Dalle risaie della campagna milanese, una colonia di aironi cenerini si è installata nel sito di Expo. L’airone cenerino ama gli habitat con acque basse, ricche di prede. I canali artificiali costruiti per l’esposizione sembrano fatti per lui: «Dopo circa due anni - racconta Paolo Galli, ecologo dell’Università Bicocca - i muri di cemento armato si stanno riempiendo di canneti e tifeti». La casa ideale per questi volatili: i tifeti sono piante acquatiche caratterizzate da spighe cilindriche marroni lunghe fino a 30 centimetri (infiorescenze composte da moltissimi «pelucchi», che un tempo venivano usati per imbottire i materassi). Si aggiungono poi molti specchi d’acqua ricoperti da piante di ninfee in fiore, tra le cui foglie è possibile osservare carpe anche di grandi dimensioni. Sono arrivati (anche) gli aironi, dunque e gli studiosi stanno analizzando il fenomeno: anche perché un contesto artificiale come quello dell’area Expo è lentamente diventato semi-naturale e si è creato una sorta di «corridoio ecologico» che mette in collegamento spazi e parchi. Questa specie si nutre di pesci, rane, girini, bisce d’aqua, crostacei e molluschi. Cacciano sia di giorno che di notte, spostandosi anche decine di chilometri dal luogo di nidificazione o dal dormitorio. Da adulto, l’airone può raggiungere una statura di 98 centimetri e un’apertura alare di quasi 2 metri: il piumaggio è di colore grigio nella parte superiore, bianco in quella inferiore, le gambe e il becco sono gialle. «Nei canali, gli aironi cenerini trovano cibo in quantità, anche nella stagione fredda, quando il bisogno energetico è superiore», dice Giovanni Gottardi, naturalista. «Sono animali che vanno dove c’è cibo e nel momento della stagione della caccia il sito Expo è un perfetto rifugio. Non è detto che qui abbiano già cominciato a nidificare perché fanno anche molti chilometri dal luogo in cui hanno il nido a quello dove si procurano il cibo».
Le specie ospitate in Expo non finiscono qui. Tra i canneti si rifugiano diversi germani reali, arrivati probabilmente dalle aree lacustri circostanti: al primo segnale di pericolo iniziano a volare, rimanendo in prossimità dell’alveo, riconoscendolo come area più sicura di altre. «Anche negli specchi d’acqua, che fiancheggiavano le aree di ristoro di Expo c’è un brulicare di vita», aggiunge Paolo Galli: «Basta avvicinarsi per vedere sul pelo dell’acqua gli insetti pattinatori, animali che devono il loro nome alla capacità di scivolare sull’acqua, «poggiando solo i tarsi delle zampe medie e posteriori». Il progetto di Expo 2015 puntava molto sul concetto dell’acqua e sulla valorizzazione di corsi e canali: le Vie d’Acqua dovevano avere una valenza tematica e storia capace di mandare messaggi, quali la salvaguardia di questa risorsa come bene comune, la sua tutela come diritto universale. In un certo senso si sarebbe cercato di ricucire il legame storico di Milano con l’acqua: sulla memoria dei Navigli, delle chiuse leonardesche, della Darsena come porto della città. Per la natura, invece, le Vie d’Acqua rappresentano dei corridoi naturali in grado di collegare tra loro ambienti ancora conservati e di facilitare la comunicazione tra i diversi parchi. In queste aree un tempo occupate da impianti di produzione industriale la vita di flora e fauna ha iniziato a riprendersi i propri spazi.
corriere.it
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