Fuori dai sentieri battuti. Tre idee di viaggio per ogni stagione da Evaneos


Che cosa significa, oggi, “viaggiare fuori stagione” senza ridursi a una fuga di lusso travestita da scelta etica? La lista di mete 2026 proposta da Evaneos prova a dare una risposta concreta: non solo destinazioni meno ovvie, ma soprattutto tempi più lunghi e percorsi suggeriti da chi quei luoghi li abita. La promessa è ridurre la pressione sui siti iper-frequentati, spostandola verso territori che hanno spazio, voce e capacità di accogliere senza snaturarsi. Resta, naturalmente, la variabile del volo intercontinentale: l’idea è che restare di più e distribuire i flussi nei mesi “vuoti” sia un compromesso migliore rispetto al mordi e fuggi ad alto impatto.

In inverno, l’isola di Creta abbandona la cartolina agostana e riappare in toni più singolari: spiagge come Balos ed Elafonissi senza ombrelloni, gole come Samaria percorribili in silenzio, borghi in pietra e taverne dove la mitologia è parte del quotidiano. È una Grecia lenta, che regge il confronto con l’immaginario estivo proprio perché lo contraddice. Sulla sponda opposta del Mediterraneo, la Giordania suggerita non passa solo da Petra e Wadi Rum: la riserva di Ajloun, i castelli del deserto e il villaggio di Dana spostano lo sguardo verso comunità e paesaggi meno iconici, tra raccolte di olive e tavole condivise. Più a sud, l’inverno europeo si trasforma in estate sudafricana: Northern Cape e i canyon rossastri, le baie selvagge dell’Eastern Cape, i safari meno scontati del KwaZulu-Natal e le montagne del Drakensberg compongono un mosaico dove il “fuori rotta” non è un vezzo, ma una scelta logistica sensata.

La primavera rimette in fila tradizioni e geografie dimenticate a poche ore da casa. In Albania, tra Nowruz, tetti rossi e rovine romane, il viaggio attraversa una modernità contraddittoria che alterna minareti e brutalismo, spiagge calme e parchi come Llogara dove l’acqua è abbastanza ferma da accogliere una canoa. In Georgia, l’aria nuova è anche culturale: Tbilisi in fiore, le valli vinicole di Kakheti, monasteri arroccati, una cucina che non ha bisogno di marketing per convincere. Il ponte sospeso di Okatse è una cartolina, ma serve a dire che il Caucaso è accessibile — se lo si affronta nel momento giusto. Il salto di latitudine porta in Perù, dichiaratamente “verde” dopo le piogge: dall’oceano di Paracas alle Linee di Nazca, dal Colca Canyon ai villaggi del Titicaca, fino a Cusco e Machu Picchu, con l’invito a spingere anche verso nord e Amazzonia. Qui la sostenibilità si misura nella scelta di tempi estesi e nella relazione con le comunità, più che nelle etichette.

L’estate, che l’Europa vive tra caldo e sovraffollamento, invita a puntare a nord o a cambiare altitudine. In Norvegia, la luce senza fine si traduce in ritmi dilatati: fiordi da percorrere a piedi, safari in RIB alle Lofoten, balene alle Vesterålen, notti in rorbuer che raccontano ancora un’economia di mare. Il Marocco evita l’interno arroventato e si presenta sul suo lato atlantico: Essaouira che resiste al vento, Mirleft con scogliere ocra e piscine naturali ad Amtoudi, una costa dove l’ospitalità non è un format ma il tessuto stesso del viaggio. Il Canada alterna festival urbani e wilderness: lungo il San Lorenzo si attraversano villaggi, mercati e parchi come il Kejimkujik, tra laghi remoti, via ferrate e baite che conservano la grammatica dello sciroppo d’acero. La chiave, qui, è la scala: spazi vasti dove la folla si disperde e il calendario dilata le possibilità.

Quando arriva l’autunno, l’Europa rientra nella sua stagione migliore. In Scozia, le Highlands si colorano e i treni ritagliano itinerari che sono racconti per immagini; tra cottage, whisky torbati e coste di Islay popolate da oche selvatiche, il cliché trova fondamento ma non si esaurisce lì. Le Azzorre sono l’altra opzione atlantica: sorgenti termali all’aperto, lagune nella bruma, vigneti sulla roccia nera, attività come canyoning e trekking che non dipendono dal calendario delle fioriture. E poi l’Indonesia, che di stagioni ne conosce molte: 17mila isole, circa 150 vulcani, immersioni a Raja Ampat o nelle Molucche, albe sul Bromo e percorsi in bici o in grotta. Qui entra in gioco la collaborazione con Planeterra: una traccia sociale che, se reale sul campo, può trasformare il turismo in scambio.

Al netto del tono ispirazionale, le proposte hanno una costante: privilegiare finestre temporali meno affollate e una permanenza minima, soprattutto sulle lunghe distanze. Non è la soluzione a tutte le contraddizioni del viaggio nel 2026, ma è un passo misurabile: spostare il momento, allungare il tempo, ascoltare chi vive i luoghi. Il risultato non promette l’esclusiva, promette qualcosa di più utile: condizioni migliori per chi viaggia e per chi ospita.

Creata nel 2009, Evaneos è una piattaforma di viaggi responsabili, pioniere del turismo sostenibile. Convinta che sia possibile conciliare desiderio di viaggiare e consapevolezza sociale, Evaneos propone un'offerta alternativa ed etica basata sul concetto di “better trips”. Vogliosa di ridurre l'impronta complessiva del turismo, l'azienda si affida a un modello virtuoso che mette i propri clienti in contatto diretto con esperti locali per offrire loro straordinarie avventure su misura.

La proposta non è solo sulle mete da non perdere ma anche sull'offerta di esperienze suggerite dagli agenti locali nelle varie destinazioni, che possono assistere il viaggiatore e che conoscono meglio di chiunque altro il territorio. Tutte le mete proposte sono caratterizzate da una durata minima di soggiorno per sensibilizzare i viaggiatori sull'impatto ambientale dei loro viaggi attraverso azioni concrete: soggiornare più a lungo nella destinazione quando si viaggia lontano. 
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