 30 aprile riprendono i pellegrinaggi notturni al santuario del Divino Amore: partenza tutti i sabati alle ore 24 da Piazza di Porta Capena (Circo Massimo) e termine al Nuovo Santuario con la S. Messa alle ore 5.00.
turismo.chiesacatolica.it

- Segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone e Albana Ruci - turismoculturale@yahoo.it

Cittaslow celebra le Giornate mondiali delle api e della biodiversità del 20 e 22 maggio 2023 con il progetto CittaslowBee

Le api sono le sentinelle della biodiversità ed è per questo che le Città del Buon Vivere sono da anni impegnate nella tutela di questi insetti fondamentali per l’ecosistema. 

Mentre tutti parliamo di grandi temi a livello globale come il “green deal” e la “next generation” – spiega il presidente Cittaslow, Mauro Migliorini – come sindaci e cittadini delle Cittaslow abbiamo voluto dare subito un contributo concreto, impegnandoci nella difesa delle api”. In questa direzione va il progetto CittaslowBee, che gode del patrocinio del Ministero della Transizione Ecologica e del sostegno delle Città del Miele. 

In considerazione del ruolo che hanno le Comunità Cittaslow per la promozione di uno sviluppo locale sostenibile, per la riqualificazione dei territori e per la tutela dell’ambiente - continua Mauro Migliorini - le Cittaslow italiane propongono questo “progetto aperto” che è una sorta di cantiere, di sensibilizzazione alla salvaguardia delle api. Le api, quali indicatori della biodiversità, della salubrità ambientale e della tutela ambientale”. 

Il progetto coinvolge le 88 città della rete italiana di Cittaslow e il network internazionale, 300 città in tutto il mondo, con azioni concrete rivolte alle Amministrazioni e ai cittadini. 

È un modo per far conoscere anche il manifesto CittaslowBee.“Un documento che contiene – spiega Pier Giorgio Oliveti, Segretario Generale Cittaslow – suggerimenti tecnici e operativi per le pubbliche amministrazioni e indicazioni di comportamento per i cittadini. Uno strumento concreto, che riporta ad esempio l’elenco delle piante mellifere indicate per la piantumazione di parchi urbani e aree pubblicheOppure, per i cittadini, le modalità di prendersi cura di giardini e balconi fioriti. E ancora agli agricoltori vengono suggerite le buone pratiche per aumentare l’abbondanza degli impollinatori, sia domestici che selvatici”.


L’idea di Parrano, piccolo comune in provincia di Terni, membro di Cittaslow, è davvero originale: un apiario di comunità. Si tratta di una decina di arnie che permettono agli abitanti del borgo di conoscere e osservare liberamente le api nel loro habitat, sotto la guida di un apicoltore esperto. 

Il tema delle api ci sta molto a cuore – spiega Valentino FilippettiSindaco di Parrano - Siamo Comune Amico delle Api e collaboriamo molto con gli apicoltori. Per questo abbiamo realizzato un apiario di comunità10 cassette a disposizione di chiunque voglia imparare a coltivare le api, curarle, estrarre il miele. Pensiamo sia un passo verso la tutela e la salvaguardia della biodiversità del nostro territorio”. 

Non solo, Parrano si è impegnato anche nella realizzazione di un parco con piante mellifere, un vero e proprio richiamo per le api. Inoltre a breve partirà il Corso di avvio all’apicoltura a cura di Apicoltura La Valle del Chiani, finalizzato alla conoscenza del mestiere di apicoltoreCinque lezioni con approccio teorico e pratico che permetteranno di prendere confidenza con l’apiario comunale. 

Non potevano che partire dalla Cittaslow di Usseglio l’autostrada delle api e il sentiero degli impollinatori. Per dirla con le parole del sindaco di UsseglioPier Mario Grosso: “Qui, nel cuore delle Valli di Lanzo, dove scoprire natura, tradizioni e paesaggi unici, ritrovando un ambiente di montagna ancora incontaminato”. 

Dal 2021 Usseglio è diventato difensore delle api e fa parte dei “Comuni Amici delle Api”. Non solo, ha aderito anche al progetto dell’autostrada delle api” creando un vero e proprio sentiero degli impollinatori. Si parte proprio da Usseglio, un borgo in provincia di Torino con meno di 200 abitanti, e si arriva a Stupinigi attraverso un corridoio ecologico creato ad hoc per gli insetti impollinatori. Ogni 250 metri infatti, su tetti o balconi, aiuole, parchi o giardini ci sono stazioni di polline, cioè dei vasi di fiori e piante mellifere, produttrici di nettare o altre sostanze care alle api. 

Acquapendente è un altro comune Cittaslow molto interessato alla salvaguardia delle api. Proprio qui infatti, dalla Riserva Naturale Monte Rufeno della Regione Lazio, da qualche anno è partito un progetto innovativo per tutelare e migliorare in modo naturale il numero delle api, riesumando antichi sistemi di allevamento alare e metodi di apicoltura. Si tratta di “case per api naturali”, del tipo “kenia top bar”, ospitate dalla cooperativa L'Ape Regina, che permettono alle api di proliferare in sicurezza. Il tutto slegato dalla produzione commerciale del miele. Nell'arnia Kenya Top Bar le api sono libere di creare i favi su delle barre di legno, senza nessun tipo di condizionamento umano volto alla produzione del miele, e quando sono in soprannumero possono sciamare liberamente, come avviene in natura per gli insetti impollinatori. Un progetto importante, come spiega il direttore della Riserva di Monte Rufeno Massimo Bedini: “ogni anno una colonia di api trasporta circa 20 kg di polline e 220 kg di nettare. Per questo il miele e il polline consentono di ricostruire una vera e propria impronta digitale delle caratteristiche botaniche del territorio”.

A proposito di api, tra i comuni Cittaslow, Castel San Pietro Terme in provincia di Bologna ospita la sede dell’Osservatorio Nazionale Miele. Sono molte le iniziative che insieme al Comune vengono portate avanti proprio per la salvaguardia degli insetti. Il giardino delle api è una di queste: la riproduzione in miniatura nella piazza centrale dell’ecosistema di questi insetti. Un prototipo di quello che si vorrebbe realizzare lungo la ciclabile del fiume Sillaro. Una vera e propria “pista delle api” con piante mellifere come salice, tiglio, rosmarino, lavanda, ginestra, tamerici, rosa, salvia, timo, origano, santoreggia, erba cipollina e girasole, piante che forniscono alle api il polline per nutrirsi e produrre il miele.

Il giardino ha l’obiettivo di sensibilizzare sui temi dell’ambiente e dell’importanza delle api per la salute dell’intero ecosistema, in occasione in particolare della giornata dedicata alle api e alla biodiversità. In questo senso, spiega il direttore dell’Osservatorio Nazionale MieleGiancarlo Nardi: “fondamentale è anche la manutenzione del verde che deve avvenire in modo sostenibile per gli impollinatori. Per questo il Comune organizza almeno 2 corsi all’anno per promuovere e far conoscere queste modalità compatibili tra i privati e gli operatori di settore”.

Un rifugio per api solitarie con relativo habitat, composto da piante e fiori che donino loro adeguato nutrimento. Inoltre una stele simbolica dedicata alle api, un monumento celebrativo al lavoro degli impollinatori per sensibilizzare sull'importanza di questi insetti, sulla necessità di proteggerli e di fermare la distruzione degli ecosistemi, indispensabili per la loro vita e di riflesso anche della nostra. 

Sono le iniziative di Città della Pieve, Cittaslow in provincia di Perugia. Il Comune Amico delle Api, non solo è impegnato nell’incremento della coltivazione di specie vegetali gradite agli insetti, ma ha anche progettato il primo orto di comunità a tutela della biodiversità. Molta attenzione viene data ai trattamenti da eseguire sulle alberate cittadine, evitando l’uso di pesticidi e altre sostanze dannose. 

Il mondo che verrà – afferma il sindaco di Città della Pieve Fausto Risini – non può fare a meno delle api, da cui dipende, direttamente e indirettamente, circa il 75% di frutta e verdura che troviamo sulle nostre tavole e il 90% di piante e fiori selvatici presenti sulla Terra. Perciò siamo pienamente consapevoli delle conseguenze che la diminuzione di questi insetti preziosissimi e insostituibili comporterebbe”.

Membro della rete dei “Comuni Amici delle Api” e dell’associazione nazionale delle “Città del Miele”, anche Asolo è da sempre tra le Cittaslow impegnate nella salvaguardia delle api. Quest’anno si distingue però in particolare per una iniziativa a sostegno della biodiversitàBoscAsoloQuasi 8 ettari di terreno per promuovere e valorizzare, in particolare nelle nuove generazioni, la fruibilità dei boschi e delle aree agricole dei Colli Asolani, e per consapevolizzare l’importanza del patrimonio ambientale, storico ed economico di questi luoghi. Un'oasi di biodiversità dove valorizzare il rapporto uomo-ambiente a garanzia di una migliore qualità della vita.

Il BoscAsolo è un modello che può diventare una buona prassi da applicare nelle sue linee generali ad ogni luogo ove si intenda promuovere un rapporto con la natura integrato e consapevole” – dichiara il Sindaco Mauro Migliorini.

L’area è percorsa da sentieri attrezzati, liberamente fruibili dai cittadini e dai turisti che qui possono vivere un’esperienza stimolante e multisensoriale. Guidati da pannelli esplicativi e installazioni interattive, si potrà scoprire castagneti secolari, una sorgente con le salamandre, alberi da frutto selvatici, tracce di animali, vitigni e ulivi antichi.

Lentezza positiva, economia circolare, resilienza, sostenibilità e cultura, giustizia sociale. Sono alcuni dei principi guida di Cittaslow, associazione che raggruppa piccoli comuni e città, fondata nel 1999 a Orvieto.

L'obiettivo delle Città del Buon Vivere, il cui slogan è “innovation by tradition”, è quello di preservare lo spirito della comunità, trasmettendo memoria e conoscenza alle nuove generazioni, per renderle consapevoli del loro patrimonio culturale. Ma anche promuovere e applicare innovazione tecnologica, di sistema e gestione, a favore della sostenibilità. 

Oggi Cittaslow è un marchio di qualità presente in 88 comuni italiani, connessi alla rete internazionale di 300 città, distribuite in 33 paesi. Un circuito di eccellenza, che vede ogni anno la realizzazione di progetti che concretamente migliorano la vita dei cittadini e del pianeta

 

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Fonte: Comunicato Stampa


- segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone e Albana Ruci turismoculturale@yahoo.it