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Lavena Ponte Tresa Fashion Days: un sabato di moda e bellezza sul lago


LAVENA PONTE TRESA – Sul Ceresio sfilano moda e bellezza, e a seguire un party con dj set. Sul lungolago alla Bröa di Lavena Ponte Tresa sabato 30 agosto a partire dalle 17 si svolgerà la seconda edizione di Lavena Ponte Tresa Fashion Days, evento promosso dall’amministrazione comunale che ha debuttato nel 2024.
La sfilata

Protagonista dell’edizione 2025 sarà La Scuola di Moda Lugano, con sede nella vicina Svizzera. Una scuola che promuove l’arte della moda e del design attraverso una tecnica nata negli anni ’40, che unisce tradizione artigianale e innovazione industriale. In passerella le collezioni dei suoi talenti emergenti. Dea Semadeni è la direttrice e fashion designer; Sarawa la stilista che arriva dal Senegal ispirata dal mosaico e dalla geometria, che farà sfilare la sua pittura su seta. Hanane e Kenza porteranno in passerella tessuti preziosi e kaftani della tradizione marocchina in versione contemporanea.
Miss Blumare

L’evento Lavena Ponte Tresa Fashion Days sarà inoltre la tappa regionale del concorso nazionale di bellezza Miss Blumare. La prima classificata, oltre ad aggiudicarsi la fascia di Miss Lavena Ponte Tresa 2025, sarà anche eletta finalista nazionale di Miss Blumare. Il concorso è presentato da Thomas Incontri accompagnato dalla showgirl e dj Rossella Di Pierro, che intratterranno il pubblico anche dalle 21 in poi con un music party. Gli ospiti della serata saranno personaggi del mondo della cultura e dello sport: Mauro della Porta Raffo, scrittore e saggista; l’attrice comica Marisa Rampin; i campioni del mondo di nanbudo Laura Monastero, Maryna Dmytrenko e Riccardo Pasquali.
Bellezza e cultura

«L’edizione 2025 sarà all’insegna della creatività e della multiculturalità: mi auguro che la Lavena Ponte Tresa Fashion Days possa diventare negli anni una vetrina per stilisti emergenti e un appuntamento fisso per la promozione del nostro territorio», dichiara il vicesindaco Valentina Boniotto. «Bellezza e cultura trovano casa a Lavena Ponte Tresa alla Bröa, nel tratto di lungolago, nuova porta del Ceresio, impreziosito dal nuovo locale K21 Lake Club, pronti ad accogliere tutti gli appassionati del nostro lago», aggiunge il sindaco Massimo Mastromarino. L’evento è gratuito e aperto a tutti.

malpensa24

CinemaDa Locarno a St. Moritz, il cinema non si ferma: l’arte sale in quota

Finito un festival, eccone subito un altro. Nemmeno il tempo di archiviare le proiezioni e le emozioni del Locarno Film Festival – che ha chiuso i battenti sabato scorso – e già gli appassionati di cinema hanno una nuova meta in calendario. Questa volta non si scende sul Lago Maggiore, ma si sale in Engadina: oggi prende infatti il via la quarta edizione del St. Moritz Art Film Festival (SMAFF), in programma fino a domenica. Un evento giovane ma già riconosciuto sulla scena internazionale, che si distingue per la sua natura ibrida, a metà strada tra il cinema e le arti visive, e per il suo contesto unico: un festival con ospiti di caratura mondiale, ma che resta a misura d’uomo.

«È davvero una chicca in montagna – spiega la managing director Diana Segantini, da noi incontrata nelle prime ore del festival –. Siamo immersi in una natura stupenda e ogni anno costruiamo un percorso curatoriale attorno a un tema, in dialogo costante con le altre arti. Questo lo rende un festival molto particolare, direi quasi unico al mondo».

L’edizione di quest’anno, dal titolo «Emerging Virtualities», esplora i confini sempre più sfumati tra reale e virtuale, tra natura e rappresentazione, tra fisico e immateriale. Un argomento attuale e stimolante, che si riflette nelle quaranta opere in programma, tra film sperimentali, videoarte e cinema d’autore. Non mancano anteprime mondiali ed europee, accanto a retrospettive e omaggi a grandi maestri.

Per Segantini, l’obiettivo è chiaro: «Cerchiamo di costruire ponti non solo all’interno del linguaggio cinematografico, ma anche tra cinema, arte visiva, danza e tutte le arti. È un po’ la mia missione di vita: far emergere le relazioni, portare in luce ciò che spesso rimane nascosto e creare un dialogo che vada oltre i confini disciplinari».

Un festival che si fa comunità
L’idea è quella di far nascere una vera comunità temporanea in Engadina, dove professionisti e pubblico si incontrano senza barriere. «Per me il cinema è anche luce, capace di illuminare ciò che di solito rimane in ombra. Il festival è diventato un luogo d’incontro, di scambio, di nuove connessioni», racconta Segantini, sottolineando il carattere internazionale del programma: «Abbiamo curatori, artisti e produttori che arrivano da tutto il mondo, con linguaggi diversi, ma accomunati dalla volontà di dialogare. La diversità è il nostro valore più grande».

Un esempio concreto arriva dalla giuria di quest’anno, che include figure come Mohamed Almusibli, direttore della Kunsthalle Basel, o Mario D’Souza, legato alla Kochi Biennale in India. Segno di un festival che, pur piccolo, riesce ad attrarre personalità di primo piano.

A misura d’uomo, ma con grandi nomi
Lo SMAFF conserva una dimensione raccolta e conviviale, lontana dai clamori dei grandi eventi internazionali. Eppure, tra le sale e i dibattiti di St. Moritz, circolano nomi di assoluto prestigio. «Grazie al network del nostro direttore artistico Stefano Rabolli Pansera e alle relazioni costruite in questi anni, riusciamo ad attirare registi, curatori, direttori di musei e collezionisti di fama mondiale – racconta Segantini –. Ed è proprio questo l’aspetto sorprendente: a St. Moritz le persone si incontrano davvero, si parla, si condividono idee. È un luogo di concentrazione incredibile e informale allo stesso tempo».

Non mancano i riferimenti ad altre manifestazioni: «Essere stata a Locarno pochi giorni fa è stato importante anche per rafforzare queste connessioni. Siamo ormai sul radar internazionale. E per noi è un grande onore sapere che questo weekend sarà con noi anche Maja Hoffmann, la nuova presidente del Locarno Film Festival».

Un festival che riflette il presente
Accanto alla qualità estetica, c’è la volontà di affrontare questioni attuali. «Nelle scelte di programmazione non vogliamo limitarci alla bellezza delle immagini – sottolinea Segantini –. Tocchiamo anche temi profondi, legati alla natura, alla società, alla geopolitica. Crediamo che oggi arte e cinema non possano essere separati dalle grandi questioni del nostro tempo».

Così, accanto alla poesia visiva di film che invitano alla meditazione, trovano spazio lavori che interrogano il nostro rapporto con l’ambiente, che riflettono sulla violenza nascosta dietro l’estetica museale o che esplorano le trasformazioni indotte dall’intelligenza artificiale. In questo senso, lo SMAFF non è solo un festival da guardare, ma anche un luogo in cui discutere e prendere posizione.

Dalla neve all’estate: la scelta del calendario
Un’altra novità è il periodo scelto per la manifestazione. Fino all’anno scorso lo SMAFF si svolgeva a settembre, ma da quest’anno è stato anticipato ad agosto. «Abbiamo deciso di legarci alla vita della città – spiega Segantini –. A settembre, con gli alberghi chiusi e poca gente in giro, il rischio era di isolarsi. Invece ora St. Moritz è viva, complice anche la concomitanza con Passione Engadina. Non ci cannibalizziamo, anzi: diventiamo complementari. È bello che l’Engadina abbia eventi culturali importanti anche d’estate, non solo in inverno».

Una scelta che, di fatto, colloca lo SMAFF in una traiettoria che tocca i grandi appuntamenti internazionali: da Locarno a Venezia, passando per Zurigo. «Ormai – sorride Segantini – sono inserita nel circuito dei festival».

Dialoghi e contaminazioni
Il programma non si limita alle proiezioni: accanto ai film, trovano spazio talk, conversazioni e incontri con artisti e curatori. «Per noi è fondamentale contestualizzare le opere, dare al pubblico strumenti per capire e per discutere – sottolinea Segantini –. Non si tratta di creare un pensiero unico, ma di aprire al dialogo e anche alla critica. Un festival deve essere un luogo di confronto, non di certezze».

Tra gli appuntamenti più attesi dei prossimi giorni ci sono le proiezioni di lavori firmati da artisti come Superflex, duo danese di fama internazionale, e il ritorno sul grande schermo di classici come In the Mood for Love di Wong Kar Wai, che dialogheranno con opere contemporanee sul tema del respiro e della memoria. La chiusura, domenica mattina, sarà affidata al maestro Wim Wenders, con il suo documentario Anselm dedicato all’artista tedesco Anselm Kiefer.

Un laboratorio alpino di idee globali
Il St. Moritz Art Film Festival si conferma così come un piccolo laboratorio alpino di idee globali, capace di mettere in connessione il territorio engadinese con il mondo. Non è un caso che tra i membri dell’Art Advisory Board figurino nomi del calibro di Tilda Swinton, Pipilotti Rist o John Waters. Non si tratta di un red carpet tradizionale, ma di un contesto in cui le arti visive e il cinema dialogano senza barriere.

«La forza dello SMAFF sta nel confronto tra punti di vista diversi – ribadisce Segantini –. Qui si incontrano registi, collezionisti, curatori, ma anche semplici appassionati. Tutti siedono nella stessa sala, partecipano agli stessi dibattiti, si ritrovano al bar o passeggiando per le vie di St. Moritz. È questa prossimità a rendere speciale il festival».

Un invito ai ticinesi
E Segantini conclude con un invito diretto al pubblico della Svizzera italiana: «Ai ticinesi dico: venite a trovarci. Siamo vicini, facilmente raggiungibili e il bel tempo è dalla nostra parte. È l’occasione perfetta per unire una gita in Engadina a un’esperienza culturale davvero unica».
in https://www.cdt.ch/news/da-locarno-a-st-moritz-il-cinema-non-si-ferma-larte-sale-in-quota-403601

Il Locarno Film Festival tra gloria e provincialismo



Un successo oltre ogni aspettativa, per usare le parole del direttore artistico Giona A. Nazzaro. La 78ª edizione del Locarno Film Festival ha registrato affluenza, attenzione mediatica e qualità di programma che hanno confermato la forza di una manifestazione capace di unire piazze gremite, cineasti d’avanguardia e ospiti capaci di far vibrare l’immaginario collettivo. Jackie Chan che si gode le valli del Locarnese, Willem Dafoe visto sul lungolago di Locarno e nei grotti della zona con gli amici, Lucy Liu che scende dall’auto per concedere una foto a una famiglia, Emma Thompson che prolunga la sua permanenza oltre il previsto: sono immagini che raccontano, meglio di tante analisi, la riuscita di un Pardo che ha saputo trasformare la città in palcoscenico internazionale.

A segnare questa edizione è stata anche la presenza costante della presidente Maja Hoffmann, che quest’anno ha vissuto l’intera manifestazione. Diversa nello stile rispetto al suo predecessore Marco Solari – meno radicata nel territorio ma, rispetto all’anno precedente, più incline a dialogare direttamente con il pubblico – Hoffmann ha trasmesso un’idea di festival cosmopolita, in cui la qualità delle opere in concorso e la visione culturale prevalgono sulla dimensione celebrativa. Un cambio di passo che ha mostrato potenzialità nuove, pur richiedendo ancora di rafforzare la comunicazione verso l’esterno.

Il Pardo funziona quando sa tenere insieme questi due mondi: quello internazionale, con un cartellone di film di alto livello, e quello locale, con iniziative che valorizzano il territorio. Ne sono prova la festa di Campari al Casorella, che ha fuso mondanità e patrimonio culturale, o l’evento Swatch che ha condotto i giornalisti internazionali fino al santuario della Madonna del Sasso. Anche il BaseCamp, che ha raccolto l’entusiasmo di centinaia di giovani, e la vittoria del Pardino per il CISA hanno mostrato con forza come formazione e talento locale possano trasformarsi in riconoscimento globale. La «Parda» di Carlo Rampazzi e Sergio Villa, installata in Città Vecchia, ha invece aperto la strada a un possibile «Fuori Festival» diffuso, capace di far respirare arte e creatività anche fuori dalle sale. Meno convincente, invece, l’esperimento delle aperture domenicali dei negozi: con appena il 30% delle saracinesche alzate, l’iniziativa ha lasciato un bilancio in chiaroscuro. Eppure resta un segnale importante: anche l’impegno dei commercianti, se più coeso, potrà contribuire a rafforzare l’attrattiva complessiva del Festival. La crescita passa anche da questi gesti quotidiani.

Non sono mancate, tuttavia, situazioni che hanno dato un sapore di provincialismo e che rischiano di frenare la spinta internazionale del Pardo. Sullo schermo di Piazza Grande, un dibattito era non solo legittimo ma doveroso; alcune argomentazioni si sono però rivelate sterili e pretestuose, trasformando la discussione in una polemica e facendo perdere un’occasione di confronto costruttivo sull’eredità di maestri come Livio Vacchini. La serata del Gran Consiglio, pensata per celebrare il sostegno politico, ha perso parte del suo senso se i deputati invitati non restano per la proiezione: la formula va ripensata, pur riconoscendo che il sostegno delle istituzioni resta vitale e che il ricevimento della Magistrale è un'occasione per far avvicinare i parlamentari alla magia del Pardo. Anche perché l’alternativa a non sostenere il Festival sarebbe infinitamente peggiore: significherebbe indebolire un generatore di turismo, economia e cultura che porta innegabili benefici a tutto il Cantone. Una responsabilità che la politica non può permettersi di eludere. Anche alcuni interventi dal palco hanno lasciato perplessi: quando un premiato trasforma il suo discorso in un elenco di critiche personali, come se ci si volesse togliere sassolini dalle scarpe, il messaggio appare incoerente e fuori luogo. Il pubblico internazionale che arriva a Locarno per celebrare il cinema, e non per assistere a polemiche e frecciatine, si trova inevitabilmente spiazzato: Piazza Grande non è la cornice adeguata a simili esternazioni.

Per contro, la questione di Gaza, esplosa in Piazza Grande con un flashmob e migliaia di cartoline «insanguinate», ha rivelato la capacità del Festival di farsi luogo di confronto civile. La platea si è mostrata matura, capace di ascoltare e di riflettere insieme: un momento che resterà come segno di questa edizione. Resta però cruciale trovare il giusto equilibrio: l’impegno politico e sociale non deve oscurare i contenuti cinematografici, che restano il cuore della manifestazione. È attraverso la qualità del programma, con opere provenienti da Israele, Palestina e Libano, che il Pardo ha saputo esprimere al meglio il suo ruolo di piattaforma pluralista e autorevole.

Locarno ha dimostrato ancora una volta di essere molto più di un festival: è un rito collettivo che intreccia cinema e territorio, immaginazione e realtà. Per crescere ulteriormente deve però consolidare la sua vocazione internazionale, affrancandosi da quei provincialismi che rischiano di sminuirne la forza. La sfida, per gli anni a venire, sarà proprio questa: unire la capacità di attrarre grandi autori e ospiti di respiro mondiale con la valorizzazione del contesto locale, trasformando le radici territoriali in una risorsa e non in un limite. Solo così il Pardo potrà continuare a ruggire, non solo a Locarno ma nel panorama globale.

cdt.ch

L’Expo Italia -Svizzera di Domodossola, storia di un mondo che non c’è più

bandiera svizzera e italiana
A Domodossola la bandiera svizzera e quella italiana sventoleranno fianco a fianco per una decina di giorni. tvsvizzera.it
Cent’anni fa nella città piemontese si teneva la prima Esposizione Italo-Svizzera. Una manifestazione che viene riproposta in settembre. Ma in un formato completamente diverso e senza espositori. A rileggere le cronache dell’epoca e gli elenchi lunghissimi con i nomi degli espositori che presero parte alla prima Esposizione Agricola-Industriale Italo-Svizzera, sembra passato un secolo. E un secolo è passato davvero: il 16 agosto del 1925, nelle vie della città piemontese, veniva inaugurata una fiera che poi avrebbe assunto una cadenza venticinquennale. In questi giorni, a cent’anni di distanza, con quattro edizioni alle spalle e, soprattutto, in un mondo trasformato dalla Rivoluzione digitale di inizio millennio, Domodossola si prepara all’Esposizione Italo-Svizzera numero cinque. “I tempi cambiano e la fiera, così com’era stata pensata nel passato, non ha più senso”, è il ragionamento che ha portato Domodossola a organizzare una Esposizione Italo-Svizzera senza espositori, priva cioè di stand e bancarelle. Il tentativo l’amministrazione comunale l’aveva fatto: ma le manifestazioni di interesse a partecipare all’evento come standisti erano state una decina appena. Troppo poche per pensare di allestire un’area espositiva: l’ultima volta, nel 2000 e in pieno clima new economy, gli espositori erano stati 417. L’idea dell’esposizione, si legge in un articolo pubblicato sull’Almanacco Storico Ossolano del 2000, risale al 1923 e venne lanciata sul giornale Il commercio ossolano dal direttore Agostino Sandretti, allora anche presidente della Federazione ossolana esercenti. Erano anni in cui fiere ed esposizioni sorgevano con una certa frequenza, e lo dimostra il fatto che negli stessi mesi appuntamenti simili erano stati organizzati a Milano e anche nella più vicina Pallanza, sul lago Maggiore.
manifesto
 Il manifesto della prima mostra del 1925. lavalledelrosa.it
Così, nel giro di un paio di anni, si arrivò a costruire la prima Expo Italo-Svizzera, con la presenza di 252 espositori, di cui 60 ossolani, 38 svizzeri e 154 di altre province italiane: vi erano, per riprendere le parole del già citato articolo, “i ferramenta, gli albergatori, i peltrai italiani e svizzeri, i fornitori di bevande o solo di damigiane, apicultori e fabbricanti di macchine per diverse attività artigianali, tornitori in legno e orologiai, affermati artigiani del Cusio e del Biellese, chi espone ottomane e poltrone e chi i ferri artistici o i tessuti pregiati”. Oltre a loro, nomi noti come quelli dei liquoristi Strega di Benevento, i fratelli Branca, l’Acqua di Colonia, i Seiler albergatori di Zermatt, la Edison di Milano e la Società per Imprese elettriche Conti, famosa per le centrali idroelettriche in val d’Ossola. Alla fine della prima edizione, cui presenziò anche il re Vittorio Emanuele III per la concomitante inaugurazione del monumento ai domesi caduti in guerra, parteciparono “22’469 visitatori paganti e 3’008 gratuiti”. Non meno curiosa fu la prima edizione organizzata nel secondo dopoguerra. Nel 1950, come porta d’ingresso all’Esposizione venne costruita una facciata in pietra, alta sei metri e larga undici, che riproduceva l’imbocco della galleria del Sempione, con le due canne utilizzate dal pubblico per entrare e per uscire dall’area fieristica nella quale erano stati allestiti 187 stand: in 15 giorni di evento, i visitatori furono circa 60’000, con biglietti d’ingresso venduti al prezzo ordinario di 200 lire. Ricco fu anche il calendario di eventi sportivi, compresa una partita amichevole tra le squadre di calcio del Milan e del Locarno. Immancabili le gare ciclistiche, su strada e su pista allo stadio, alle quali presero parte fuoriclasse dell’epoca come Gino Bartali e Hugo Koblet, riporta un volume pubblicato in occasione dell’esposizione del 2000.
manifesto
 Il manifesto della seconda edizione. valledelrosa.it
Nel 1975, con 293 stand, 200 espositori e una superficie attrezzata di 9500 metri quadrati, l’Expo accolse circa 50’000 visitatori: un altro successo, tanto che si pensò di accorciare l’attesa tra un’edizione e l’altra della manifestazione, istituendo una cadenza decennale, se non addirittura quinquennale. Alla fine, però, non se ne fece nulla: da quel 2000, quando gli organizzatori stamparono 100’000 biglietti d’ingresso e Domodossola, nei giorni dell’Esposizione, ospitò persino la selezione regionale delle finaliste di Miss Italia, è passato un altro quarto di secolo. Il programma dell’evento del 2025 non è ancora stato presentato, ma il sindaco di Domodossola Lucio Pizzi anticipa che “la sera di venerdì 12 settembre si aprirà con un grande concerto in Collegiata. Poi, fino a domenica 21, ci saranno ogni giorno convegni ed eventi dedicati a mobilità, trasporti, cultura e turismo, oltre a una giornata centrale con la partecipazione delle istituzioni italiane e svizzere”. Nel calendario dell’Esposizione Italo-Svizzera rientra anche la mostra d’arte Fuori dai confini della realtà. Tra Klee, Chagall e Picasso, allestita a Palazzo San Francesco a Domodossola, già inaugurata e visitabile fino all’11 gennaio 2026.

IL Paese europeo con un salario più alto

1. Svizzera Secondo i dati Eurostat del 2024, i paesi dell'Europa settentrionale e occidentale sono al primo posto nel continente per reddito netto medio. Sebbene le differenze si riducano se corrette in base al potere d'acquisto, il divario rimane significativo. I soli confronti con lo stipendio lordo possono essere fuorvianti a causa delle variazioni in termini di imposte, previdenza sociale e assegni familiari. Ecco perché i guadagni netti annuali offrono un quadro più chiaro. Le cifre seguenti rappresentano una persona single senza figli che guadagna il 100% del reddito medio. La Svizzera è al primo posto in Europa con un impressionante reddito netto medio annuo di 85.631 €, che riflette la sua forte economia, gli elevati standard di vita e i fiorenti settori finanziario e tecnologico. Fonti: (Eurostat) (Euronews)

Enit / CAMPAGNA #CHERISHITALY NELLE STAZIONI in Svizzera


Fino al 23 dicembre, nelle principali stazioni svizzere di Zurigo (437,000 frequenza giornaliera), Ginevra (151,000 frequenza giornaliera) e Lucerna (159,000), sarà visibile il video della campagna "#cherishItaly Live in the moment". La campagna pone il turista al centro, invitandolo ad accarezzare ciò che il nostro Paese ha da offrire, dalle mete più conosciute a quelle ancora da scoprire, godendo dell'italianità in tutte le sue espressioni.

ENIT IN SVIZZERA LA BELLEZZA DELLA BASILICATA CON MATERA CAPITALE DELLA CULTURA 2019 A BERNA E ZURIGO


La Basilicata protagonista il 25 e il 26 novembre nell'aula magna del Liceo Artistico Italiano "Kantonsschule Freudenberg" di Zurigo nel corso di un evento organizzato dalla Federazione delle Associazioni Lucane Svizzere, dall'Istituto Italiano di Cultura, dal Consolato generale di Zurigo, da ENIT - Agenzia Nazionale del Turismo e delle altre istituzioni italiane presenti sul territorio. Promossi incontri sulle bellezze regionali e di Matera, capitale della cultura europea 2019. La serata ha visto la partecipazione della Regione con Luigi Scaglione, dell'Apt Basilicata, che ha presentato le straordinarietà regionali nonché i lavori per la preparazione di Matera 2019, l'unicità del museo sull'emigrazione lucana e le vite straordinarie di alcuni lucani nel mondo (come il regista Francis Coppola).